Mondo Oggi

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 71

Lunedì, 12 Novembre 2007 19:01

IL TRATTO IDENTITARIO DI UN ISLAM ITALIANO

Vota questo articolo
(1 Vota)
 IL TRATTO IDENTITARIO DI UN ISLAM ITALIANO

di Piersandro Vanzan
da Vita Pastorale n. 6/2007

Già in VF 12/2006, pp. 52-53, abbiamo presentato l’impegno del ministro dell’interno, Giuliano Amato, per realizzare l’integrazione dei musulmani nel tessuto sociale e politico italiano, coinvolgendo le varie organizzazioni islamiche presenti tra noi in una Carta dei valori condivisibile anche da loro1. Tra le 16 organizzazioni che rappresentano l’arcipelago islamico presente tra noi, spicca l’Ucoii (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia), nata nel 1990 e ideologicamente legata ai Fratelli musulmani, movimento fondamentalista radicale. Questa organizzazione è salita ai vertici delle cronache nazionali nell’agosto 2006, quando - in seguito alla guerra nel Libano - fece pubblicare affermazioni, tipo: «Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane: Marzabotto = Gaza, Fosse Ardeatine = Libano». Deciso a contrastare tali farneticazioni, Amato aveva immediatamente convocato la Consulta senza però riuscire – nonostante l’appoggio della maggioranza - a ottenere le scuse di Mohamed Nour Dachan, presidente dell’Ucoii.

Glissiamo sulle alterne vicende dei mesi successivi, con le varie redazioni di quella Carta, e veniamo ai contenuti della nuova Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione, che il ministro Amato ha presentato il 23 aprile2. Nel presentare questa nuova redazione alla Consulta islamica e ai rappresentanti italiani di tutte le altre confessioni, il responsabile del Viminale ha detto: «Ora si vedrà chi intende aderire e concorrere quindi alla sua diffusione e all’approfondimento dei temi trattati», ma non ha voluto pronunciarsi sulle conseguenze di un eventuale rifiuto da parte di alcuni organismi islamici, mentre Cardia ha ammesso che «nelle audizioni ci sono stati elementi più sfumati. Può darsi che queste riserve si sciolgano oppure che portino queste organizzazioni a fare un passo indietro dalla Consulta islamica».

La Carta, purtroppo, ha un valore puramente simbolico, visto che «non può essere adottata come atto pubblico e quindi imposta ai cittadini». Tuttavia costituisce «una fonte di ispirazione per l’azione dello stesso ministero e accompagna il processo d’integrazione degli immigrati e il percorso verso la cittadinanza italiana». In particolare ha detto Amato, «può concorrere a consolidare il tratto identitario di un islam italiano e a creare la premessa per un’intesa con lo Stato». Tre i principi fondamentali che la ispirano: «La centralità della persona umana e la sua dignità; l’uguaglianza dei diritti fra uomo e donna; il diritto alla libertà religiosa che sta alla base della laicità dello Stato e della scuola. Su questi valori e sull’ancoraggio totale alla Costituzione non ci sono zone franche, coni d’ombra o riconoscimento di poteri alternativi». Suddivisa in sette paragrafi, la Carta riguarda in particolare: le radici culturali, la dignità della persona, i diritti sociali, l’istruzione, la famiglia, la laicità e la libertà religiosa, l’impegno internazionale dell’Italia4.

Nell’incipit, dopo aver dichiarato che «l’Italia riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», viene condannata sia la poligamia, «contraria ai diritti della donna», sia ogni forma di coercizione e di violenza, dentro e fuori le mura domestiche, sia i matrimoni forzati o tra bambini, sia ogni forma di razzismo: dall’antisemitismo all’islamofobia. Souad Sbai, rappresentante delle donne marocchine in Italia, ha dichiarato: «Il documento ha chiarito alcuni punti che a noi donne stavano particolarmente a cuore, come il riconoscimento dell’uguaglianza tra l’uomo e la donna, e dunque il godimento di pari diritti tra coniugi, il “no” alla poligamia, la necessità della conoscenza della lingua italiana per l’ottenimento della cittadinanza italiana. E ancora, la condanna di ogni discriminazione razziale, sessuale e religiosa, il riconoscimento all’interno della coppia di pari potestà educativa, ferma restando la libertà di pensiero dei figli e la libera scelta religiosa per qualsiasi individuo. Tuttavia consideriamo questo risultato non come un punto di arrivo, ma come la partenza per ottenere ulteriori traguardi»5.

La Carta inoltre puntualizza che «l’Italia è uno dei Paesi più antichi d’Europa che affonda le radici nella cultura classica della Grecia e di Roma. Essa si è evoluta nell’orizzonte del cristianesimo che ha permeato la sua storia e, insieme con l’ebraismo, ha preparato l’apertura verso la modernità e i principi di libertà e di giustizia. I valori su cui si fonda la società italiana sono frutto dell’impegno di generazioni di uomini e di donne di diversi orientamenti, laici e religiosi, e sono scritti nella Costituzione del 1947. Essa rappresenta lo spartiacque nei confronti del totalitarismo e dell’antisemitismo, che ha avvelenato l’Europa del secolo XX e perseguitato il popolo ebraico e la sua cultura. La Costituzione è fondata sul rispetto della dignità umana ed è ispirata ai principi di libertà e uguaglianza, validi per chiunque si trovi a vivere sul territorio italiano».

Inoltre: «L’Italia è impegnata perché ogni persona sin dal primo momento in cui si trova sul territorio italiano possa fruire dei diritti fondamentali senza distinzione di sesso, etnia, religione, condizioni sociali. Al tempo stesso, ogni persona che vive in Italia deve rispettare i valori su cui poggia la società, i diritti degli altri, i doveri di solidarietà richiesti dalle leggi. Alle condizioni previste dalla legge, l’Italia offre asilo e protezione a quanti, nei propri Paesi, sono perseguitati o impediti nell’esercizio delle libertà fondamentali. Nel prevedere parità di diritti e di doveri per tutti, la legge offre il suo sostegno a chi subisce discriminazioni, o vive in stato di bisogno, in particolare alle donne e ai minori, rimuovendo gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. I diritti di libertà, e i diritti sociali, che il nostro ordinamento ha maturato nel tempo devono estendersi a tutti gli immigrati»6.

Questi, a grandi linee, i contenuti della Carta, e benché siano previsti nuovi contrasti prima di giungere alla sua piena ratifica, è chiara la nostra apertura verso l’islam. Ma inevitabile fa capolino la domanda: i musulmani residenti tra noi accetteranno i principi contenuti nella nostra Costituzione, anche se contrari alla loro fede? La risposta è ardua, come s’è visto nel travagliato iter della Carta, perché, se noi sappiamo distinguere la sfera religiosa da quella civile e politica, per l’islam fideista esse fanno tutt’uno, regolato dalla religione rivelata da Allah nel Corano a Maometto, «cosicché non c’è distinzione né tanto meno separazione tra vita religiosa e sociale, tra sfera civile e sfera religiosa, tra legge civile e legge religiosa, ma questa codificata nella sharìa, è l’unica legge civile. In tal modo l’ordine politico e giuridico ha la sua fonte nella rivelazione coranica e non può quindi costituirsi in maniera autonoma, indipendentemente da questa, ma deve seguire i precetti, che, essendo “divini”, sono immutabili, a differenza delle leggi “umane” le quali, essendo fatte dagli uomini, possono essere modificate o abolite da essi»7

Eppure, secondo Adnane Mokrani, dell’Università gregoriana, un tema chiave per l’integrazione dei musulmani tra noi è il concetto di “laicità”, perché se nella storia del pensiero islamico la laicità è stata spesso presentata in modo sbagliato - come separazione tra religione e Stato, tra etica e religione, identificandosi con l’incoraggiamento alla corruzione -, sembra giunto il momento di farla conoscere «in modo positivo, come garanzia di uguaglianza e di giustizia, che sono due principi fondamentali nella teologia islamica». Dello stesso parere è Carlo Cardia: «Di fronte alla questione islamica, e del multiculturalismo, l’Occidente avrebbe una grande occasione storica. Quella di mostrare il volto migliore della laicità, che sa distinguere, accogliere e tutelare il patrimonio di spiritualità e di umanesimo presente nell’islam (come in altre religioni), e sa respingere pratiche e fenomeni di arretratezza civile e culturale che anche nelle terre cristiane sono esistiti in passato».

«La laicità potrebbe svolgere verso l’islam quella stessa funzione di stimolo anche critico che ha svolto verso altre confessioni, e favorire un’evoluzione, che ne esalti la religiosità e ne emargini le scorie del passato, soprattutto per ciò che riguarda la libertà religiosa e i principi di eguaglianza tra uomo e donna»8. Soltanto uno Stato fedele alla propria identità laica e accogliente, ma anche severo verso gli estremismi, non deluderà le aspettative di quegli immigrati che, una volta giunti nel nostro Paese, sperano di poter fruire dei diritti umani - uguaglianza, libertà, dignità - che vengono loro negati altrove, né degli italiani, che esigono chiarezza e regole per una convivenza civile e pacifica.

Note

  1. L’iniziativa era partita già dal ministro Pisanu, che aveva dato vita a una Consulta islamica, con 16 membri, rappresentanti di altrettante organizzazioni di musulmani presenti in Italia.

  2. www.osservatoriosullalegalità.org. Il Comitato scientifico, cui si deve quest’ultima redazione, era presieduto dal prof. Carlo Cardia (Università Roma Tre), e comprendeva i proff. Roberta Aluffi Beck Peccoz (Università di Torino), Khaled Fouad Allam (Università di Trieste), Adnane Mokrani (Università gregoriana di Roma), Francesco Zannini (Pontificio istituto di studi arabi e islamistica di Roma). Inoltre, hanno partecipato ai lavori del Comitato il prefetto Franco Testa e il vice prefetto Maria Patrizia Paba.

  3. Avvenire, 24 aprile 2007.

  4. Acide le critiche de Il Manifesto, 24 aprile 2007: «Nel tentativo di tutelare i valori acquisiti nel nostro Paese e minacciati invece da posizioni tradizionaliste, spesso maggioritarie in alcune popolazioni immigrate, la Carta rischia di essere arretrata rispetto alle nuove istanze poste oggi dalla società italiana, come avviene nel capitolo sulla famiglia, istituzione mummificata nella sua declinazione eterosessuale e monogamica. Nessun riferimento alle nuove famiglie allargate, su cui da mesi si discute, né tanto meno alle unioni omosessuali, cosa che ci si sarebbe aspettati almeno da un documento che non ha alcun valore giuridico, ma ha invece il fine di costruire una cultura del rispetto reciproco».

  5. Avvenire, 24 aprile 2007. Ha poi aggiunto: «Le opposizioni in merito all’approvazione del testo – all’interno della Consulta - ci sono e continueranno a esserci ma il fatto che, una volta per tutte, questi e altri temi fondamentali siano stati messi nero su bianco, e precisati in un testo ufficiale, è di estrema importanza, soprattutto per quelle donne, marocchine e no, che quotidianamente vivono l’inferno dei matrimoni poligamici imposti e della totale assenza di diritti. La Carta dei valori dà nuovamente coraggio alle donne che lo avevano perso, a tutte coloro che si ritrovano in balia di un illegale potere patriarcale e che avevano bisogno di una decisa presa di posizione da parte delle Istituzioni italiane».

  6. www.osservatoriosullalegalità.org.

  7. De Rosa G., Islam e Occidente, LDC-La Civiltà Cattolica 2004, Torino-Roma, pp. 233s.

  8. Cf rispettivamente Jesus, gennaio 2007, p. 49 e Cardia C., Le sfide della laicità. Etica, multiculturalismo, islam, San Paolo 2007, Cinisello Balsamo (Mi) 2007, p. 27.

Letto 1902 volte Ultima modifica il Domenica, 30 Dicembre 2007 01:03

Search