I Dossier

Martedì, 24 Agosto 2004 20:45

Dire la speranza (P. Timothy Radcliffe)

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Dopo un anno sabbatico trascorso negli Stati Uniti "dove ho potuto vivere senza guardare in ogni momento l’orologio", l’ex Maestro generale dei domenicani, p.Timothy Radcliffe, continua a essere ricercato per conferenze e interviste in tutto il mondo per il suo spirito libero e la sua fedeltà alla Verità.

In una recente intervista apparsa sul quotidiano francese La Croix dal titolo "Offriamo la nostra sapienza a un mondo in fuga", p. Radcliffe ha riproposto per la Chiesa e la vita religiosa la sfida della presenza sui "luoghi di frattura" del mondo come metodo per annunciare oggi la speranza evangelica.

"L’11 settembre ero in Francia. Sono ancora ossessionato dalle immagini di quei disperati che hanno scelto di lasciarsi nel vuoto in una caduta verso la morte. Non ci si deve mai abituare a queste immagini di morte…Nello stesso tempo, mi lascia perplesso il messaggio che siano gli Stati Uniti a determinare d’ora in avanti chi siano i buoni e chi i cattivi, legittimare in questo mondo la logica del terrorismo e il circolo della vendetta, io credo che si debbano, al contrario, sviluppare maggiormente i contatti con il mondo musulmano".

Il p. Radcliffe è da sempre convinto della necessità del dialogo con il mondo musulmano "ben prima dell’11 settembre" e in particolare per i domenicani. "Da alcuni anni abbiamo iniziato a rinforzare il nostro impegno nel mondo musulmano, soprattutto al Cairo. Io stesso avevo chiesto ai miei superiori di poter raggiungere le nostre comunità in Pakistan. I recenti avvenimenti hanno rinforzato tale scelta. Non si deve assolutamente disertare il campo… Il dialogo va perseguito però anche in occidente, anche se non è per nulla facile. Inizia spesso dai piccoli gesti…".

Questo è un compito per la vita religiosa perché la sua missione è di "essere presente nei luoghi di frattura del mondo. È per questo che ho sempre avuto la preoccupazione di essere accanto a coloro che tra noi vivevano in contesti difficili. Per noi religiosi ciò si deve tradurre in una rinnovata pratica del voto di povertà. Mi dispiace non avere insistito troppo su questo punto, dato che siamo segnati dalla società del consumo. Sono sempre rimasto impressionato dalla libertà di parola e di rispetto che ispirano agli interlocutori coloro che vivono in modo radicale il voto di libertà. Allo stesso modo dobbiamo dare priorità al confronto e al dialogo. Ciascuno, al proprio livello, è chiamato ad aprire spazi di dialogo. Bisogna discutere dentro la Chiesa e nella società civile. Io amavo dire alla famiglia domenicana: la divergenza deve essere la specialità della casa".

Un appello al dialogo, quello di p. Radcliffe, che va fatto anche in Europa, dove crescono gli estremismi. "Si è – che noi viviamo in una cultura del sospetto. Tutta la società occidentale soffre di una crisi di fiducia. Cosa paradossale se si pensa che noi beneficiamo di una sicurezza sconosciuta ad ogni altra generazione…Tuttavia esiste un clima di sfiducia. Per un verso penso che questo sia giustificato anche da un sistema politico in cui ogni parte cerca di distruggere la fiducia nella parte avversa. I nostri leader politici sono sempre pronti a spiegarci che l’opposizione non è degna di fiducia, è bugiarda, corrotta… Ciò non fa altro che alimentare sentimenti di paura e insicurezza. In una simile situazione, è naturale che le persone cerchino soluzioni rapide e immediate, siano esse di destra o sinistra. Recentemente sono stato colpito dalle notizie di paura che hanno accompagnato i risultati elettorali di Le Pen alle presidenziali francesi. La trovo comprensibile e allo stesso tempo spiacevole. Se è la paura che porta voti a Le Pen, reagire con la paura al suo successo non può che rinforzare il clima che conduce alcuni a cercare soluzioni estreme. Dobbiamo rimanere calmi, senza per questo essere compiacenti".

Di fronte a chi rifiuta l’altro – continua p. Radcliffe – "si deve comprendere la ragione del rifiuto e immediatamente aiutare a scoprire il piacere di stare con persone diverse. Si può imparare a godere della differenza, ad assaporarla. La forza della ragione in questo però non basta. Per vedere si devono aprire gli occhi. Noi dobbiamo, dunque, imparare a vedere con i nostri occhi l’umanità, la bellezza degli "altri". "Credo esista nella Chiesa d’oggi una reale crisi di speranza. Sono molti, compresi sacerdoti e vescovi, coloro che sono scoraggiati e fatalisti. Ma tutta la storia della Chiesa è una storia di crisi della speranza. Dobbiamo passare attraverso questa crisi perché ciò che noi speriamo è al di là della nostra immaginazione, oltre ogni nostro sogno. Così Dio demolisce ogni "speranza" per condurci a una "speranza" più profonda. È come il crescere. Bisogna affrontare il dolore di lasciarsi dietro una tappa della vita (l’infanzia, l’adolescenza…) per giungere a una nuova. È una crisi, ma chi cresce ha sempre speranza.

La prima grande crisi di speranza della Chiesa è stata trent’anni dopo la risurrezione: Gesù non era ancora ritornato. Ciò ha generato una terribile incertezza, ma ha portato alla redazione dei vangeli, a una maggiore fede e a una più grande speranza. In effetti, ci dovremo preoccupare soprattutto quando non ci sarà più alcuna crisi di speranza! Noi abbiamo una nostra sapienza da offrire a un mondo in fuga. Tale sapienza considera il fine al quale noi siamo chiamati e libera dall’angoscia".

P. Timothy Radcliffe

 

Letto 3098 volte Ultima modifica il Martedì, 17 Aprile 2012 09:15
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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