Le credenze definiscono le appartenenze
Quel che è lontano, quando resta lontano, viene percepito, sì, come estraneo, ma non suscita problema e spesso non ci si rende neppure conto della sua esistenza. Il diverso può configurarsi come il nemico quando si accosta – o lo si accosta – e non c’è da meravigliarsi se l’interagire di forme di vita tra loro distanti desti reciproci sospetti. Tutto ciò attiva confronti, ma da luogo – come spesso si constata – a scontri. L’impatto tra mentalità differenti non genera di per sé mediazioni spontanee e meno che mai “fusione di orizzonti”, specie quando gli uomini entrano in contatto tra loro in tempi accelerati, o comunque, relativamente brevi, e soprattutto spinti da cause di forza maggiore. Questo produce effetti di rimbalzo, reciproci rifiuti che liberano tensioni e che tutto sono, tranne discussioni astratte o dispute colte. L’incontro/scontro tra forme di vita diverse – e perciò tra i diversi codici morali – genera conflitti anche se l’esito può essere fecondo.
Questa preliminare riflessione (…) ha la precisa intenzione di ricordare che le “credenze” definiscono le appartenenze e le convinzioni motivano le azioni. Questo regola sia i mondi religiosi che quelli che non sono riconoscibili come tali. E ciò perché gli uomini sono allocati entro universi di credenze che ne definiscono l’identità: in primo luogo credono e basta, il resto segue. A nessuno, infatti, è consentito dimettere l’abito di certezze in cui, indipendentemente dalla sua volontà, si è venuto a trovare: sarebbe come uscire dalla propria pelle. Da questo punto di vista, tutti – religiosi e no – sono, in senso lato, credenti e lo sono per quel tanto che agiscono – e non possono fare diversamente – a partire da convinzioni a loro preesistenti. Di fatto tutti assumono come vero quel che è abituale anche se non dimostrato: solo movendo da questa condizione preliminare di certezza possono permettersi di sollevare riserve, d’interrogarsi circa la plausibilità di ciò di cui sono persuasi e magari anche la sua razionalità.
Salvatore Natoli
(da Salvatore Natoli, Il cristianesimo di un non credente, Ed. Qiqajon, Magnano, 2002, pp. 24-26)