Vita nello Spirito

Martedì, 16 Agosto 2011 20:55

San Paolo secondo Bossuet (Jean-Christophe De Nadal, o.p.)

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Le sofferenze provate nel suo corpo dall’Apostolo nella sua lotta per stabilire la Chiesa nel mondo, oggetto del secondo punto del panegirico, si accordano con il carattere della sua predicazione, ambedue figure del mistero della Passione del Signore.

 La predicazione come corpo di Cristo

Introduzione

Nell’ultimo punto del suo panegirico di san Paolo, Bossuet (1627-1704) è un pastore che fa l’elogio di un pastore: apprezza spontaneamente in lui quella tenerezza fraterna che, diversamente da ogni autorità mondana, è nell’Apostolo il vero principio del suo governo delle Chiese.

Grande Paolo, permettimi di dirlo, ho meditato tutta la tua vita, ho considerato le tue infermità in mezzo alle persecuzioni: ma non temerei di affermare che esse non sono paragonabili a quelle che vengono attirate su di te dalla carità fraterna. Nelle tue persecuzioni tu non portavi che le tue proprie debolezze; qui sei caricato di quelle degli altri: nella tue persecuzioni tu soffrivi da parte dei tuoi nemici, qui tu soffri da parte dei fratelli, di cui tutti i bisogni e tutti i pericoli ti tolgono il respiro; nelle tue persecuzioni la tua carità ti dava forza  e ti sosteneva contro gli attacchi, qui è la tua carità che ti accascia [...].
Non è questo governare la Chiesa in un modo degno di un Apostolo? Non è questo imitare Gesù Cristo stesso, la cui trepidazione ci rafforza e le cui infermità ci guariscono? (1)

Ma nel primo punto del discorso, era un predicatore che parlava di un altro predicatore, e di un genio questa volta, del tutto diverso dal suo. Le sue personali opinioni sull’eloquenza sacra, colui che sarà più tardi chiamato l’Aquila di Meaux le trae dal De Doctrina christiana di sant’Agostino. Egli le spose nel “Sermone sulla parola di Dio” per la seconda stazione della piccola quaresima delle carmelitane della via Saint Jacques a Parigi (1661); si pensa che il Panegirico sia stato composto negli stessi anni:
Se volete sapere adesso quale parte può avere l’eloquenza nei discorsi cristiani, sant’Agostino vi dirà che non gli è permesso di comparire se non al seguito della sapienza [...] C’è qui un ordine da salvaguardare: la parola cammina davanti come la padrona, l’eloquenza procede come la serva. [...] Occorre che essa sembri venire come da sé, attirata dalla grandezza delle cose, e per servire da interprete alla sapienza che parla. Ma quale è questa sapienza, Signori, che deve parlare in cattedra, se non il nostro Signore Gesù Cristo, che è la sapienza del Padre, che egli ci ordina oggi di ascoltare? Così il predicatore evangelico è quello che fa parlare Gesù Cristo. Ma non gli fa usare un linguaggio da uomo: ha paura di dargli un corpo estraneo alla sua verità eterna: per questo attinge tutto nelle Scritture, ne prende persino i termini sacri, non soltanto per rafforzare, ma per abbellire il suo discorso. [...] Non che egli, dice sant’Agostino, trascuri gli ornamenti dell’eloquenza quando li incontra sul passaggio e se li vede fiorire davanti per la forza dei buoni pensieri che li fanno germogliare; ma non ostenta troppo di adornarsene e tutto gli sembra buono purché sia uno specchio in cui Gesù Cristo appaia nella sua verità... (2)

Nel Panegirico, si ode Bossuet lodare l’Apostolo di aver bandito ogni ornamento nel suo linguaggio. Tuttavia ci si accorge, leggendo l’estratto del primo punto che segue, che l’una cosa e l’altra si accordano quanto alla natura sacramentale o, per dir meglio, “eucaristica” della predicazione evangelica. La Scrittura è “un secondo corpo” che mostra il Signore Gesù Cristo, e la predicazione ne è l’estensione naturale all’intero universo: : per riprendere le parole del sermone, essa non è “un corpo estraneo”. Solamente, come il sacramento dell’altare segnala e significa il Corpo del Signore, ma lo sottrae ai sensi  e agli guardi, nel momento stesso in cui lo presenta alla fede della Chiesa e dei fedeli così l’eloquenza sacra ne è “lo specchio” mediante gli ornamenti che vengono accordati alla sua maestà divina, mentre l’assenza di ogni arte e quella rudezza che l’Apostolo rivendica, sono, al dire di Bossuet, il “velo” di cui la Sapienza eterna ha voluto avvolgersi. Ma si tratta proprio, nei due casi, di un mistero carnale, ed è così che, per Bossuet, le sofferenze provate nel suo corpo dall’Apostolo nella sua lotta per stabilire la Chiesa nel mondo, oggetto del secondo punto del panegirico, si accordano con il carattere della sua predicazione, ambedue figure del mistero della Passione del Signore.

Jean-Christophe De Nadal, o.p.

(da La vie spirituelle, n. 780, janvier 2009, p.57–64)

1) BOSSUET, Sermons, Philippe Sellier éd., Paris, Classsiques Larousse, 1975, p. 41-42.
2) Ibid., p. 83-84.

Per leggere il testo di Bossuet

 

Letto 2008 volte Ultima modifica il Lunedì, 22 Agosto 2011 11:06
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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