Ecumene

Martedì, 13 Luglio 2004 23:39

Missione e dialogo tra le fedi

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di Carlo Sorbi s.j.

Uno dei temi più suggestivi trattati dal Concilio Vaticano II è stato quello dei rapporti con le religioni non cristiane. Tema classico della missione fin dai tempi della Chiesa apostolica, esso tormentò anche san Paolo apostolo, che cercò in forme, tempi e luoghi diversi altrettante vie di soluzione.

Tutte allora provvisorie e aperte a ricerche, approfondimenti e alternative successivi. Nel corso del secoli questo problema è riapparso diverse volte nella storia della Chiesa. Anzi, si è riproposto a oggi vera "svolta epocale", allorché il linguaggio ecclesiale si dovette confrontare con altri linguaggi, altri umanesimi, altri orizzonti. Uno dei momenti più cruciali fu all'inizio dell'epoca moderna, nel secolo XVI, allorché si sommarono e spesso si sovrapposero nuovi tempi e nuovi luoghi di evangelizzazione: basti pensare all'esplorazione dei nuovi continenti: Americhe e Asia. Tali incontri- scontri posero alla Chiesa grandi e nuovi problemi. Per esempio, come annunciare il Vangelo alle popolazioni dell'Oriente? Una delle prime sensazioni che si avvertono nel contatto con i popoli dell'Asia, a partire dallo Sri Lanka, che ho recentemente visitato, è quella di essere dinanzi a veri e propri "giganti di umanità". Non predomina la sensazione del "buon selvaggio" (come talvolta poteva essere dinanzi a popolazioni più primitive), ma quella del sacro rispetto e timore dinanzi a una umanità da cui promana un profondo senso del mistero, della preghiera, della contemplazione e della ricerca interiore.

I rapporti con l'Oriente sono sempre marcati dal "misterioso", a partire anche dagli aspetti più quotidiani e immediati nei quali sembra che i nostri punti di riferimento (vero-falso, chiaro-scuro, alto-basso, destra-sinistra) siano assolutamente inadeguati a delimitare quelle culture. L’evangelizzazione non può evidentemente sottrarsi a questi problemi.

Fino a un passato recente, il sostegno e l'appoggio delle potenze coloniali favorirono certamente una certa diffusione del Cristianesimo in Asia, a partire proprio dall’India e dallo Sri Lanka. Tanto che alcuni pensarono che la caduta degli imperi coloniali francese e britannico in Oriente avrebbe portato con sé il crollo e la scomparsa delle religioni colonialiste, il Cristianesimo in primo luogo. Ma così non fu. Come nei tempi della Chiesa primitiva avvenne una duplice grande trans- culturazione con il passaggio da una Chiesa palestinese a un'altra greca e poi ancora a un'altra latina, così nel recente Novecento, grazie anche all'opera del Concilio, abbiamo assistito alla nascita di vere e proprie nuove Chiese in Asia, Africa, America Latina. Non nel senso di nascita storica, bensì antropologica, cioè di riconoscimento del loro valore in sé e non conte mere appendici o dipendenze di quelle di origine e influenza europea e latina. Naturalmente il cammino è agli inizi, queste "creature" sono appena nate. Il grande impegno della Chiesa nei confronti delle popolazioni asiatiche è sintetizzabile nell’espressione "dialogo interreligioso". E’ un lungo itinerario da percorrere, durante il quale occorrerà conoscersi meglio, approfondire le reciproche sensibilità e originalità, ma evidenziare anche ciò che unisce le varie entità umane e che è assai più ampio e profondo di ciò che le differenzia.

In un’epoca in cui sembrano riproporsi fortemente le differenze, le radicalità e le contrapposizioni etniche e religiose, occorre rafforzare ancor più questa sfida alla mutua intesa, non per edificare una sorta di "Onu delle religioni", ma per riconoscere quanto di buono, di vero, di valido, di bello c'è già nelle religioni non cristiane e, inversamente, quanto l'annuncio cristiano non sradica o cancella tali ricchezze, ma le sa portare a compimento nel rispetto della loro originalità. Questo si nota, per esempio, specialmente dinanzi al buddhismo, che rappresenta una delle più antiche e professate religioni dell'Asia. Non a caso il grande teologo del Concilio, l'indimenticabile padre gesuita e poi cardinale De Lubac, nella sua vita dedicò una parte cospicua del suo tempo allo studio del buddhismo come una delle religioni non cristiane più meritevoli dell'attenta cura del teologo, oltre che del missionario sul campo.

(pubblicato in Popoli, gennaio 2003)

 

Letto 2259 volte Ultima modifica il Mercoledì, 08 Dicembre 2010 20:18
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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