Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Sesta parte
Per questi profeti Dio è l’avvocato dei poveri, il sostegno degli oppressi, i quali, a loro volta, testimoniano, con la vita, la piena confidenza in Jahvé, nelle cui mani rimettono la loro sorte.
Sarà nel VII secolo a. C. che umiliazioni, privazioni e povertà porteranno i profeti ad intuire che la "povertà" come esperienza religiosa può costituire un arricchimento.
Sarà il profeta Sofonia ad usare la parola "povero" per designare un atteggiamento religioso ed a presentare la "povertà" come un’attitudine religiosa.
Egli scrive:
"Cercate il Signore,
voi tutti, umili (poveri) della terra,
che eseguite i suoi ordini;
Cercate la giustizia,
cercate l’umiltà,
per trovarvi al riparo
nel giorno dell’ira del Signore"
(Sof. 2,3).
Ed aggiunge parlando al suo popolo:
"Farò restare in mezzo a te
un popolo umile e povero;
confiderà nel nome del Signore
il resto di Israele"
(Sof. 3/12).
Povertà è allora praticamente la fede, caratterizzata dall’abbandono in Dio, dall’umiltà, dalla confidenza.
Il profeta Sofonia ha avuto una intuizione decisiva; questa povertà è per lui il tratto caratteristico del "Resto" messianico (la parte del popolo umile e religiosamente viva e fiduciosa); perciò i "poveri" saranno appartenenti ad una tendenza spirituale che gradualmente raccoglierà tutti i disorientati dai disastri che il paese attraversa, coloro che calamità pubbliche e private hanno distaccato da precauzioni e preoccupazioni terrene.
Alcune situazioni sociali, politiche, religiose, morali che si manifestano con la disobbedienza a Dio, con l’oppressione dei deboli, con la corruzione, con la prepotenza, generano sofferenza.
Di fronte a queste realtà i "poveri di Jahvé" reagiscono con una fede più salda e con una sete di giustizia profondamente fondata sulla fiducia in Dio.