Emmaus, nel mio progetto iniziale, è stato un Ostello della gioventù. Ma il Signore con me si è divertito a realizzare i suoi progetti. La casa che avevo affittato alla periferia di Parigi, a Neuilly-Plaisance, era troppo grande. In quel periodo (1947) ero presidente del Movimento Federalista Mondiale. Mi capitava quindi di incontrare molti giovani, di tutte le nazionalità, i più disperati nello scoprire, dopo la guerra, la diabolica realtà dei campi di concentramento e delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
Allora pensai che sarebbe stato opportuno dare a questi giovani la possibilità di incontrarsi; giovani i cui padri s’erano ammazzati in guerra, avrebbero potuto conoscersi e progettare insieme una nuova società. Il nome Emmaus mi venne spontaneo pensando all’episodio dei discepoli che impauriti, disperati fuggono da Gerusalemme perché sono stati delusi da Gesù in cui avevano riposto tutte le loro speranze... Giunti al villaggio di Emmaus, uno sconosciuto che si era unito a loro durante il cammino, a tavola spezza il pane... e in quel gesto riconoscono Cristo. E ritornano di corsa a Gerusalemme a raccontare a tutti che avevano visto il Maestro. Erano passati dalla disperazione all’entusiasmo. E ai giovani che continuamente riempivano l’ostello, spiegavo sempre il significato di quel nome e non perdevo occasione per parlare loro del cambiamento dei discepoli in fuga da Gerusalemme... Quello che io chiamo la "disillusione entusiasta".
Un giorno mi chiamano al capezzale di un uomo che, preso dalla disperazione, aveva tentato di suicidarsi, senza riuscirvi. Georges aveva ucciso suo padre in preda alla gelosia. Dopo 20 anni di lavori forzati nella Guyane francese, ritorna a Parigi e trova sua moglie che vive con un altro, con figli che portano il suo nome ma non sono suoi.
La sua unica figlia ventenne rifiuta di riconoscerlo. Davanti a quell’uomo, senza averci pensato prima, spontaneamente gli dico: "Georges, tu sei un uomo disperato e io non ho nulla da darti. Ma tu, prima di suicidarti, non potresti venirmi ad aiutare a costruire case per i senzatetto di Parigi?" Alla mia folle proposta, vedo il volto di Georges che cambia... Capisce di poter essere ancora utile a qualcuno. Accetta. In quel momento nasce la prima comunità Emmaus. Dall’incontro, quasi per caso, di un assassino suicida maldestro con un prete-deputato che costruiva illegalmente case per chi, altrimenti, era costretto a dormire nei cartoni sulle griglie del metrò di Parigi. Georges, quindici anni dopo, prima di morire mi disse: "Padre, quel giorno, quando ci siamo incontrati, ero talmente disperato che, qualunque cosa mi avesse dato, avrei ritentato il suicidio. Non mi mancava di che vivere. Mi mancavano valide ragioni per vivere". A Emmaus aveva trovato quella ragione: darsi da fare perché gli altri soffrano meno.
Qualche anno dopo l’incontro con Georges lasciai il parlamento rifiutando una legge "truffa". Come Georges, ero libero, ma senza soldi per continuare a mantenere 19 compagni ed a costruire le case per i senzatetto. Poi, grazie all’idea di alcuni amici, Emmaus cominciò a guadagnarsi da vivere e a procurarsi i soldi per le costruzioni, andando di casa in casa a raccogliere materiale usato che, selezionato ed aggiustato, veniva rivenduto nei mercatini dell’usato. Ancora oggi le nostre comunità di poveri continuano a mantenersi da sole, senza alcun sussidio né da privati né da enti pubblici.
Emmaus fa di più: quello che rimane dal beneficio del proprio lavoro di recupero e riutilizzo del materiale usato, viene investito in azioni di solidarietà in tutto il mondo. Questo è l’Emmaus che non ho "fondato" ma che, insieme a Georges e a tutti quelli che sono venuti dopo di lui, ho contribuito a realizzare. Un movimento debole, che si basa sui deboli e sugli scarti, ma che regge da oltre 50 anni, con 300 gruppi di "Georges e di Abbè Pierre" sparsi in 40 Paesi. Un movimento debole che, come disse un giorno uno dei miei primi compagni, si fonda sull’"infallibilità": "Quando si costruisce una casa per famiglie che dormono all’addiaccio, sappiamo che non ci si può sbagliare. Siamo infallibili".