Sundkler fa notare che i profeti delle chiese afro-cristiane focalizzano la loro predicazione domenicale sull'urgenza della conversione, del ritorno a Dio di ogni persona e dell' attesa vigilante del "Giorno del Signore" nel digiuno, nella preghiera e nell' elemosina. Durante queste liturgie, viene fatto balenare davanti agli occhi di tutti «il giudizio escatologico di ogni carne davanti al volto e al trono di Dio Creatore». Questa forte "concentrazione escatologica" culmina nella seconda parte delle celebrazioni domenicali, consacrata alle preghiere pubbliche d'intercessione e di guarigione divina, tramite l'imposizione delle mani e la proclamazione di parole ispirate dallo Spirito Santo. I predicatori e profeti di queste chiese interrogano frequentemente l'assemblea: siete pronti ad accogliere la morte e a comparire di fronte al volto di Dio? Le chiese afro-cristiane proliferano oggi in tutte le grandi città africane e della diaspora dell'Europa e dell' America del nord e vivono la loro fede secondo la sensibilità culturale e religiosa nera.
Durante il regime razzista e schiavista in Sudafrica, le chiese cristiane hanno giocato ruoli contraddittori, a volte diametralmente opposti. Da una parte, le chiese riformate olandesi hanno offerto la legittimazione teologica e ideologico-politica alle autorità tiranniche che hanno relegato la maggioranza nera e meticcia a una vita da schiavi. Dall' altra, le chiese più vicine alle popolazioni nere si sono opposte con fermezza al regime dell’apartheid, favorendo il nascere della coscienza nera e della teologia nera della liberazione. Per una buona selezione di testi dei principali autori della teologia nera della liberazione, si può consultare Chrétiens d'Afrique du Sud face à l'Apartheid di Anne-Marie Goguel e Pierre Buis (2004).
Nel suo studio, "Teologia nera della liberazione" (Gibellini, Percorsi), il teologo sudafricano Simon S. Maimela descrive il contesto socio-politico ed economico di oppressione e di servitù che ha visto nascere la teologia nera della liberazione durante il lungo periodo di dominio della minoranza bianca sulla maggioranza nera. Questa corrente teologica è in stretta connessione con la teologia nera della liberazione negli Stati Uniti, dove i neri per troppo tempo furono trattati come subumani, non-persone, animali senz' anima e, di conseguenza, predestinati a essere schiavi, senza valore umano, né dignità, né diritti.
Per Maimela, la teologia nera della liberazione è una reazione - «collettiva e teologica, vigorosa e sovversiva» contro il regime schiavista che i bianchi hanno imposto ai neri sudafricani per quattro secoli. È un grido di ribellione e una rivolta collettiva di persone che, grazie alle loro fede in Cristo, intendono vivere nella libertà e con dignità, senza dover chiedere ai loro aguzzini questo diritto inalienabile.
La liberazione preconizzata dalla teologia della liberazione è «olistica e teocentrica», perché Dio, nel suo amore e nella sua giustizia, libera sia i ricchi persecutori, sia i poveri perseguitati dalla schiavitù del peccato che conduce alla separazione da Dio Creatore. Va da sé che questa liberazione, frutto della grazia incondizionata e infinita di Dio, rende possibile un'interpretazione teologica di tutte le lotte dei neri e di tutti gli altri schiavi che si battono contro le strutture di peccato che stanno alla base delle ingiustizie, delle guerre e delle violenze nel mondo di oggi. In un mondo caratterizzato dallo sfruttamento sistemico dei popoli dell'emisfero sud da parte delle grandi potenze militari, capitaliste e tecnologiche del pianeta, Dio continua a essere l'ultimo baluardo per miliardi di esseri umani condannati a morte semplicemente perché l'odierna globalizzazione liberista ha deciso così. Da qui la focalizzazione dei teologi neri della liberazione sulle pratiche teologiche, liturgiche, sociali e politiche delle fasce popolari, che celebrano ogni giorno il Dio liberatore e salvatore.
CONFESSIONE PUBBLICA
E’ questa concezione di un Dio «impegnato energicamente e visceralmente al fianco degli oppressi, degli schiavi e di tutte le vittime dei sistemi colonialisti e oppressivi di tutti i tempi» che traspare nell'audace e profetico intervento fatto dall'arcivescovo anglicano Desmond Tutu al congresso dell'Associazione ecumenica dei teologi del Terzo Mondo (Asett/Eatwot) di Accra (Ghana) nel 1977, sul tema "Teologia africana in cammino" (la data segna la nascita dell' Associazione ecumenica dei teologi africani - Aeta). Pochi giorni prima, il campione della "coscienza nera" sudafricana, Steve Biko, era stato massacrato di botte in una prigione sudafricana.
Tutu, quindi, parla ("fa teologia") partendo dal contesto di oppressione, di tortura e di morte in cui vivono milioni di sudafricani neri. In un certo senso, le sue parole riflettono un paradigma basilare della teologia nera sudafricana: l'attenzione al contesto di vita (sitz im leben) in cui è evidente l'aspro e spietato divario tra la Parola creatrice e liberatrice di Dio e la parola schiavizzante del faraone di turno.
Una sintesi del significato storico, politico e teologico dell'impegno sociale di Tutu è offerta dal suo The Rainbow People of God. The Making of a Peaceful Revolution (1994). L'arcivescovo vi espone le diverse azioni da lui poste durante la sua vita di cittadino e di cristiano contro le atrocità e le violenze omicide dell' apartheid. Egli propone una "teologia politica" fondata sulla positiva accettazione delle differenze razziali e culturali come dono di Dio e sulla necessità di mobilizzare le persone di ogni religione, razza, ceto sociale e ideologia politica per smantellare il diabolico regime con una rivoluzione pacifica. L'immagine dell'arcobaleno (rainbow) richiama l'alleanza conclusa tra Dio e Noè dopo il diluvio: dopo la catastrofe, è sempre possibile ricostruire una nuova società.
AUTOAFFERMAZIONE NERA
A partire dalla sua tesi di dottorato, Farewell to Innocence ("Addio all'innocenza", 1976) fino alle sue opere più recenti [Black and Reformed: Apartheid Liberation, and the Calvinist Tradition (1984), When Prayer Makes News (1986), A Call for an End to Unjust Rule (1986),Comfort and Protest: Reflections on the Apocalypse of John of Patmos (1987)), Allah Boesak, meticcio nato a Città del Capo, a lungo pastore della chiesa riformata sudafricana, teologo e attivista politico, ha cercato di presentare le principali intuizioni e gli orientamenti della teologia nera della liberazione in Sudafrica.
Nel suo studio "The Courage to Be Black: Black Theology and the Struggle for Liberation" (in Race Reconciliation and Reformed Perspectives, Grand Rapids, 2002), mostra le relazioni oggettive esistenti tra la teologia nera negli Usa e la teologica nera di liberazione in Sudafrica, Convinte che la liberazione è la categoria portante della missione profetico-messianica di Gesù Cristo, ambedue queste teologie «insorgono e si rivoltano contro la strumentalizzazione razzista e blasfema del messaggio della Bibbia da parte delle chiese razziste bianche».
Partendo dalla solenne proclamazione della missione messianica di Gesù nella sinagoga di Nazaret, esse pongono al centro della loro riflessione la liberazione degli oppressi, dei prigionieri e dei poveri da tutte le schiavitù che impediscono di vivere nella libertà dei figli di Dio. In questo senso, attualizzano la missione di Gesù di Nazaret, venuto a liberare i poveri e i prigionieri da tutti i sistemi di schiavitù e di oppressione che li disumanizzano.
Un altro noto teologo della teologia della liberazione in Sudafrica è Albert Nolan, nato a Città del Capo da una famiglia bianca. Entrato nell'ordine dei domenicani, si è consacrato al lavoro pastorale e sociale negli ambienti poveri del suo paese. Oggi lavora all'Istituto di teologia contestuale di Johannesburg. Alcune sue opere sono state tradotte in molte lingue: Jesus before Christianity: The Gospel of Liberation (1976, 1992); God in South Africa: The Challenge of the Gospel (1988); Jesus Today: A Spirituality of Radical Freedom. (2006).
In Dio in Sudafrica, Nolan cerca nel Vangelo le radicale soluzioni alle distruzioni morali, umane e spirituali causate da secoli di apartheid e di sfruttamento razziale ed economico della maggioranza nera da parte delle autorità politiche e religiose bianche. Crollati gli ultimi bastioni della politica discriminatoria e schiavista (inizio anni '90), il problema principale diventa quello di sapere come l'annuncio del Vangelo possa giocare un ruolo motore e cruciale nella costruzione di una nuova società, retta dai principi della democrazia politica e del rispetto dei diritti imprescindibili di ogni persona. Nolan si pone delle domande: Come discernere l'azione liberatrice di Dio nella liberazione di Nelson Mandela e nel crollo inatteso dell' apartheid? Come possono la chiesa e la teologia cristiane essere fonti di liberazione e di pienezza morale,spirituale e politica per le masse popolari dei ghetti, a lungo tenute lontane dalla vita politica ed economica dai grandi gruppi industriali e minerari, controllati e monopolizzati dalla minoranza bianca? Possono le chiese, alcune delle quali sono state a lungo a servizio della politica schiavista e blasfema dell' apartheid, svolgere oggi un ruolo profetico nella costruzione di una nuova società democratica e giusta? Se sì, a quali condizioni sociali, politiche e teologiche?
Nolan è dell' avviso che certa teologia abbia avuto un ruolo preponderante già nel processo di demolizione dell'apartheid. L'Istituto di teologia contestuale, sorto a metà degli anni '70, ha disseminato idee teologiche e politiche capaci di mobilitare le chiese e i cristiani nella lotta contro la politica razziale. La pubblicazione del Documento Kairos (1985), di cui Nolan è stato uno dei firmatari, ha segnato una svolta decisiva e irreversibile nel processo di democratizzazione del paese.
Contrariamente alla teologia razzista delle chiese riformate olandesi - che avevano fornito la giustificazione teologica dell'apartheid - la teologia nera della liberazione ha indotto le masse popolari a entrare in un movimento di resistenza morale, politica e sociale contro le ingiustizie economiche e politiche.
Anche oggi, poiché la fede in Dio occupa un posto preponderante nella grande maggioranza della popolazione sudafricana, la teologia cristiana deve continuare a essere una forza di trasformazione radicale della società, attraverso la promozione di una mentalità profetica e "rivoluzionaria" tra le ancora troppo numerose vittime nere dell'apartheid economica che a tutt’oggi regna nel paese, nonostante la fine ufficiale della segregazione razziale.
di Benoît Awazi Mbambi Kungua
Dossier Nigrizia
TEOLOGIA PROFETICO-MARXISTA
E’ in Biblical Hermeneutics and Black Theology in South Africa (1989) che Itumeleng J. Mosala espone l'essenziale della sua teologia biblico-profetica della liberazione. Il libro esce un anno prima della liberazione di Nelson Mandela, quindi alla vigilia della fine dell'apartheid. Mosala è convinto che la Bibbia, letta in maniera dinamica, profetica e rivoluzionaria dalle chiese nere, costituisca un mezzo potente di liberazione dei poveri e degli sfruttati ovunque nel mondo. Le sofferenze e le oppressioni subite lungo i secoli dalla maggioranza nera sudafricana per mano del potere bianco hanno finito con il produrre una "coscienza nera" della necessità di ribellarsi a un sistema che certamente Dio non approva.
Per Mosala, la teologia nera della liberazione è, per prima cosa, la volontà di protesta e di contestazione pubblica della giustificazione biblico-teologica fornita dalle chiese e dalle teologie cristiane bianche all'empio regime dell'apartheid. Di fronte alla manifesta collusione tra autorità politiche e religiose nell'istituzionalizzazione della segregazione razziale, diventava urgente per i cristiani neri insorgere; alla riflessione teologica spettava il compito di proporre mezzi e modi per affrancarsi dalla schiavitù e raggiungere la libertà. E se la liberazione politica presupponeva innanzitutto un affrancamento culturale dagli schemi ideologici, religiosi e sociali della minoranza bianca, la teologia di tale liberazione era chiamata a radicarsi nelle sofferenze e nelle speranze dei poveri neri, considerando la loro schiavitù un autentico "locus theologicus" in cui si giocava il destino di Dio e delle sue promesse.
Mosala, tuttavia, è alquanto critico nei confronti della teologia nera della liberazione. Ritiene che, nonostante numerosi libri, tesi e colloqui sull'argomento, questa teologia non abbia ancora raggiunto la levatura e l'autonomia necessarie per diventare «un vero e proprio mezzo politico di liberazione totale nelle mani dei neri». Ispirandosi a categorie marxiste, Mosala attribuisce questa inefficienza all'incapacità dei suoi principali esponenti di associare i bisogni primari della persona alla lotta di classe degli operai neri, che sono i più sfruttati tra i gruppi neri. Secondo Mosala, i teologi della liberazione in Sudafrica si sarebbero rinchiusi in problematiche puramente accademiche, senza trovare connessioni efficaci tra la loro teologia e la prassi politica della classe operaia nera. Le odierne lotte interne al principale partito politico sudafricano, il Congresso nazionale africano (Anc), il progressivo impoverimento delle fasce popolari nere delle bidonville e la crescita galoppante della criminalità e della corruzione - per citare solo alcuni dei "peccati strutturali" ancora presenti nella società sudafricana - costituiscono grosse sfide per la sopravvivenza della democrazia in Sudafrica. Che ha da dire su tutto questo la teologia nera della liberazione?