Per comprendere la grande influenza che il pensiero e la prassi di King hanno ancora sull'attuale movimento pacifista, è interessante capire come King è arrivato all'opzione nonviolenta, e come la sua strategia si è evoluta.
Una tappa fondamentale è stata la sua esperienza a Montgomery, la capitale dell'Alabama. Martin Luther King, pastore battista, vi arrivò nel 1954 come guida di una delle più importanti chiese nere della città, che a quell'epoca conta 70mila bianchi e 50mila neri. A Montgomery, il 63%delle donne nere sono domestiche presso i bianchi; il 94% delle case bianche ha i servizi igienici, contro il 31% di quelle dei neri; il reddito medio dei bianchi è il doppio di quello dei neri, i tassi di alcolismo, delinquenza e disoccupazione sono molto più alti tra i neri che tra i bianchi; gli iscritti neri nelle liste elettorali sono 2mila, su 30mila neri maggiorenni. Nella città vige il regime segregazionista: scuole, giardini pubblici, servizi sono tutti separati. I migliori sono riservati ai bianchi, i peggiori ai neri. I posti nei cinema, nei teatri, negli autobus, sono separati. Nei negozi i neri vengono serviti per ultimi e devono fare la coda, Spesso vengono insultati dai banchi.
Questo è il contesto nel quale King ha iniziato ad agire. Ma non si può disgiungere l'azione di King dalla sua fede cristiana. Una fede profonda che Aldo Capitini, il padre della non-violenza italiana, ricostruisce così. "Gesù Cristo come la persona più preziosa del mondo; Dio come Amore; l'amore per i nemici, la condizione del peccatore ed il bisogno della grazia, l'aprirsi della fede all'incontro con il Dio personale, la speranza della unità ecumenica; il Discorso della Montagna ed il metodo gandhiano della resistenza nonviolenta" (in Azione nonviolenta, maggio 1968).
Con la lotta di Montgomery, King diventa un simbolo e un leader a livello nazionale. Da quel momento è stato un continuo impegno per i diritti civili dei neri. Con l'assegnazione del Nobel per la pace nel 1964, King diventa un leader mondiale.
Ne 1968 è a Memphis nel Tennessee per organizzare manifestazioni di appoggio agli spazzini neri della città che rivendicano il diritto di iscriversi a un sindacato. Il 4 aprile viene assassinato. Giusto in tempo per impedirgli di dare vita alla "Grande marcia di emancipazione dei poveri attraverso l'America" che aveva organizzato per l'estate a Washington: come atto provocatorio, proprio davanti alla Casa Bianca avrebbe fatto costruire una baraccopoli. Che il presidente veda come vivono milioni di americani! Si era convinto che era giunto il tempo di trasformare la lotta per i diritti civili dei neri in lotta per l'emancipazione economica di tutti, neri e bianchi. In dieci anni di campagne non-violente, King ha trasformato l'America e se stesso. Da nero che rivendica dei diritti, è divenuto un americano che lotta per migliorare il proprio paese. Non parla più a nome dei neri, parla da americano.
Nel suo ultimo articolo dice: "Le condizioni dei poveri peggiorano; i posti di lavoro diminuiscono; le scuole si rivelano sempre più inadeguate; le cure mediche sono inaccessibili per milioni di poveri... Gli americani sono infettati dal razzismo, ecco il pericolo. Ma paradossalmente essi sono anche contagiati dagli ideali democratici, e questa è la speranza. Mentre essi fanno del male, hanno anche il potenziale per fare del bene. Por fine alla miseria, estirpare il pregiudizio, liberare una coscienza tormentata, creare un domani di giustizia, tutto ciò è degno dell'ideale americano".
La nonviolenza non è solo una tecnica
Fra i tanti insegnamenti, a me pare che King ci lasci soprattutto una scrupolosa attenzione al metodo usato nelle lotte. Per educare i neri a viaggiare sugli autobus integrati, senza accettare le provocazioni King organizza un capillare lavoro nelle scuole, facendo distribuire un volantino contenente "Suggerimenti per gli autobus integrati": "Non tutti i bianchi sono contro gli autobus integrati. Accetta la buona volontà che possa venire dalla parte di questi; sii calmo e amichevole; orgoglioso; ma non arrogante; gioioso ma non turbolento; parla il meno possibile e sempre con tono calmo; sii abbastanza amabile da assorbire la cattiveria e l'incomprensione al punto da volgere il nemico in amico".
La disobbedienza civile del movimento di King è dettata dall'amore non dall'odio. Per King è importante che il rigore nel metodo nonviolento sia mantenuto anche dopo l'abolizione della segregazione. Ma la sua nonviolenza non è solo una tecnica. È insieme mezzo e fine.
"E' probabilmente vero che molti dei neri non credevano nella nonviolenza come filosofia di vita, ma a causa della loro fiducia nei propri dirigenti e del fatto che la nonviolenza era loro presentata come pura espressione di cristianesimo in atto, essi erano disposti ad usarla come tecnica. Certo, la nonviolenza nel suo vero senso non è una strategia che si possa usare semplicemente come espediente del momento; la nonviolenza è in prima istanza un modo di vita che l'uomo assume per la netta moralità delle sue esigenze. Ma pur ammesso ciò, la volontà di usare la nonviolenza come una tecnica è un passo in avanti. Per chi è andato così avanti in questo passo, è più probabile che adotti poi la nonviolenza come modello di vita".
Pur mantenendo gli stessi principi e la stessa fede, King ha saputo contestualizzare la nonviolenza gandhiana applicandola alla moderna società americana. Dopo l'11 settembre la speranza occidentale riparte da Martin Luther King.
Dal 1986, ogni terzo lunedì del mese di gennaio è giorno festivo in America, in onore di Martin Luther King che era nato il 15 gennaio dei 1929 ad Atlanta - ricorrenza la cui adozione è stata "spinta" anche da una celebre canzone di Stevie Wonder dedicata a King: Happy Birthday.
Quest'anno la commemorazione ha avuto un tono particolare. Circa mezzo milione di persone si sono date appuntamento a Washington per dimostrare contro la guerra in Iraq. Sono venute da 200 città rappresentando gruppi, età e diversi strati sociali. Il tono veniva dato da un grande pannello che apriva il corteo con la famosa frase di King: "Ci sono momenti in cui il silenzio è un tradimento". Il Washington Post l'ha definita la più grande manifestazione contro la guerra dal tempo del Vietnam.
Matilda Johnson, una delle responsabili dell'organizzazione, commenta: "Dobbiamo richiamare alla nostra mente gli insegnamenti di Martin Luther King. No alla guerra. Dobbiamo gridare che questa guerra come tante altre guerre nel mondo sono sbagliate, ingiuste e discutibili."
Ad Atlanta, proprio dalla stessa chiesa di cui King fu guida spirituale, il pastore Joseph Roberts tuonava davanti alla sua gente: "Abbiamo imparato niente da quest'uomo di pace?". La moglie di King, Coretta Scott, rivolgendo un appello per chiedere la pace anche a nome e in memoria del marito, dichiarava: "La guerra non è strumento idoneo a costruire un futuro di pace; dobbiamo perseguire fini di pace con strumenti di pace e, come disse Martin, la pace non è assenza di tensioni ma anche presenza di giustizia".
(da Nigrizia, luglio/agosto 2003)