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Giovedì, 03 Giugno 2010 23:56

La speranza come liberazione (Desmond Tutu)

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La teologia della liberazione non è un semplice gioco intellettuale, né una pura elucubrazione: le questioni che tratta sono questioni di vita e di morte per coloro cui si rivolge.

«Coloro che ridicolizzano la teologia della liberazione affermano che i suoi seguaci sono dei grandi ingenui, immaginandosi che un miglioramento politico ed economico possa portare drîtti all'età dell'oro; mentre l'esperienza dimostra che la realtà è ben altra. I teologi della liberazione sanno bene che un nuovo oppressore viene spesso a sostituire quello che è stato appena eliminato e che le vittime di ieri diventano i dittatori di oggi. Conoscono anche la resistenza che la natura umana oppone al progetto di Dio e accettano la dottrina tradizionale del peccato originale. Ma essi credono che Dio vi ha portato rimedio con la vita e l'opera di Gesù.

La teologia della liberazione non è un semplice gioco intellettuale, né una pura elucubrazione: le questioni che tratta sono questioni di vita e di morte per coloro cui si rivolge. Si tratta di restituire alle vittime dell'oppressione il significato della loro umanità, del loro valore di persone, ricevuto da Dio, e di esorcizzare il terribile sentimento di non-valore e di odio di se stessi che una troppo lunga oppressione ha ingenerato nella loro anima. Allora questi schiavi non rimpiangeranno 'le cipolle d'Egitto', quando dovranno affrontare le dure esigenze della loro libertà ritrovata. La teologia della liberazione deve aîutarli a entrare in possesso della loro gloriosa eredità di figli di Dio, di un Dio che li vuole veramente liberi.

La teologia della liberazione chiede agli oppressi di non lasciarsi prendere dall'odio, dalla pietà verso se stessi e dall'amarezza; tutti sentimenti che sono tanto disumanizzanti quanto la persecuzione stessa (...).

La teologia della liberazione accetta volentieri di sottomettersi a un esame critico, non condotto in modo arbitrario, a partire da pregiudizi basati su una rispettabilità intellettuale immaginaria. Vuol aver diritto di cittadinanza tra le altre teologie ricevute nell'eredità multiforme della Chiesa. Nondimeno i suoi teologi si trovano impegnati in un compito troppo urgente per starsene ad aspettare l'approvazione dell'Occidente o di coloro che ne adottano ciecamente i 'criteri di ammissione'. No, il giudizio che noi ci auguriamo venga portato su di noi deve dipendere da altre norme. La nostra teologia è bîblica? È coerente con il Vangelo di Cristo? Cade in contraddizioni interne? È efficace? Se fallisce davanti a questi tests, merita di essere condannata senz'altro: sarebbe in effetti colpevole di aver offerto dei palliativi e non dei veri rimedi al popolo di Dio dolorosamente provato.

La teologia della liberazione fa parte integrante della lotta dei negri per la loro libertà; essa si sforza di aiutarli a essere fieri della loro qualità di uomini, a guardare gli altri negli occhi, a parlar loro faccia a faccia, e non come se dovessero farsi perdonare di essere Neri.

I teologi che parlano di giustizia e di equa distribuzione dei beni della terra sono spesso accusati, da persone 'religiose', di fare politica ed esortati a ricorrere piuttosto alla preghiera. Questa esortazione non manca di arroganza: suppone che noi non preghiamo, mentre anche noi incontriamo Gesù Cristo nella preghiera e nel raccoglimento, nello studio della Bibbia e nei sacramenti. Proprio questo incontro, anzi, ci costringe a parlare e ad agire come facciamo. Ciò che ci ispira è la fede, non la politica».

Desmond Tutu *

* vescovo anglicano del Sudafrica

(tratto da «La théologie de la libération en Afrique», volume collettivo che riporta gli Atti del seminario tenuto ad Accra, nel 1977 e pubblicati sotto il titolo: Libération ou adaptation? La théologie africaine s’interroge, L’harmattan, Paris 1979, pp. 200-202)

 

Letto 2837 volte Ultima modifica il Venerdì, 19 Aprile 2013 15:50
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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