Mondo Oggi

Venerdì, 12 Settembre 2008 23:05

NO A GESTI PLATEALI

Vota questo articolo
(0 Voti)

NO A GESTI PLATEALI

di Giuseppe Scattolin
Nigrizia – maggio 2008

Il battesimo conferito da Papa Benedetto XVI a Madgi Allam, giornalista di origine egiziana, ufficialmente di fede musulmana (e che oggi, per sua scelta, si chiama Madgi Cristiano Allam), ha suscitato e continua a suscitare numerose e diverse reazioni. Alcuni ritengono che si sia trattato di un atto legittimo di una giusta scelta di libertà religiosa. Altri, pur sostenendo la legittimità della scelta, hanno messo in dubbio l’opportunità della sua amplificazione mediatica, che può essere fraintesa in molti ambienti islamici. Altri ancora vi hanno visto aspetti meno chiari, date le idee controverse del giornalista, non da tutti condivise.

Come si poteva prevedere, da molti ambienti islamici si sono avute reazioni negative (richiamando lo spettro dello scontro di civiltà e di religioni), anche se, finora, non hanno raggiunto l’intensità registrata dopo la lectio magistralis del Papa all’università di Ratisbona. Credo che per valutare un simile evento, senza cadere in giudizi parziali, sia necessario tener presenti molti aspetti. Accenno a due fondamentali.

C’è, innanzitutto, il tema della libertà di religione, uno dei diritti umani fondamentali, sanciti da molti testi di tutte le religioni e anche dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite. Diritto indiscutibile, anche se non ancora del tutto recepito dalla stragrande maggioranza dei musulmani.

Alcuni versetti del Corano affermano chiaramente questo principio. Tra questi, il supercitato testo: «Nessuna costrizione nelle cose di religione» (2, 256). Però, una lunghissima prassi islamica, di natura politico-giuridica, ha sempre dichiarato che chi abbandona l’islam è un “apostata” (murtadd) e, quindi, passibile di morte: prassi che vige tuttora in quasi tutti i paesi islamici, soprattutto in quelli che applicano la legge islamica (shari‘a) in modo scrupoloso. Purtroppo, molti tra gli intellettuali musulmani non hanno fatto una seria riflessione critica su questa prassi: pochi ne hanno chiesto con vigore una revisione; pochissimi hanno alzato la propria voce per contestarla quando è stata attuata. Risultato: il musulmano che si converte deve o emigrare dal proprio paese o vivere una vita da “clandestino”. E questo accade non solo nei paesi islamici, ma anche in quelli di emigrazione (in Europa, ad esempio). Va ricordato, inoltre, che anche i “laicissimi” sostenitori della libertà di pensiero di casa nostra, che pure sono pronti a scagliarsi contro la chiesa a ogni minimo sospetto in materia, non si sono molto preoccupati di studiare il fenomeno e di chiedere un intervento della giustizia per proteggere i convertiti dall’islam.

La libertà di religione costituisce uno dei punti più importanti di ogni serio dialogo interreligioso. Non mancano sforzi per portare il pensiero islamico e i suoi rappresentanti ad accettare senza riserve questo principio. Peccato che questo faticoso lavorio non sia pubblicizzato come meriterebbe.

In secondo luogo, è necessario valutare l’impatto che un evento come il battesimo di Madgi Allam può avere – e di fatto ha avuto (come mi è stato comunicato da numerose fonti) – sulle società islamiche e le comunità cristiane presenti in esse. C’è chi pensa che il sacramento avrebbe potuto essere celebrato in un contesto più ristretto (una comunità cristiana locale), per attribuirgli un’approvazione più ufficiale in un secondo momento.

Tensioni e dialogo

Il mondo islamico si trova in una situazione esplosiva. Non era difficile prevedere che la solennità data al battesimo del giornalista avrebbe potuto essere interpretata come un “gesto aggressivo”, suscettibile di reazioni anche violente. Chi può controllare un miliardo e mezzo di persone agitate da intensa propaganda fanatica, anti-occidentale e anti-cristiana? Quando queste reazioni avvengono, termini quali “crociate”, “missioni”, “colonialismo”, “proselitismo”, “Bush and Co.” sono uniti in una sola idea di base: quella di un complotto occidentale-cristiano contro l’islam, portato avanti con tutti i mezzi (anche bellicosi e distruttivi). La recente politica occidentale in materia non ha fatto che accreditare tale idea. Questo è il pensiero che domina oggi il mondo islamico, risvegliando i demoni del fanatismo e dell’estremismo religioso.

Personalmente, credo che un cambio di questa mentalità potrà avvenire soltanto attraverso un dialogo interreligioso serio, responsabile e impegnato. Come sono convinto che la questione del diritto alla libertà religiosa va trattata in modo più convincente a livello d’incontro fra i responsabili delle comunità religiose, sulla base di studi seri e documentati, tali da spingere a dichiarazioni che impegnino tutti.

Insomma: prima di indulgere in gesti plateali, è sempre bene fare un serio lavoro di base. In caso contrario, i pregiudizi possono scatenare reazioni irrazionali e devastanti. Penso a cosa potrebbe succedere, se tutta l’“opera di presenza” e il grande sforzo compiuto a livello di opere sociali dai vari istituti religiosi nel mondo islamico fossero interpretati dal punto di vista di un’ideologia del sospetto, cioè come “subdoli mezzi di proselitismo”, e quindi squalificati, se non addirittura ostacolati e proibiti.

E che dire della pressione quotidiana che pesa sui cristiani in situazione di diaspora nei paesi musulmani, oggi resa forse ancora più pesante da questo gesto, letto come “aggressione all’islam”? Che senso ha, poi, lamentarci del fatto che sempre più cristiani lasciano i paesi islamici, e che il Medio Oriente, culla del cristianesimo, è ormai vuoto di cristiani?

Nonostante tutto, spero che il gesto non provochi reazioni estremiste che mettano in difficoltà i cristiani che vivono in ambiente islamico, ma possa, alla fine, contribuire ad accelerare l’impegno per un dialogo positivo e costruttivo tra il mondo cristiano e quello islamico.

Occorre fare passi positivi in tal senso. In Egitto, dove lavoro, si svolgono molti incontri di dialogo e si trovano risposte positive anche da parte musulmana. Nel dicembre scorso ho diretto una tesi di magistero sulla mistica islamica fatta da uno studente musulmano in una università egiziana al 99% islamica, riscontrando stima e accoglienza da parte di professori e studenti. So di altre persone che stanno portando avanti simili esperienze in contesti di vera e fruttuosa collaborazione culturale.

Solo attraverso un dialogo serio e impegnato, il mondo islamico si potrà aprire ai valori della libertà religiosa, e non solo a livello di nobili dichiarazioni, ma anche in termini di cambiamento di mentalità pratica e di leggi di stato. Solo allora, nel rispetto dei diritti umani da parte di tutti, una convivenza pacifica fra l’islam e il resto del mondo sarà possibile.

Letto 1750 volte Ultima modifica il Giovedì, 25 Settembre 2008 00:02

Search