Un pellegrino dello spirito.
Lo chiamavano "il pellegrino dello spirito". Egli infatti incarnava il prototipo dello starec, l'uomo di Dio errante per il mondo, alla ricerca della Verità. Solov'ëv non aveva casa, viveva per lo più in alberghi, in monasteri o presso amici. Coglieva con intuito sapienziale i legami che congiungono il pensiero all’esperienza mistica, la filosofia della poesia, le forme della regione a quelle del simbolo. In Solov'ëv, per la prima volta, trovò superamento lo storico contrasto tra slavolfiliasmo e occidentalismo, tra razionalità occidentale e contemplazione orientale, sebbene il carattere universale del suo pensiero mai nascondesse il suo radicamento nella cultura e nella tradizione spirituale russa ortodossa. La cristologia di Solov'ëv è alla base di tutto il suo sistema filosofico. L'incarnazione del Verbo, lungi dal proporsi come dogma astratto, fu strettamente connesso al concetto dell'unità degli uomini in Cristo. Da qui la convinzione di Solov'ëv che, nonostante le difficoltà e i contrasti che dividono le Chiese d'Oriente e d'Occidente, esse "continuano a essere membra dell’unica, indivisa Chiesa di Cristo; che la divisione tra le Chiese non ha mutato il loro rapporto con Cristo e con la sua Grazia sacramentale". L'unità in Cristo è considerata pertanto non solo un fondamento, ma un adempimento della sua volontà nella storia.
Le religioni del libro
Da Cristo partono (e a Cristo conducono) anche le riflessioni cliche Solov'ëv dedicò alle altre due religioni del libro: l'Islam e l'Ebraismo. Nella loro intatta attualità vengono oggi riproposte in italiano dalle edizioni La Casa di Matriona, presso la Fondazione Russia Cristiana di Seriate (Bg). Il volume, quinto dell'opera omnia del filosofo russo, è stato curato da Adriano Dell'Asta, docente di Letteratura russa all'Università Cattolica di Milano. Islam ed ebraismo è una raccolta di scritti (redatti fra il 1884 e il 1899) dove il tratto unificante è il senso di responsabilità che deve animare il cristiano nel suo rapporto con le altre religioni del libro. Alla fine dell'Ottocento, l'argomento affrontato da Solov'ëv era di scottante attualità, quasi quanto ora. Violente erano ad esempio in Russia le implicazioni sul piano sociale e politico delle due fedi. Si pensi alla scomoda presenza degli ottomani ai confini meridionali dell'impero degli zar; o alla questione ebraica, che nella società zarista era animata da un acceso antisemitismo. "Secondo Solov'ëv - ha spiegato Dell'Asta durante un incontro con il Gruppo ecumenico cristiano ebraico presso l'istituto Leone XIII di Milano - non era corretto parlare di una "questione ebraica" bensì di una "questione cristiana", poiché era necessaria la realizzazione in concreto dell'idea cristiana. Il cammino di tutte le genti verso la Verità, parte così dalla concreta conversione dei cristiani a Cristo, dal loro esempio. Di fronte alla dilagante giudeofobia in Russia il filosofo prese posizione con un argomentare netto che suscitò scandalo: "Se Cristo non è Dio, gli ebrei non possono essere accusati di deicidio; se Cristo è Dio, negli ebrei si riconosce il popolo che ci ha dato Dio". Parole di grande esemplarità che anticipano le basi del dialogo cristiano-ebraico.
Il valore del Corano
Di fronte alle severe critiche delle autorità religiose Solov'ëv non si scompose. "Lo stupiva - ha osservato Dell'Asta - che non fosse l'Europa cristiana a tollerare gli ebrei, bensì quella laica, con la sua debolezza morale". Il trionfo musulmano non spaventava Solov'ëv. Il successo che la fede di Muhammad aveva presso le popolazioni non cristiane confermava al pensatore che il lato spirituale del Corano era ancora necessario all'umanità. "Solov'ëv - ricorda Dell'Asta - riteneva l'Islam il frutto di due eresie del cristianesimo: il monotelismo (l'uomo è una forma finita senza libertà) e l'iconoclastia (il divino non può manifestarsi come visibile). Per cui l'uomo è chiamato a un atto di devozione cieca verso Dio, e da Dio è lontano: non è nemmeno concepibile una discesa salvifica del divino". Ma all'identità di credenze e istituzioni propria dell'Islam il filosofo non mancava di riconoscere un carattere di verità e di onestà che il mondo cristiano non aveva raggiunto. Da qui il suo atteggiamento di rispetto, premessa necessaria di ogni dialogo interreligioso.
(da Popoli gennaio 2003)