I Dossier

Domenica, 11 Giugno 2006 21:11

Un’associazione di volontariato impegnata nell’intercultura e nella promozione di percorsi di pace (Maria Teresa Tavassi)

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L'esperienza vissuta a contatto con persone immigrate in un Centro di ascolto della Caritas di Roma, nell'ostello, ma anche in servizi sociali pubblici, nel mondo del lavoro, in paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina nella cooperazione o in missioni operative di ONG, ha sollecitato un gruppo di persone a riflettere su questi temi, sulle contraddizioni che caratterizzano la società e a voler fare qualcosa per promuovere i diritti umani, i valori della solidarietà della giustizia e della pace, per vivere la città con persone immigrate in modo creativo e solidale.

La Lucerna.

Laboratorio interculturale

Nel 2001 è nata l'associazione di volontariato La Lucerna. Laboratorio interculturale. Essa vuole essere: luogo di incontro, di conoscenza e di scambio tra culture diverse; scuola di accoglienza, di dialogo, di solidarietà; laboratorio sperimentale di arti e mestieri antichi e nuovi; esperienza di scoperta di un lavoro originale e creativo; opportunità di affermazione dei diritti sociali e di sviluppo delle risorse umane.

La disponibilità di una congregazione religiosa, i padri Clarettiani, che ha offerto come sede i locali sotto la chiesa di S. Lucia del Gonfalone, nel centro storico di Roma, ha permesso di avviare alcune attività.

La prima iniziativa è stata di tipo artigianale. Sono nate scuole e laboratori di cucito, macramé, cartonnage e legatoria, dove persone immigrate e italiane insieme si ritrovano per imparare questi mestieri, ma ancora più per riscoprire il valore dello stare insieme, del ricostruire relazioni con se stessi e con altri, ritrovare capacità e doni spesso sopiti, da mettere in luce e renderli disponibili ad altri.

Il lavoro manuale permette di parlare e di ascoltare, raccontare e raccontarsi, stare insieme con un progetto comune, sentire musica di vari paesi, fare amicizia, scoprire caratteristiche di terre lontane, valori comuni, rigettare pregiudizi e, di tanto in tanto, fare festa insieme, gustando cibi diversi preparati dalle donne, e guardando alla gioia dei loro bambini sempre presenti in questi momenti.

Il gusto del raccontarsi ha fatto maturare un'altra iniziativa. Si è pensato di mettere insieme fiabe di diversi paesi, raccontate dalle persone immigrate, con narrazioni, disegni, pitture. Ne è scaturito un libro «Un ponte di fiabe», con una sessantina di racconti da 27 paesi. Il ponte rappresenta il collegamento tra realtà anche lontane, la voglia di incontrarsi, senza pregiudizi e barriere, vissuta da persone di etnie, lingue, religioni diverse, per realizzare insieme qualcosa per la società che le ha accolte. Il libro è stato poi riletto da Giuliana Martirani, che ha evidenziato per ogni fiaba conflitti e modi per superarli, sensibilizzando anche l'associazione a riflettere sul tema della pace.

Altre iniziative sono state realizzate, come la presentazione di fiabe in alcune scuole pubbliche materne, elementari e medie, a opera di alcune donne immigrate, chiamate da insegnanti sensibili ai temi dell' accoglienza e della pace, allo scopo di diffondere l'educazione all'intercultura attraverso la voce di persone portatrici di culture diverse.

L'avvento nel nostro gruppo di alcune giovani donne del Servizio civile, secondo un progetto pilota promosso da Caritas italiana e Azione cattolica italiana, ha sollecitato maggiormente il gruppo e ha stimolato a coniugare l'ottica dell'intercultura con quella dell'educazione alla pace attraverso il servizio.

In questi anni si è cercato di lavorare in collegamento con altre realtà impegnate in servizi alle persone, quali: case famiglia, centri accoglienza rifugiati, ostello, mensa, case per donne vittime di violenza, comunità di accoglienza per mamme e bambini, in quanto i responsabili di tali servizi segnalano persone desiderose di incontrarsi, stare insieme, imparare qualcosa. Si sono inoltre tenuti collegamenti con i servizi pubblici del territorio e con altre realtà di solidarietà, giustizia e pace, italiane e internazionali, allo scopo di aprirsi a situazioni diverse.

Attualmente i progetti in corso sono diversi: oltre i laboratori artigianali in atto, una raccolta di storie su arti e mestieri dei paesi di provenienza delle persone immigrate; una serie di conferenze realizzate da persone africane su alcuni paesi dell’Africa centrale con un'esposizione di oggetti antichi; un laboratorio di educazione alla pace; diversi interventi nelle scuole per educare i bambini all'intercultura; l'avvio di un laboratorio di cucito che progressivamente inserisca alcune giovani nel mondo del lavoro e le renda autonome. Questi ultimi progetti hanno ricevuto piccoli contributi dal comune di Roma e dalla provincia, dalla regione e da Caritas italiana.

Criteri che hanno orientato il servizio

I criteri che hanno guidato il cammino in questi primi tre anni non possono essere considerati punti acquisiti, ma obiettivi ai quali tendere e non ancora raggiunti completamente. La flessibilità degli interventi è maturata dall'ascolto delle persone, della realtà e delle situazioni in continuo mutamento, dalla ricerca di modalità nuove per raggiungere gli obiettivi.

Il primo criterio è stato quello di offrire un punto di incontro, una casa, una famiglia, dove stare bene insieme e, insieme, imparare a fare qualcosa di utile per sé e per gli altri (tagliare e cucire, ricamare, rilegare libri. ..), avere anche momenti di festa dove provare i cibi dei diversi paesi. Ma il costituirsi punto di incontro non è una necessità di quanti sono già inseriti in una rete di amicizie, parentela, vicinato e di solidarietà. Quindi, le persone accolte sono state quelle provenienti da case famiglia per donne. e bambini, centri di ascolto per immigrati, strutture di accoglienza per richiedenti asilo, ambulatorio della Caritas. ..Si è fatta una scelta preferenziale dei «più poveri», di coloro che non hanno per il momento possibilità di accesso ad altri servizi e di accompagnarli fino a quando ne hanno bisogno. Si è cercato, inoltre, di lavorare insieme, non «per» le persone immigrate, ma piuttosto «con» loro, nei laboratori, nella raccolta di fiabe, negli incontri nelle scuole, dove sono loro le protagoniste dei racconti ai bambini. È come un cammino che si accompagna passo dopo passo, scoprendo risorse e doni e cercando di offrire opportunità perché queste possano essere valorizzate e si acquisti quella sicurezza necessaria per camminare in modo autonomo ed essere protagonisti della propria vita.

Un secondo criterio, di metodo, è relativo al lavoro in rete, sul territorio. Si sono stabiliti rapporti con i servizi della Caritas diocesana - centro di ascolto, ambulatorio, mensa... - di congregazioni religiose - case famiglia, comunità alloggio, centri di prima e seconda accoglienza... -; con gruppi di volontariato del privato sociale - servizi di cathering etnico, centri di tutela dei diritti, sportelli informativi; con i servizi pubblici del territorio - municipi, provincia di Roma, regione, scuole pubbliche e parificate...; con altre realtà locali, come commercianti, associazioni artigiane della zona, mercatini locali, persone amiche, che offrono materiali utili al lavoro di cucito o di cartonaggio o che facilitano l'esposizione dei prodotti o altro. Con le istituzioni pubbliche si cerca di mantenere un rapporto di collaborazione chiaro e libero da condizionamenti, per potere esprimere pareri anche difformi, svolgere un' azione di stimolo se serve, affinché i servizi alle persone siano in grado di rispondere con efficienza e tempestività alle domande e alle attese di «coloro che fanno più fatica».

I contatti con altre realtà del territorio nazionale permette di lavorare in rete, orientando le persone ad altri servizi educativi, sociali e sanitari, chiedendo materiali che non riusciamo a produrre e che ci sono stati richiesti da altri, facilitando l'incontro tra persone e gruppi, chiedendo aiuto a una rete di amici in momenti di necessità, quando si accoglie una persona e non si è in grado di affrontare situazioni complesse...

Questo metodo consente di lavorare insieme con gli altri, di cercare ciò che unisce superando ciò che può dividere, cercando di costruire ponti piuttosto che mura, legami piuttosto che contrapposizioni, nella certezza che ognuno ha bisogno degli altri, che insieme si costruisce un futuro diverso basato sui valori della cooperazione e della condivisione e nella convinzione che l'interdipendenza sia un valore da potenziare; e anche, principalmente, per diffondere la cultura dell'accoglienza, della solidarietà, del buon vicinato, attraverso la conoscenza di persone immigrate, dei loro valori e della cultura di cui esse sono portatrici.

Il terzo criterio è relativo a una duplice contemporanea esperienza, quella dell'impegno nel locale, con uno sguardo sempre fisso verso il mondo, con le sue contraddizioni, con le ingiustizie che affliggono tanti paesi, con le guerre e le violenze di cui molte persone sono vittime, con l'urgenza di lasciare i propri paesi, per tante persone, che affrontano rischi enormi per cercare di approdare verso terre diverse.

Da questo criterio scaturiscono le adesioni a movimenti nazionali e internazionali o forme di solidarietà verso altri popoli, la partecipazione a importanti iniziative e manifestazioni.

In particolare, l'adesione a Libera che opera contro le mafie, alla Rete Lilliput che unisce piccole iniziative di solidarietà, di attenzione alla giustizia e alla pace, attraverso contatti con Pax Christi e Cipax, alla Fondazione Risorsa Donna, che offre microcrediti alle donne che vogliono avviare piccole iniziative commerciali, a un gruppo «Sindyanna of Galilee», costituito da israeliani e palestinesi, che produce diversi prodotti con olio di Nablus, dal quale si acquistano annualmente saponette da inserire in sacchetti di stoffa fatti nei laboratori dell'associazione, per offrirli in occasione di convegni, mostre e altro, in cambio di offerte per le iniziative portate avanti.

L'adesione al Commercio equo e solidale è la scelta di un principio di giustizia e solidarietà che dovrebbe guidare la vita, dall'acquisto di un prodotto, al boicottaggio di un altro, a seconda che sia la trasparenza o la non chiarezza, la giustizia o l'ingiustizia a orientare il lavoro del produttore.

Inoltre l'attenzione alla pace e l'educazione alla pace costituiscono un aspetto fondamentale, da acquisire sempre più; da diffondere tra le persone; da promuovere e potenziare con l'accoglienza di ragazze del Servizio civile e nel loro rapporto con le donne immigrate; e da proporre poi a educatori e animatori di centri sociali, centri estivi per bambini e giovani, agenzie educative.

Un quarto criterio consiste nella pedagogia dei fatti e nello stile di servizio. Nell'Associazione nessuno pensa di insegnare qualcosa agli altri, ma di apprendere gli uni

dagli altri; si cerca di vivere alcuni principi e di portarli avanti stando accanto alle persone, camminando insieme, chiedendosi non tanto «che cosa posso fare per loro?», ma piuttosto «dove sono le ragazze, le donne con le quali oggi lavoriamo o trascorriamo un po' di tempo» - come è stato detto dalle ragazze del servizio civile dell'anno 2003-2004.

La presenza in un laboratorio o in un corso di cucito, nelle scuole elementari e medie, nelle case famiglia per minori o per le donne vittime della tratta o di altre forme di violenza o agli arresti domiciliari è questo, è uno stare insieme, fare amicizia, essere disponibili, cosa che non verrà meno anche dopo il servizio civile.

E anche tra le donne e le giovani immigrate o tra i bambini si svilupperà questa attenzione agli altri, lo spirito di servizio, che caratterizzerà la vita futura e si manifesterà con piccoli gesti, vissuti nella quotidianità, dall'accompagnamento del figlio della vicina a scuola, alla visita alla persona malata...

Il servizio non è quindi qualcosa di separato dalla formazione al servizio e alla pace, ma è scuola di vita perché nel servizio e nella riflessione che si fa su di esso, negli scambi tra esperienze diverse, nasce la consapevolezza di uno stile di vita sempre più improntato al servizio.

Un altro criterio guida alcuni membri dell' Associazione: è la Parola di Dio a guidare i passi giorno per giorno; è l'Eucaristia a dare la forza necessaria per andare avanti nella certezza che il Signore ha amato per primo; ha colmato ogni persona di tanti doni; parla attraverso i piccoli e gli umili, che diventano i Maestri; è presente in loro e agisce in ogni persona di ogni religione; unisce noi ai nostri cari che ci hanno offerto la loro testimonianza di vita e il loro amore quali doni gratuiti e che ci accompagnano ancora nel nostro cammino. La testimonianza della carità diventa un modo connaturale per vivere la fede nella quotidianità e dare gratuitamente con gioia quanto si è ricevuto, nella certezza che donando gratuitamente molto più si riceve dagli altri.

Maria Teresa Tavassi

(da Orientamenti pastorali, 3, 2005)

Letto 3970 volte Ultima modifica il Domenica, 31 Gennaio 2016 21:26
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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