Vita nello Spirito

Sabato, 26 Giugno 2004 10:46

L'arte sublime dell'ascolto (Antonio Donghi)

Vota questo articolo
(0 Voti)

Parlare di ascolto in una società che ama parlare e farsi solo ascoltare, può apparire cosa strana. Tuttavia, se entriamo nella struttura di ognuno di noi, ci accorgiamo che la nostra vita è chiamata a porsi in continua relazione con i fratelli, con il mondo, con la natura, ma soprattutto con Dio.

L’arte sublime dell’ascolto

di Antonio Donghi

Parlare di ascolto in una società che ama parlare e farsi solo ascoltare, può apparire cosa strana. Tuttavia, se entriamo nella struttura di ognuno di noi, ci accorgiamo che la nostra vita è chiamata a porsi in continua relazione con i fratelli, con il mondo, con la natura, ma soprattutto con Dio.

L’uomo si ritrova chiamato a porsi in stato di continuo ascolto per essere se stesso. Infatti la capacità dell'ascolto è la caratteristica dell'uomo in quanto tale. Egli, fin dalla creazione, ha ricevuto il dono di essere interlocutore di Dio, d'entrare in comunione con lui, di costruire ogni istante dello scorrere dell'esistenza come dialogo e reciprocità. La capacità dell'ascolto è il primo atto della persona in cui la creatura umana riscopre se stessa.

L'atteggiamento dell'ascolto ritraduce la consapevolezza dell'uomo nei riguardi della propria identità. Egli infatti ha ricevuto la vocazione ad accogliere, a porsi in rapporto con sé e il mondo, a prendere gioiosa coscienza d'essere creatura in dialogo con il Creatore. Quando prendiamo sul serio la coscienza che siamo creature, avvertiamo come la nostra storia sia tutta ascolto attivo, che non è altro vivere l'istante come obbedienza.

La persona matura non è quella che parla o sa parlare, è soprattutto quella che ama saper ascoltare l'altro in un atteggiamento di gioioso stupore e con un profondo senso di gratitudine. Chi rifiutasse consapevolmente tale atteggiamento potrebbe correre il rischio di autodistruggersi.

Tanti fenomeni di insoddisfazione, di emarginazione, di aggressività e simili finiscono il dramma della chiusura in cui la creatura si viene a trovare e da cui ha non poche difficoltà ad uscire. La gioia della reciprocità interpersonale è generata e animata dall'immensa capacità del cuore umano di porsi in amorosa attenzione dell'altro, spalancandogli il proprio cuore.

Questo percorso esistenziale ci fa intendere che l'uomo allora ha la capacità di uscire dalle sue paure, d'abbandonare il timore di perdere un po' di se stesso: avverte di essere con l'altro, gode della comunione reciproca.

Perciò è chiaro che la creatura umana è se stessa in proporzione al proprio grado di ascolto. Qui si gioca l'autenticità della persona e la capacità della sua crescita.

La struttura dell'uomo che è chiamato ad essere aperto all'altro, trova la sua verità nel cammino dell'alleanza con Dio e il suo popolo. L'esperienza della fede non passa accanto all'uomo, ma conduce l’uomo ad essere veramente se stesso.

Nell'esperienza dell'Esodo, Dio ha chiamato il suo popolo e lo ha liberato dalla schiavitù dell'Egitto per rivolgergli l'annuncio della salvezza e stabilire con lui un patto di eterna fedeltà (cf. Es 19,3-7). Il Dio dell'alleanza ha costruito il rapporto con il suo popolo nella dinamica della parola-ascolto, dell'annuncio-accoglienza.

La sapienza presente nel libro del Deuteronomio è abbastanza eloquente: Israele è chiamato a ricordare e ad osservare, ad ascoltare e ad ubbidire, il Signore ama l'uomo in ascolto e lo educa perché viva sempre in questo atteggiamento. Infatti l'ascolto è atto di fede nella signoria di Dio che, nella pasqua di Gesù, libera continuamente l'uomo dal "me" per costruirlo nel vero "io".

Il dramma che avvertiamo nella storia - e questa è la grande fonte del peccato umano - è che la creatura diviene sempre più sorda e tende perciò a dimenticare quello che Dio compie continuamente per lei. Risuona allora al nostro orecchio il comando di Dio che nella nube della Trasfigurazione si rivolge a tutti i discepoli del Figlio e, in essi, a tutta l'umanità: "Questo è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo".

Non per nulla il Figlio incarnato viene chiamato Verbo poiché l'umanità si pone in relazione con lui attraverso l'ascolto credente.

(da "Il Sacro Speco di San Benedetto" anno CVIII N.1/2003).

Letto 4081 volte Ultima modifica il Lunedì, 26 Marzo 2012 10:59
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search