Contemplo, traduco. Medito dipingo. Guardo le mie madonne dagli occhi rivolti verso il profondo invisibile, le guance arrossate dall’ardore spirituale. Guardo i volti sereni dei miei Cristi scesi dalle loro croci. Impara dai dipinti che nascono dal mio pennello per nutrire la tua anima. Mi sembra di ascoltare la voce d’una persona morta da più di cinquecentocinquanta anni. I suoi quadri colmi di luce, le figure morbide, le mura, i grandi alberi dorati assorbono il mio pensiero. I miei occhi si aprono. Un artista, anche se fosse “Fra Angelico”, potrebbe con un dipinto fare scendere in me il cielo?
Una luce mistica
Nella cappella del convento di Fiesole, padre Antonio fa un sospiro di sollievo. Fra Giovanni ha potuto cominciare a dipingere gli affreschi che orneranno il convento riedificato sulle sue rovine. Appena giunto nel monastero, lo ha incoraggiato a continuare a dipingere. La sua arte è divenuta l’espressione della sua vita religiosa. Rivede questo giovane discreto venuto dalla campagna del Mugello, poco lontano da Firenze. “Per trovare la pace interiore e salvare la sua anima” ha scelto di divenire monaco seguendo il cammino riformatore dell’ordine domenicano, una via austera che propone il ritorno ai valori delle origini, la povertà assoluta e l’ascetismo.
Colui che si chiama ancora Guido, diviene fra Giovanni. Nutrito di Dante e della teologia di San Tommaso d’Aquino, è predicatore secondo la regola del suo ordine, ma senza uscire dal convento, come lo vuole la tradizione, donando invece agli uomini, dipinti, icone, finestre aperte sull’altrove. “Desidero dipingere soltanto Cristo e i santi”, ha detto a Lorenzo di Monaco. Il maestro miniaturista che lo ha formato alla perfetta conoscenza di un’arte dai colori vivaci che annulla le ombre, secondo un concetto mistico della luce.
Un vento di riforma soffia su Firenze in questo principio del XV secolo. Seguendo le idee umaniste, con il pennello di Masaccio, le sculture del Ghiberti o di Donatello, l’arte si apre allo spazio e alla prospettiva, alla giusta proporzione secondo le leggi della natura. Fra Giovanni guarda e integra il nuovo linguaggio artistico, non per fare opere realistiche, ma con lo scopo di insegnare la parola di Dio. Non è sedotto dalle idee umaniste troppo centrate sull’uomo. La sua arte gusta il reale per meglio dire il cielo. I volti che dipinge riflettono poco a poco un’umanità fino a quel momento disincarnata, i corpi sono animati da movimenti.
Le Vergini in posa maestosa dei suoi primi anni mostrano poco a poco una conoscenza dello spazio, un trono in prospettiva, un atteggiamento meno statico anche quello di Cristo, L’Annunciazione dipinta per il convento domenicano di Cortona verso il 1432 – 1434, mostra la Vergine in una loggia di stile rinascimentale, aperta su di un giardino le cui piante sono minuziosamente rappresentate nella loro diversità. Sulla predella nella scena della Visitazione, egli rappresenta, per la prima volta nell’arte, un paesaggio naturale, quello del lago Trasimeno e della cittadina di Castiglione al lago.
Sepolcri aperti e Paradiso
Le comande si moltiplicano, fra Giovanni diviene il maestro d’un atelier che farà lavorare cinque compagni e parecchi apprendisti. La sua pittura avanza sempre su di un terreno di rinnovamento. Nel Giudizio Universale realizzato per la chiesa fiorentina Santa Maria degli Angeli, verso il 1431, si percepisce la strana visione d’una linea grigia che si apre all’infinito sulle tombe aperte, come una specie di anticipazione d’un grattacielo! Essa separa il mondo degli eletti del Paradiso, che danzano, da quello dei rigettati.
Nel Tabernacolo dei Linaioli, dipinge la Madonna con il bambino che egli circonda d’angeli musici, tracciando ogni volto con i tratti specifici. Fra Giovanni diviene poco a poco “l’Angelico” conosciuto per quest’arte in cui l’umanità poco a poco penetra nel sacro. Il pittore vede il mondo e vede l’invisibile. Fra Angelico fa del suo quotidiano e del suo lavoro di pittore, una preghiera. La tecnica sperimentata è al servizio dell’ispirazione che passa attraverso di lui. La forza creatrice della sua arte “rielaborata”, viene da questa armonia del soggetto dipinto e della sua vita. ”Non dipingo Cristo senza essere con Cristo” spiega con semplicità.
Nel 1436 dipinge una magistrale Deposizione per la comunità fiorentina di Santa Maria della Croce al Tempio, lo sfondo del quadro è chiuso per evitare che lo sguardo si disperda all’infinito. Le mura della città, il paesaggio di colline e gli alberi isolati formano una barriera che riconduce la concentrazione sulla scena. Il Figlio è appena morto sulla croce. Il suo corpo riposa su di un lenzuolo fine e trasparente, segno del suo corpo di luce. Il dolore del momento è contenuto, senza pathos. Dai volti emana una serenità luminosa, simbolizzata dai raggi che emanano dalle teste dei santi. Calmo è anche il gesto tenero di Maria che tiene sulle ginocchia la testa di suo Figlio, assorta in lui come coloro che lo pregano. Si dice che fra Angelico non poteva dipingere il Cristo senza versare lacrime. Lo crediamo.
Chiamato a Roma
Nel 1438 nel convento di San Marco, nuovamente acquisito dai Domenicani, grazie al dono di Cosimo dei Medici, l’artista comincia la sua opera immensa. Nelle quaranta celle dei suoi confratelli, dipinge durante quattordici anni, orna il convento di scene evangeliche prive di qualsiasi ornamento. Fiori, paesaggi, architettura sono assenti. Tutto riconduce a Cristo. Niente viene a turbare la meditazione.
La reputazione del frate Angelico oltrepassa i muri del chiostro. Chiamato a Roma alla Città del Vaticano, dipinge successivamente per i papi Eugenio IV e per Nicola V, suo successore, una cappella e alcuni affreschi, rappresentando la storia di santo Stefano e di san Lorenzo. Ci si consacra fino alla fine. Ritorna una volta a Fiesole dove i frati l’accolgono e desiderano trattenerlo nominandolo priore.
Non si sa nulla degli ultimi momenti del modesto fra Angelico che muore come ha vissuto, senza fare rumore. Tuttavia il suo ritratto, dipinto da Raffaello al Vaticano, mostra ciò che è sempre stato: un monaco dal volto teso verso il cielo.
(da Le Monde des Religions, n. 37, 2009)
GUIDO di PIETRO
Fra Giovanni detto FRA ANGELICO
- nato verso il ‘400 a Vicchio di Mugello
- entra nell’ordine dei domenicani osservanti nel 1417
- ordinato sacerdote nel 1427
- dal 1440 decora il convento di San Marco
.- nel 1450 nominato priore di San Marco e arciprete di Firenze
- a Roma dipinge per Eugenio IV e per Nicola V –
- muore nel 1455
- Beatificato nel 1982 da Giovanni Paolo II e dichiarato Santo patrono degli artisti e dei pittori
(Traduzione dal francese a cura di Immacolata Occorsio, SMSM)