Mondo Oggi

Domenica, 11 Dicembre 2011 22:58

Crisi economica e denatalità

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Nelle decine di dibattiti a cui ho partecipato sull'attuale crisi economica
raramente ho sentito affrontare il problema delle sue origini e della sua
realtà storica.

L'origine di questa crisi economica non risiede nell'uso sbagliato di strumenti finanziari, da parte di banchieri o politici o finanzieri. Questa crisi trova origine nel fatto che abbiamo negato la vita, non abbiamo fatto figli, riducendo la crescita della popolazione ad un ritmo così basso da impedire la crescita economica, lo sviluppo, il benessere. Lo dice anche Papa Benedetto nella Caritas in Veritate: l'origine della crisi è di carattere morale, si è negata la vita.
Cosa provoca un sistema economico che non fa figli? Le "non nascite" provocano una forma di congelamento del numero della popolazione e conseguentemente l'aumento dei costi fissi di una struttura economica
Dalla fine degli anni sessanta il cosiddetto mondo sviluppato ha congelato la crescita della popolazione passando da un più 4-4,5% ad un progressivo
declino, fino alla crescita zero, cioè due figli per coppia che è pari al tasso di sostituzione. La crescita zero provoca il congelamento del numero di una popolazione e ne cambia la composizione. Ci sono meno giovani che accedono al mondo del lavoro e più persone che escono dal mondo del lavoro per anzianità. Questo provoca una minor produttività, un rallentamento del ciclo di sviluppo sociale e un aumento dei costi fissi. Le persone che invecchiano, infatti, hanno un costo maggiore dei giovani, per pensioni e per sanità. Questo fenomeno provoca l'impossibilità di ridurre le tasse perché aumentano i costi fissi. Nel 1975 il peso fiscale in Italia era il 25% del prodotto interno lordo, oggi è il 45%.
Che cosa ha fatto la nostra civiltà sviluppata per compensare il conseguente crollo dello sviluppo? Ha aumentato la produttività attraverso l'innovazione tecnologica, cercando di produrre di più per alimentare lo sviluppo. In secondo luogo ha delocalizzato la produzione trasferendo in Asia una serie di produzioni a basso costo con l'obiettivo di avere il ritorno dei beni a prezzi inferiori e di far aumentare il potere d'acquisto. Ma anche questo non è bastato.
Si è allora adottato il cosiddetto sistema della crescita a debito, facendo indebitare il sistema economico e soprattutto le famiglie. Così dal 1998 al 2008 l'indebitamento del sistema "Italia" è cresciuto dal 200% al 300% del Pil. Tutto questo per sostenere un tasso di crescita che prescindeva completamente dalle nascite e dalla crescita della popolazione.
È andata ancora peggio negli Stati Uniti. Negli ultimi 10 anni, il peso dell'indebitamento delle famiglie americane sul Pil è passato dal 68% al 96%, cioè 28 punti percentuali, pari alla crescita di 2,8% all’anno dovuta completamente al tasso di indebitamento delle famiglie. Questo significa che per sostenere i consumi, le famiglie si sono indebitate ad un livello non più sostenibile, diventando loro sussidiarie allo Stato, anziché il contrario. Le
famiglie hanno visto crollare il valore dei loro investimenti, hanno visto crollare il valore della casa che avevano comperato, hanno visto crollare il valore del fondo pensione, indebitandosi per tenere in piedi quasi il 75-80% del Pil americano. E tutto questo perché? Perché non si facevano figli o non se ne facevano abbastanza.
In conclusione: per tanti anni abbiamo pensato che non facendo figli saremmo
diventati più ricchi, saremmo stati meglio.
È successo esattamente il contrario: non facendo figli, siamo diventati più poveri e staremo male per molto tempo se non riusciremo a ritornare a crescere demograficamente.

di ETTORE GOTTI TEDESCHI *


* Presidente dell'Istituto Opere di Religione (IOR)

 

Editoriale de "L'ottimista", Novembre 2011, n. 16

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