Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input
Lo Spirito Santo.
Il "rifinitore"
di Giordano Frosini
Convertirsi alla pace
di Marcelo Barros
«Dobbiamo noi essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo» (Gandhi). Classico momento forte di metanoia, o cambiamento interiore, il quaresimale cammino verso la pasqua è per molti cristiani un'occasione di riflessione e di nuovi proponimenti.
Deve, però, anche essere l'occasione per verificare fino a che punto i vari messaggi di solidarietà e di pace che essi oseranno lanciare in pubblico sapranno influenzare il loro processo di conversione, sia personale che sociale.
Le succitate parole di Gandhi mi sono tornate alla mente, quando i vescovi brasiliani hanno lanciato la Campagna di fraternità 2005 che inizierà il prossimo mercoledì delle Ceneri. Quest'anno, la tradizionale iniziativa quaresimale cattolica sarà, per la seconda volta, "ecumenica", perché promossa anche da altre 7 denominazioni cristiane che fanno parte del Consiglio nazionale delle chiese cristiane del Brasile. Il tema sarà "Solidarietà e Pace". Mi domando: trascorreremo 40 giorni gridando "Viva la pace e la solidarietà", oppure trasformandoci in facitori di pace e creatori di solidarietà? La differenza è abissale.
Una campagna in favore della pace è oggi più che urgente in Brasile. L’Onu ha posto la nostra nazione al quarto posto per numero di omicidi per arma da fuoco. Nel dicembre del 2005, il parlamento ha approvato lo Statuto del disarmo, firmato dal presidente Lula: una legge che rende più difficile comperare e possedere un’arma. Dal luglio scorso, inoltre, il Governo ha lanciato una campagna nazionale di disarmo, con l'intento di togliere le armi dalle mani dei cittadini, i quali ricevono un compenso in denaro per ogni arma consegnata. L'iniziativa ha avuto un sorprendente successo: si parla di una riduzione di omicidi (30%) e di incidenti per arma da fuoco (50%) in tutto il paese. Tra qualche mese, i brasiliani dovranno pronunciarsi, attraverso un referendum, sul divieto di commercio delle armi e munizioni. Potenti lobby - sostenute dai fabbricanti e commercianti di armi - si sono mobilitare contro l'approvazione definitiva della legge. Il loro argomento è il seguente: «Il governo dovrebbe disarmare i banditi, non i cittadini che hanno armi solo per difendersi». Una sorta di ideologia della "violenza preventiva ": mi armo, sì, ma soltanto per prevenire la violenza. Intanto, però, i sondaggi rivelano che moltissime delle armi acquistate o possedute legalmente finiscono nelle mani di gang di spacciatori di droga.
Questo bisogno di armarsi per prevenire la violenza è allarmante... e avvilente. Davanti al rischio di essere una vittima, la persona si arroga il diritto di fare vittime. È la versione – un po’ ridotta, quasi a dimensione familiare – della "guerra preventiva" del presidente americano George W. Bush, dove la giustizia veniva risolta a suon di sparatorie.
Nella divisione del mondo in gente per bene e di buona famiglia, da una parte, e banditi reali o potenziali, dall'altra, è ovvio che gli unici ad avere il diritto (e il merito) di vivere sono i primi. Questa logica mortale viene seguita in varie parti del mondo. In Honduras, ad esempio. in un rapporto su questa nazione, il quotidiano francese Le Monde del 14 dicembre scorso riportava che, negli ultimi cinque anni, con il beneplacito di molti benpensanti, sono stati «eliminati come banditi ben 2.725 minori, alcuni tra i 3 e i 5 anni». Ma come si può guardare a un bimbo come a un "potenziale bandito"?
Nel messaggio del Papa per la celebrazione della Giornata mondiale della pace (10 gennaio 2005) è affermato:
«Per conseguire il bene della pace bisogna, con lucida consapevolezza, affermare che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi. La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani. È pertanto indispensabile promuovere una grande opera educativa delle coscienze, che formi tutti, soprattutto le nuove generazioni, al bene».
Mi auguro che il cammino quaresimale verso la celebrazione pasquale della vittoria della vita sulla morte ci immerga tutti in una "campagna mondiale di disarmo", per fare emergere dalla tomba una cultura di pace e di non violenza attiva. Solo così ognuno di noi potrà pronunciare per il suo vicino questa antica benedizione irlandese:
Che il cammino sia lieve ai tuoi piedi
E la brezza soave alle tue spalle.
Che il sole illumini il tuo volto
E le piogge cadano serene sui tuoi campi.
Fino a quando ti rivedrò di nuovo,
Dio ti protegga
nel palmo della sua mano.
(da Nigrizia, febbraio 2005)
Le Chiese dell'oriente cristiano
IV. Chiesa Ortodossa Etiopica
di Mervyn Duffy
I due decaloghi nella Bibbia
di Olivier Artus *
VI. La "Donna" dell'apocalisse
di Alberto Valentini
Per tendere verso un approccio interculturale più positivo è importante prendere coscienza delle proprie zone sensibili e accostarsi delicatamente a quelle del proprio interlocutore.
Chiesa Ortodossa Greca
Il ripristino del diaconato femminile
di Phyllis Zagano
L'annuncio morale cristiano si presenta come universale, e non potrebbe fare altrimenti, essendo l'espressione umana di una Revelata Veritas. Proprio per questo non può e non deve identificarsi con alcuna cultura.
A 40 anni dall’Unitatis Redintegratio
Un cammino tra ombre e luci
di Brunetto Salvarani
Quale sarà il futuro del movimento ecumenico? Il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, nel tracciare un bilancio del cammino ecumenico a 40 anni dal decreto conciliare Unitatis Redintegratio (= UR) promulgato da Paolo VI il 21 Novembre 1964 dalla quasi unanimità dei padri conciliari, ha mostrato una grande fiducia nel futuro. L’occasione per la valutazione è stata costituita da una Conferenza internazionale tenuta a Rocca di Papa (Roma) dall’organismo vaticano non solo per celebrare adeguatamente l’anniversario, ma anche per interrogarsi sulle nuove prospettive del dialogo tra le confessioni cristiane, oggi. Durante quell’incontro è stato confermato il carattere di caso serio da assegnare all’ecumenismo, nella consapevolezza – come ha rilevato Kasper – "che la divisione dei cristiani è uno degli ostacoli più gravi per l’evangelizzazione alla quale siamo chiamati".
A dire la propria, a Rocca di Papa, c’erano anche, opportunamente, le voci degli altri, dal metropolita di Pergamo, Johannis Zizioulas, del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, al professor Geoffrey Wainwryght, del Consiglio Metodista Mondiale, per le Chiese della Riforma. Il pastore e teologo Paolo Ricca nel confermare una valutazione largamente positiva ha posto alcuni interrogativi a partire da esso: "L’UR ha avuto la grande intuizione di proporre la Trinità come modello dell’unità, fornendo di quest’ultima un’immagine dinamica e non uniformante. Le diversità delle chiese possono essere definite il segno della ricchezza dello Spirito, carismi affidati a ciascuna di esse? Molto si è parlato dei peccati contro l’unità, ma allo stesso modo andrebbero esaminati quelli contro la diversità".
Significato di ecumenismo
Qual è il significato della parola ecumenismo? Per i geografi greci dell’antichità ecumeneoichumène = abitata, sottinteso ghè = terra). Dietro ad esso c’è in ogni caso il riferimento all’oikos, nel senso di casa, abitazione. Nel medesimo ambito semantico si colloca la parola "ecumenismo", che il Vaticani II descrive così: "Per movimento ecumenico si intendono le attività e le iniziative che, a seconda delle varie necessità della chiesa e l’opportunità dei tempi sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani…" (UR 4). Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugina e, all’epoca, Presidente del Segretariato per l’Ecumenismo e il Dialogo della CEI, evidenziava che "la parola ecumenismo vuol dire ricerca insieme della casa comune". designava la parte abitata della terra (dal participio
Ma non dobbiamo stancarci a domandarci in quale direzione si sta movendo, oggi, l’ecumenismo, anche se rispondere è davvero difficile. Contro coloro che affermano che l’ecumenismo è paralizzato, Kasper dice che preferisce parlare di uno stadio di maturazione e di un necessario chiarimento.
L’ecumenismo, oggi, lo si potrebbe paragonare al movimento del pendolo il cui moto ondulatorio rimanda ad un percorso permeato di ombre, ma anche di luci. Un clima inasprito, negli ultimi anni, del cupo risorgere di piccole patrie ed etnocentrismi, chiusure identitarie che rilanciano sul presunto scontro di civiltà, conflitti interreligiosi,fondamentalismi e integralismi di ogni risma oscurano il dialogo. È, però, innegabile come il secolo appena concluso ha fatto registrare indubbi passi avanti.
Situazioni apertamente critiche
Rinunciando a stilare un elenco di situazioni apertamente critiche ci limitiamo a riandare ad un caso emblematico quanto spinoso: le relazioni cattolico-ortodosse in Russia. Nel febbraio dell’anno scorso il cardinal Kasper si è recato a Mosca, dopo un periodo di fortissime tensioni, culminato con l’elevazione, da parte cattolica dello status di diocesi delle quattro amministrazioni apostoliche già erette in quel paese. [Le accuse di parte ortodossa sono di tenere un atteggiamento uniatista in Ucraina e quella di svolgere un’azione di proselitismo nel territorio canonico dell’Ortodossia]. Secondo il resoconto del cardinale l’esito della visita è stato positivo ed effettivamente ha segnato la ripresa del dialogo. Al Patriarca Alessio II egli ha comunicato la volontà di voltare pagine perché: "… l’Europa, il mondo non hanno bisogno delle nostre divisioni, ma della nostra unità". Di ritorno, Kasper ha ammesso che "vi è certamente una responsabilità preminente della chiesa cattolica in campo ecumenico. Non solo perché siamo la chiesa più grande (…), ma per la concezione ecclesiologica che abbiamo maturato".
Unità nella diversità
Per una valutazione equilibrata della situazione va ribadito che il cammino ecumenico non consiste in un viaggio verso l’ignoto, non vuol causare né un assorbimento reciproco, né una fusione; non dovrebbe produrre uniformità, ma unità nella diversità e diversità nell’unità.La via dell’incontro ecumenico è giovane e non deve essere frettolosa. Solo con l’UR al n. 7 nella Chiesa cattolica si delineano i tratti primari di un atteggiamento autenticamente ecumenico: "conversione interiore, rinnovamento nello Spirito, rinuncia a se stessi, sincera abnegazione, umiltà di servizio, generosità fraterna".
Accanto all’UR una serie di altri eventi hanno caratterizzato il cammino:
Un ecumenismo di stile
Fra gli indizi che lasciano ben sperare c’è la novità delle chiese locali, centri studi e comunità a ribadire che le parole d’ordine dell’incontro tra le fedi cristiane saranno meno squisitamente teologiche e più spirituali.
Un autentico specialista, don Piero Coda, così si esprime in merito: "non vorrei venissero moltiplicate le commissioni, le strutture. Prima di tutto penso a uno stile. Lo stile tocca la sostanza: uno stile ecclesiale di ascolto, di partecipazione, di corresponsabilità, diventa di per sé unvito allo scambio, all’apertura, e produce luoghi do formazione adeguata".
Lo evidenziava lo stesso Giovanni Paolo II nella Ut Unum sint:"Il movimento a favore dell’unità dei cristiani non è soltanto una qualche appendice, che si aggiunge alla tradizionale attività della Chiesa. Al contrario, esso appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione" (n. 20).
B. Salvarani, Un cammino tra ombre e luci. A quarant’anni dall’Unitatis Redintegratio, in "Testimoni", 1 (2005), pp. 7-10. Riduzione di Cesare Filippini.