I Dossier

Domenica, 29 Agosto 2004 21:46

Guerra, avventura senza ritorno

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di Vittorio Citterich

Giovanni Paolo II, la cui vocazione storica, sin dall’inizio del pontificato, sembra essere quelle di abbattere mura di divisione e costruire ponti di riconciliazione, ha indetto per il 5 marzo, mercoledì delle ceneri del 2003, una giornata di preghiera e digiuno per la causa della pace, ancora una volta minacciata da turbinosi venti di guerra verso l'Iraq, preannunciando una nuova "tempesta del deserto" come quella già duramente sperimentata nel l991. Già in quella drammatica occasione il Papa aveva ammonito contro il ricorso alla guerra, "avventura senza ritorno". E nel marzo del 2003, ha ripetuto essere "doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri, mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra".

UN'INUTILE STRAGE

Ancora una volta parole controcorrente mentre i discorsi dominanti, da una parte e dall'altra, derivavano tutti da un nefasto intreccio di logiche di guerra. Non è stata invero la prima volta che dalla cattedra di Pietro, dalla Chiesa esperte in umanità, sono discese parole controcorrente nell’epoca moderna.

Si può risalire a Benedetto XV, all'Europa sconvolta dalla prima guerra mondiale. La storiografia dei potenti consegnava ai posteri la memoria del conflitto con il titolo, assai retorico, di "grande guerra". Il Papa di allora, pensando invece ai popoli e specialmente ai poveri, lo chiamò assai più esattamente "un'inutile strage".

Pio XII, nell'agosto del 1939, nell'immediata vigilia della seconda guerra mondiale ammoniva che "nulla è perduto con la pace. tutto può esserlo con la guerra". Ben tre versioni del messaggio che il Papa avrebbe poi letto alla radio vaticana erano state preparate e personalmente dattiloscritte da un giovane prelato della Segreteria di Stato, Giovanbattista Montini (il futuro Paolo VI).

GIUSTIZIA, PANE, LIBERTA’

Pio XII esaminò e riesaminò il testo, apportando più d'una correzione a mano, prima di leggere alla radio quel drammatico appello ai microfoni della radio. Pur nella diversità delle situazioni storiche e nella distanza dei tempi è un testo che conserva una permanente ed intatta attualità di principi. "nulla è perduto con la pace. tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Ritornino a trattare (...). Ci ascoltino i forti, per non diventare deboli nell’ingiustizia. Ci ascoltino i potenti se vogliono che la loro potenza sia non distruzione ma sostegno per i popoli(...) Noi li supplichiamo per il sangue di Cristo, la cui forza vincitrice del mondo fu la mansuetudine nella vita e nella morte(....) E supplicandoli, sappiamo e sentiamo di avere con noi tutti i retti di cuore, tutti quelli che hanno fame e sete di giustizia, tutti quelli che soffrono già, per i mali della vita ogni dolore. Abbiamo con noi il cuore delle madri che batte con il nostro; i padri che dovrebbero abbandonare le loro famiglie; e gli umili che lavorano e non sanno; e gli innocenti su cui pesa la tremenda minaccia; i giovani cavalieri dei più puri e nobili ideali. Ed è con noi l’anima di questa vecchia Europa, che fu opera della fede e del genio cristiano. Con noi l’umanità intera che aspetta giustizia, pane, libertà, non ferro che uccide e distrugge. Con noi quel Cristo che dell'amore fraterno ha fatto il suo comandamento".

Appello, come si sa, inascoltato. Da cui lo scatenamento di una guerra terribile, cominciata con l'infame spartizione della Polonia fra Hitler e Stalin, sprofondata nell'abisso dell'olocausto dettato dal progetto demoniaco di sradicare dalla storia il popolo di Israele e le radici stesse del cristianesimo, conclusa, dopo milioni di morti, con le stragi nucleari di Hiroshima: e Nagasaki.

LA PAROLA DATA

"Alienum est a ratione, è fuor di ragione credere che, nell'epoca nucleare, la guerra possa servire a restaurare le giustizia", dirà nel 1963 la Pacem in terris di Papa Giovanni a cui è stata dedicata la giornata della pace del 2003. L'intero Concilio Ecumenico Vaticano II, del resto, è stato come una intensa giornata di pace che la Chiesa cattolica ha offerto al mondo. "Mai più la guerra!", griderà Paolo VI all'assemblea delle Nazioni Unite, aggiungendo che, con l'epoca nucleare, era ormai giunto il tempo della metànoia del cambiar mente per pensare in modo nuovo le vie della storia e il cammino dell'umanità. Papa Montini aveva lasciato per due giorni il Concilio per recarsi nella sede dell'Onu a New York. Di ritorno a Roma diceva all' assemblea dei Vescovi in San Pietro: "Ho predicato la pace a tutte le nazioni. E poiché la parola data impegna chi la proferisce ora tutta la Chiesa è impegnata ad agire ancor più decisamente per la pace".

Quella "parola data" a tutte le nazioni ha impegnato ed impegna tuttora il Papa che congiunge i nomi dei predecessori che hanno aperto e concluso il Concilio Ecumenico, Giovanni e Paolo. Con le parole e i gesti Giovanni Paolo II prosegue su una traccia che parte da lontano. Dalle Beatitudini, se si vuole. Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. "Siate le sentinelle della pace" ci ha raccomandato, invitandoci alle preghiera e al digiuno del 5 marzo 2003.

(da Rivista del volontariato, aprile 2003)

 

 

 

 

Letto 2868 volte Ultima modifica il Domenica, 18 Settembre 2011 19:34
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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