Formazione Religiosa

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Domenica, 19 Giugno 2005 21:23

Lettera per la pace (Ernesto Sábato)

Lettera per la pace
di Ernesto Sábato


 



Cari bambini:

Vi siete già resi conto di come il potere vince, di come gli uomini uccidono per il potere.
Vi siete già resi conto, l'avete visto in televisione, delle atrocità dei bombardamenti, dei massacri, della miseria, dell'orrore che la guerra reca a chi la subisce.
Sapete anche che altri bambini come voi vedranno morire di dolore i loro genitori, i loro fratellini. Ma questo al potere non interessa.
Sapete anche che milioni e milioni di uomini e donne hanno manifestato per le strade di tutto il mondo il loro desiderio di pace, la loro opposizione a questa guerra. E anche questo sembra non interessare al potere.

Allora, davanti alla gravità della situazione in cui viviamo, il messaggio che voglio comunicarvi è il seguente: dobbiamo rimanere saldi nella convinzione di non accettare e di non rassegnarci alla guerra.
Dobbiamo mantenere accesa nell'anima, cari bambini, la fiammella di questo dolore dell'umanità, ed esservi fedeli.
Se sapremo tener ferma questa determinazione, sarà incrollabile.
Potranno fare la guerra, ma dovranno sapere che sono assassini, che così li chiameranno i bambini di tutto il mondo.

L'amaro presente col quale ci dobbiamo confrontare esige che le nostre parole, i nostri gesti, la nostra opera si consacrino, come autentico compimento della nostra più alta vocazione, a manifestare l'angoscia, il pericolo, l'orrore, ma anche la speranza, il coraggio e la solidarietà degli uomini.
In questa terribile situazione, ogni uomo e ogni donna, ma anche voi, bambini, siete chiamati a farvi portavoce del grido di dolore di migliaia di persone, le cui vite stanno per essere ridotte al silenzio attraverso la violenza delle armi.

E' ormai evidente che coloro che detengono il potere prendono decisioni diverse dal sentire dell'umanità, scatenando guerre atroci - con macabra ironia definite umanitarie - contro popoli abbandonati a se stessi.
Davanti a questi fatti, davanti alla violenza e alla morte dei nostri fratelli, dobbiamo resistere per proteggere quella dimensione assoluta in cui la vita e i valori sono elementi insostituibili, l'unica che dà la misura della grandezza umana.

In tutte le lingue, 'pace' è una parola suprema e sacra, espressione del desiderio di Dio per gli uomini. Il desiderio di un regno di pace e giustizia; pace e giustizia che siamo qui a chiedere e testimoniare.


Testo letto il 25 marzo 2003 da Ernesto Sábato davanti a 2000 bambini delle scuole pubbliche di Buenos Aires, riuniti nello Stadio de Obras Sanitarias per manifestare a favore della pace.

Traduzione dallo spagnolo a cura di Luciana Barcina/Andrea Grechi (Traduttori per la pace)

La fondamentale acquisizione della Sacrosanctum concilium, accanto alla natura ecclesiale della liturgia in quanto azione di Cristo e di tutto il suo popolo, che è la chiesa concentrata nell'assemblea celebrante, è sicuramente quella della liturgia come celebrazione del mistero pasquale (1).

Nella storia della spiritualità la parabola del fariseo e del pubblicano (Lc 18,9-14)  costituisce uno dei riferimenti più classici per invitare a seguire la  via dell'umiltà, abbandonando quella dell'orgoglio. Anche san Gregorio  Magno (540-604) si inserisce, con equilibrio e intelligenza, in questa  tradizione.

La gloria di Dio è l'uomo che vive, è vivo l'uomo formato dalle due mani di Dio: il Verbo e lo Spirito Santo.

La Bibbia immaginaria
del "Codice Da Vinci"

Domande rivolte a Daniel Marguerat (professore di Nuovo Testamento alla facoltà teologica dell’Università di Losanna) da Anne Soupa (redattrice capo di Biblia).

 

D. Quali sono le sue prime impressioni su questo romanzo?

R. Debbo dire, innanzi tutto, di aver letto con piacere il romanzo "Il Codice da Vinci". Dan Brown è un buon narratore e nella sua opera vi è quel tanto di credibile e di inverosimile che serve per caratterizzare un romanzo di questo genere, e questo spiega il suo successo. Ma, trattandosi di un genere particolare e difficile come il romanzo storico (ammettendo che la definizione sia appropriata) io mi pongo alcune domande.

Innanzi tutto,di fronte all’affermazione che l’autore fa "tutte le descrizioni sono documentate e non sono frutto di fantasia" si rimane sconcertati; questa affermazione non risponde a verità, perché al di là delle molte libertà che l’autore si prende e che si possono accettare, Dan Brown commette degli errori madornali dal punto di vista storico, che nessuno studioso può far passare sotto silenzio. La sua dichiarazione iniziale, induce in errore il lettore che pensa così di trovarsi davanti ad una seria opera storica, riponendo inoltre la sua fiducia in uno scrittore che non la merita completamente.

D. Quali sono questi errori?

R. Innanzi tutto posso dire che il libro è nel complesso attendibile quando tratta dei Templari, della proporzione divina e della sequenza di Fibonacci; le cose cambiano quando affronta altri temi di carattere storico, che l’autore mostra di conoscere solo approssimativamente.

Prima grossolana affermazione: "La Bibbia come la conosciamo, è stata collazionata da un pagano, l’imperatore Costantino". A questo proposito, possediamo fonti sicure. Nel 4° secolo Eusebio di Cesarea scrive una Vita di Costantino in cui parla di un’ordinazione fatta dall’imperatore, di quaranta codici, la più importante dell’antichità. Questi codici erano destinati alle chiese, dopo che, a seguito dell’editto di Milano nel 313, i cristiani erano stati autorizzati al culto. Probabile fonte di questa notizia è il Codex Vaticanus scritto nel 350. Si è poi diffusa una versione, più tardi definita "bizantina".

Anche se non possediamo Bibbie complete anteriori a Costantino, è evidente che esistevano versioni dell’Antico e Nuovo Testamento a disposizione delle comunità che i Padri della Chiesa leggevano e delle quali ci hanno lasciato delle liste. Queste liste figurano, fin dal 2° secolo nell’opera di Ireneo di Lione, Contro le eresie, ed anche nel frammento detto di Muratori,Vetus Latina, molto in uso presso le comunità di lingua latina, non possediamo che versioni del 4° secolo. nome dello studioso italiano che lo ha scoperto. Da parecchie fonti, sappiamo che alla fine del 2° secolo, il canone è stabilizzato. Della

Naturalmente Costantino ha rivestito un ruolo in tutto questo, ma non certo quello che Dan Brown immagina, cioè di decidere ciò che può far parte della Bibbia e ciò che deve essere escluso.

D. Dan Brown si spinge ancora più in là affermando persino che Costantino ha manipolato i testi ponendo l’accento sulla divinità di Gesù, a scapito della sua figura umana. Che cosa ne pensa?

R. Dan Brown in effetti dice: "Costantino ha ordinato e finanziato la redazione di un Nuovo Testamento che escludeva tutti i vangeli che evocavano gli aspetti umani di Gesù, privilegiando - adattandoli se necessario - quelli che mettevano maggiormente in luce la sua divinità. I primi Vangeli furono dichiarati contrari alla fede, raccolti e bruciati".

Queste affermazioni attestano una profonda ignoranza dell’intensa e laboriosa costruzione teologica dei primi secoli. Innanzi tutto c’è da osservare che ci sarebbe voluto di più di un imperatore convertito da poco per influire su Scritture così profondamente inserite nella tradizione. Inoltre, il Credo adottato dal concilio di Nicea (325) convocato da Costantino, riprende le professioni di fede già in uso ed è già centrato sulla doppia natura, divina e umana, di Cristo.

Infine, se è vero che questo concilio aveva come scopo combattere l’eresia ariana che contestava la divinità di Gesù, è anche vero che non viene in alcun modo sottovalutata la natura umana di Gesù. Al contrario, è proprio la tensione tra un’umanità pienamente vissuta e una divinità accertata, che successivi concili di questo periodo hanno messo in evidenza. Quando Dan Brown deduce inoltre dalla sua "dimostrazione" che "i primi eretici furono quelli che avevano scelto di credere alla storia originale di Gesù" fa un’affermazione aberrante che può essere smentita da qualsiasi storico.

D. Che cosa pensa della tesi del "matrimonio di Gesù"?

R . Il Nuovo Testamento presenta Gesù come un rabbi, ed un rabbi ha una sposa ed è circondato da numerosi figli, segno della benedizione di Dio. Gesù si mostra tollerante verso le donne, anche quelle di malaffare e non intende dare forma di legge alla sua scelta di celibato. Bisogna far notare che nessuno dei quattro Vangeli fa menzione di una donna che sia intima di Gesù. In sé, questo fatto non mi scandalizzerebbe certamente e rientrerebbe perfettamente nel genere di vita dei rabbi. Ma come potrebbe allora non esserci nei Vangeli alcuna traccia di una donna di Gesù?

D. Dan Brown avrebbe dunque inventato di sana pianta il rapporto di Gesù con Maria Maddalena? Da dove provengono i fatti che egli cita?

R .Egli traduce, con una buona dose di approssimazione, alcuni versetti dei vangeli apocrifi di Maria Maddalena (2° secolo) e di Filippo (4° secolo), che però sono dei testi incompleti, in quanto mancano di alcune parti e la loro traduzione è approssimativa. Per esempio, nel vangelo di Filippo, si trova questa frase: "Il Salvatore aveva per compagna Maria Maddalena che baciava [i piedi, la bocca o la fronte o la guancia]. Gli Apostoli erano offesi e gli esprimevano la loro disapprovazione". Dan Brown cita questa frase, scrivendo solo "soleva spesso baciarla sulla bocca" omettendo le altre versioni che esprimono i diversi significati possibili. Nessun esegeta degno di questo nome agirebbe in questo modo. In maniera più precisa bisogna osservare che questi due scritti gnostici, sono ricchi di una spiritualità esoterica. Come molte scuole di spiritualità, essi utilizzano una finzione, in questo caso la metafora nuziale, per accreditare un insegnamento. Questo linguaggio, a connotazione sessuale, è in realtà un vocabolario iniziatico. I termini usati stanno ad indicare la vicinanza e il rapporto creatura-creatore tra la donna e il Maestro.

Tirando fuori questo versetto dal suo contesto, Dan Brown da l’impressione di citare una frase di valenza sessuale, dando una connotazione erotica a un vocabolario didattico.

Il carattere iniziatico di questo episodio, appare ancora più chiaro se si aggiunge quanto omesso da Dan Brown. Alla domanda: "Perché la ami più di tutti noi?" il vangelo di Maria (Bodmer pag. 37) spiega: "perché Maria Maddalena riporta delle parole che Gesù ha rivelato a lei e non agli altri". Dan Brown omette questa spiegazione che invece serve a chiarire la ragione e il significato delle rimostranze degli Apostoli.

D . In ogni caso, quando un uomo è legato sessualmente ad una donna, sembra fuori luogo che i suoi compagni si lamentino di non essere trattati alla stessa maniera, in quanto si tratta di due tipi di relazione che non possono essere paragonati.

R .Questa osservazione è assolutamente pertinente e conferma quanto detto dell’interpretazione di Dan Brown. Rimane comunque l’enigma di questo rabbi che è completamente differente da tutti gli altri rabbi…

D . Cosa si deve poi pensare dell’accusa di antifemminismo che è stata fatta da Don Brown al cristianesimo?

R . Bisogna riconoscere a Don Brown il merito di aver messo in rilievo l’atteggiamento innovatore di Gesù nei riguardi delle donne. Per Gesù la morale è più importante della legge rituale che considera le donne degli esseri impuri e le tiene lontane dalla vita sociale e religiosa. Inoltre Gesù associa delle donne al suo insegnamento e concede loro persino accesso alla Torah, cosa che non era ammessa dalla legge ebraica. "Piuttosto bruciare che dare la Torah alle donne!" recita un passaggio del Talmud. Ricordiamo inoltre che nell’ebraismo è il padre e non la madre che si occupa dell’educazione religiosa dei figli.

D. In tutto il Nuovo Testamento si trovano analogie con questo comportamento di Gesù nei confronti delle donne?

R. La posizione trasgressiva di Gesù a questo proposito si ritrova nelle comunità paoline. Le donne pregano nell’assemblea e profetizzano. Nella 1° lettera ai Corinti, v.11, nelle sue esortazioni a proposito del velo, Paolo, contrariamente a quanto si crede, non si mostra antifemminista, ma, in quanto erede di Gesù, procura di differenziare uomini e donne in comunità di discepoli uguali tra loro come identità spirituali. In seguito, vi sarà però un passo all’indietro, nelle lettere più tarde, agli Efesini e ai Colossesi: le donne sono relegate al loro ruolo privato di madri di famiglia; esse spariscono dallo spazio pubblico e della comunità. Nell’intervallo di una generazione, ritorna ad essere restaurata la differenza donna-uomo.

D. Dappertutto?

R. Non dappertutto: gli Atti degli Apostoli che sono contemporanei alle lettere agli Efesini e ai Colossesi, seguono l’eredità paolina. Il dramma è che nel 2° secolo, l’istallarsi di una gerarchia ministeriale maschile emarginerà le donne in maniera sistematica. Nelle comunità saranno presenti attivamente solo le vedove e come semplici ausiliarie. La Chiesa installa un’ortodossia esclusivamente maschile. Di conseguenza il ruolo delle donne viene riconosciuto solamente in comunità marginali anche se molto numerose. È così nei vangeli di Maria, di Filippo e negli Atti di Paolo e la figura di Tecla ne è un esempio. Queste comunità marginali sono anche le più eterodosse e dunque spesso combattute dalla gerarchia della Chiesa centrale.

D. Così le donne, oltre ad essere escluse, erano anche considerate eretiche, quindi pericolose.

R. Certamente. Sono loro, le donne, che hanno fatto le spese nella lotta condotta dalla Chiesa per affermarsi. Combattendo contro le eresie, la Chiesa sacrificherà le donne. Più si mascolinizzerà, più si crederà ortodossa. E questo è l’effetto perverso, l’erosione, lo snaturamento della posizione innovatrice di Gesù nei confronti delle donne.

D. Il mondo romano però, non è misogino?

R. Certamente, la matrona romana aveva un ruolo importante, ma si trattava di donne ricche che governavano la loro casa e avevano sotto di sé molti schiavi. Gesù ha un atteggiamento democratico, qualunque donna che crede può trovare posto accanto a lui e accedere alla dignità di discepolo.

D. Che giudizio ha della posizione che la donna occupa oggi?

R. Mi sembra che, tra le grandi religioni monoteiste, il cristianesimo riconosca più dell’ebraismo e dell’islam, il ruolo e la libertà della donna nello spazio pubblico. Il cristianesimo resta il solo a riconoscere alla donna lo stato essere religioso adulto,anche se, in alcune realtà, si tratta di un fatto non ancora realizzato. La donna ha trovato la sua autorevolezza nel mondo cristiano, in maniera molto più netta che nelle altre due religioni monoteiste.

(Traduzione dal francese di M. Grazia Hamerl - staff di Dimensione Speranza)

Una spiritualità per le sfide odierne
di Rino Cozza csj

 

Nel tentativo di uscire dalla situazione di insignificanza stanno moltiplicandosi i convegni sul tema della spiritualità che sembrano voler dire che la crisi della spiritualità è la principale causa dei tempi difficili della vita religiosa (VR).

Il fatto pone degli interrogativi. La ricerca di spiritualità è certamente determinante, infatti la fortuna delle nuove forme di vita evangelica è data prevalentemente dalla spiritualità trasparentemente perseguita, e riscontrabile in un particolare stile di vita. Però è altrettanto vero che la spiritualità nella VR è quella cosa che non può non esserci ma non è sufficiente che ci sia: è il denominatore comune di ogni forma di vita evangelica e non l'elemento differenziatore della VR che è definita anche da un insieme di tanti elementi costitutivi, comunitari e culturali.

Certamente la scelta necessaria - e oggi l'unica possibile - è quella di passare dalla prevalente pastorale dei servizi (sociali o religiosi) alla pastorale della spiritualità. Ma il discorso sulla spiritualità non è nuovo nella vita religiosa, allora la domanda da farsi è: come mai rimane muta per le nuove generazioni? Evidentemente il termine "spiritualità" nella vita religiosa esige una faticosa riacculturazione che parte dall'accettare la transitorietà delle forme di altri tempi. Spirituale era detto di chi aveva espressioni religiose, atteggiamenti pii, vita ascetica, nel significato di austera, rigorosa, lontana dai problemi della vita. Era una spiritualità percorsa da una vena di individualismo che dava rilevanza alla meditazione e agli esercizi di pietà personali, anche se fatti comunitariamente. Spiritualità oggi è quella di chi, "nutrito di Parola e liturgia, di contemplazione e discernimento, di profezia e attesa, di passione per Dio e passione per l'uomo", sa dare risposte valide all'attuale domanda di senso e sa produrre nuovi modelli di comportamento e nuove forme comunitarie a partire dalla vita e per la vita.

Si dice che i giovani, anche i più vicini, sono assenti dalle tradizionali forme: è la dimostrazione che ogni spiritualità corrisponde a un momento storico fuori del quale perde la forza significativa. Sono serviti certi canti; le lunghe cerimonie e le forme di pietà popolare, le rogazioni, i settenari, e persino l'estetismo religioso... ma oggi questo non è appellante. È vero che una percentuale di vocazioni attuali proviene dal bisogno di questo tipo di spiritualità per cui alcuni formatori traggono spunto per scelte su questa linea, ma altri, i più, vi si riferiscono per dire che la fragilità di molte vocazioni è data appunto dal ritrovarsi in questo tipo di spiritualità.

Capace di produrre stili di vita

Spiritualità significa vita (nello Spirito) tale da far vedere o almeno da far intuire la presenza o il fare di Cristo che salva. A tal fine non è più sufficiente una spiritualità "da religiosi" ma una spiritualità all'altezza delle sfide odierne, ricca di prospettiva laicale sempre più rivalutata nell'attuale sensibilità ecclesiale; spiritualità capace di produrre stili di vita e non soltanto pratiche di pietà, che siano risposta ai bisogni del mondo; spiritualità in cui il rapporto con Dio, da esperienza prevalentemente individuale sia esperienza che passa attraverso un rapporto con le persone perchè proprio la comunione fraterna sarà l'elemento peculiare della spiritualità di domani.

Per tornare da dove eravamo partiti, si può dire che il ricorrere del tema della spiritualità all'interno della VR è dovuto alla percezione dello scarto appunto di spiritualità significante, esistente tra gli antichi e i nuovi carismi.

Detto questo però c'è da aggiungere che la debolezza di forza comunicativa della attuale VR è da ricercarsi - in misura non inferiore - anche in un altro tipo di difficoltà che provengono sia dall'interno che dall'esterno di essa. Già si è molto parlato delle difficoltà che derivano dall'interno che sono: scarsità e defezioni di religiosi/e giovani, peso delle strutture, mancanza della generazione di mezzo, modi e tempi di vita cadenzati dagli anziani/e, tradizioni culturali e modelli di spiritualità obsoleti. Ma ciò che è nuovo sono le prospettive teologiche che vengono dall'esterno. Fino a qualche anno fa a riflettere sulla vita religiosa erano quasi unicamente teologi religiosi, ora invece l'esplorazione su questo versante è diventata propria anche di vari studiosi di area diocesana o laicale che in numero sempre maggiore portano a teorizzazioni diverse da quelle cui siamo abituati. Un esempio di ciò I'abbiamo avuto all'assemblea annuale Cism 2003, nell'intervento del teologo Giacomo Canobbio, dove argomentò sulla necessità o meno di una forma di vita cristiana (quella consacrata) affinché ci sia la Chiesa. "Affermare che la vita consacrata (VC) ha origine divina - disse mons. Canobbio - non vuoI ancora dire che appartiene necessariamente all'essenza della Chiesa. Si dovrebbe mostrare che l'origine divina coincide in tutto e per tutto con l'intenzione del Fondatore (Cristo)". "Essa può appartenere a una figura particolare di Chiesa, ma non è necessaria affinché si dia Chiesa anche perché di fatto questa si realizza in alcuni luoghi e si è realizzata in alcuni tempi, senza la VC". Qualcuno in questo argomentare può vedervi uno sconfinamento per parte di alcuni teologi estranei, altri invece vedono un dislocamento, cioè un guardare da fuori per ovviare ai condizionamenti delle precomprensioni.

E i pastori delle Chiese locali come vedono la VR ? Ci sono i vescovi religiosi che in maggior numero sono sintonizzati con il pensiero teologico che è stato all'origine della loro vocazione. Ci sono poi coloro, specie di area non europea, i quali dicono che in questi trent'anni la quasi totalità delle congregazioni diocesane hanno avuto come promotori i vescovi, il che li porterebbe a dire che questi sono sensibili ai valori della tradizionale vita religiosa. Ma qui sorge qualche dubbio, non fosse altro per il fatto che a fronte di bisogni diocesani, in alcune aree, si è soliti far fronte con l'intervento di un "conveniente" istituto religioso che, se non lo si trova, si crea al fine di un servizio e non necessariamente di una spiritualità. Penso però che la maggior parte dei vescovi si ritrovi nella risposta di un ordinario il quale, alla domanda se conoscesse quanto detto nell'esortazione Vita consecrata dove si dice che "ai vescovi è chiesto di accogliere e stimare i carismi della VC dando loro spazio nei progetti della pastorale diocesana" (VC 48), rispose che, per quanto gli constava, nelle chiese locali c'è interesse per le forme di vita evangelica di cui la vita religiosa è una delle espressioni, però oggi l'attenzione non è sulle etichette e sulle omologazioni ma sulle evidenze evangeliche che tali si definiscono dalla vita in atto più che da riconoscimenti giuridici.

Il papa ai vescovi francesi (18.12.2003) ebbe a dire che "le nuove comunità possiedono una audacia che talvolta manca agli istituti che vivono da più tempo", "attardate nella storia più che presenti alla vita". Tutto ciò sta a dire - conclude l'ordinario - che le auto-proclamazioni di vita migliore, più santa, non bastano più: tiene soltanto ciò che si vede: "vieni e vedrai".

Occorre un altro tasso di creatività

Dunque, alla domanda perché la vita religiosa? non è più possibile rispondere con definizioni teologiche in un tempo in cui le forme di vita evangelica rispondono con la vita. La sequela se non è un fatto riscontrabile oggi come buona notizia è soltanto teoria. Da qui l'urgenza di por mano decisamente alle fondamenta della vita religiosa vale a dire al sistema culturale che l'ha finora caratterizzata, aprendosi a nuovi orizzonti di senso, consapevoli che la VR è sempre un progetto contestualizzato e questo è l'unico modo che le è dato "per essere a casa nel tempo". (Radcliffe )

Al presente la prima presa d'atto è che stiamo transitando a un altro modo di essere e di agire. Uno dei maggiori studiosi della società contemporanea - Zygmunt Bauman - dice che siamo passati irreversibilmente dalla "modernità solida " cioè quella fissata su organizzazioni, classi, ruoli, riferimenti stabili, alla "modernità fluida" vale a dire della società delle reti, dei flussi, dell'incertezza, della non prevedibilità. Le impalcature sociali in cui inscriviamo i nostri progetti di vita e le nostre speranze per il futuro sono diventate improvvisamente fragili. Possono spezzarsi in qualsiasi argomento, mutano molto più in fretta di quanto non riusciamo ad apprendere e gestire. Se questa è la situazione, per poter progettare e vivere nell'attuale società è necessario un alto tasso di creatività che però "non si trova nei religiosi/e e tuttavia è indispensabile per incarnarsi nei contesti concreti in cui tocca di rivivere" (Santiago Silva). In ciò è da leggersi "la povertà radicale che segna il momento presente della VC". Eppure la creatività non le è estranea, "è stata alla base di ogni nuova forma di vita consacrata: ad esempio Ignazio di Loyola non accondiscese di sottomettere il carisma di una vita apostolica alle esigenze del coro della vita monastica" (B. Bucker). E così pure "nessuno dei nostri istituti ebbe origine per essere la continuità di una situazione statica. La creatività non esige che si rinunci all'eredità ricevuta, ma che crei, a partire da quella, qualcosa di nuovo e di inedito" (T. J. Rasera).

Per la creatività si tratta di proporre nuovi tavoli di pensiero, di concertazione e di governo, che sappiano mettere più interesse nell'inventare risposte che nel ripetere formule. Quelli attuali (consulte, capitoli, consigli, ecc. ) non sono sufficienti anche se un certo tipo di soddisfazioni le danno perché quanto meno sanno riverniciare di buone intenzioni tutto l'apparato, ma non hanno la capacità o non sono nella possibilità di mettersi alla ricerca di nuovi pozzi piuttosto che attardarsi "al pozzo lasciato in eredità dal nostro padre Giacobbe". Il tema della creatività è stato quello maggiormente ricorrente nel recente congresso internazionale di Roma. Molte espressioni ne evidenziano la sete: "Oggi più che mai abbiamo bisogno di inventare, rinnovare e avanzare liberi"; "Non impegnatevi nel continuare a offrire risposte preconfezionate che ormai sono superate. Abbandonate il vostro mondo di realtà virtuali. Non evitate le strade pericolose, perché la novità emerge sempre fuori dai luoghi sicuri protetti e convenzionali".

Da queste espressioni si coglie che il bisogno di orizzonti più vasti ha a che vedere sia con il senso della VC, sia con il modo di realizzarla. In quanto alla prima, durante il congresso è risuonata forte la voce di una relatrice: "Rallegratevi se siete rimasti senza parole significative per definire la vostra identità. Ci sentiamo stanchi di parole senza significato, abbiamo raggiunto un punto di saturazione quanto a dichiarazioni, documenti e teorie sul carattere specifico della nostra identità, quando la cosa importante non è ciò che proclamiamo, ma quello che viviamo" (Dolores Aleixandre),

Un obiettivo irrinunciabile su cui investire la creatività è sul bisogno che ha la VR di relazioni nuove. Finora come istituti abbiamo sempre evidenziato ciò che ci rendeva diversi dai cristiani e a forza di rafforzare le diversità ci siamo resi estranei; oggi è necessario evidenziare ciò che è dono ai cristiani: "quando rinuncerete a definirvi per comparazione con gli altri emergerà la parte più autentica che è in voi", consapevoli che la differenza tra il nostro e ogni altra forma di impegno non risiede in ciò che produce ma in ciò che in esso traspare.

Quanto al secondo, vale a dire il modo di realizzarla, si sono espressi in molti: la forma con cui "essa si esprime oggi, è debole nella forza comunicativa, arretrata rispetto alle sensibilità culturali, ricalcata su altri mondi culturali ormai obsoleti. È quindi necessario un deciso aggiornamento di paradigmi e di presentazione dei grandi valori quali i voti, la comunità, la testimonianza, l'antropologia, la visione della vita, il senso dei beni e religiosità della vita, l'affettività, la corporeità, la dignità della persona, le esigenze di corresponsabilità" (Secondin). Tutto questo esprime il bisogno di uscire dal nostro piccolo mondo antico per poter "dar vita a strutture mentali, spirituali, affettive, religiose e organizzative semplici, accoglienti, poco pesanti e aperte".

Il male sottile di cui soffre I'attuale forma di vita religiosa è I'insignificanza, per cui se vuole esserci nel futuro ha bisogno di evidenze comprensibili al giovane contemporaneo, tali da indurlo a impegnarvi la vita. Il problema maggiore dunque è quello di ridarle significato in contesto diverso dal tempo in cui è nata, i cui consueti segni non dicono più ciò per cui sono stati detti.

So bene che secondo alcuni la vita consacrata non sarà mai capita, perché - dicono - appartiene ad un mondo differente e si fonda su una esperienza trascendente che in pochi sanno apprezzare e interpretare. Costoro amano insistere sulla nota di mistero per cui deve conservare la sua irriducibilità, fino al paradosso. Non penso però che la VR abbia la funzione di conservare il mistero quanto piuttosto, quello di rivelare una buona notizia.

(da Testimoni, n. 5, 2005)

Il decimo grado dell'umiltà è quello in cui il monaco non è sempre pronto a ridere, perché sta scritto: "Lo stolto nel ridere alza la voce". (RB 7, 59)

Mercoledì, 15 Giugno 2005 00:11

4) Chiesa e iniziazione cristiana

5. LA COMUNITA' IN CAMMINO
VERSO IL REGNO
don Marino Qualizza


4. Chiesa ed iniziazione cristiana

Con il termine ‘iniziazione’ si indica il passaggio da una condizione di vita ad un’altra, in genere mediante una cerimonia, un rito che mette in evidenza il significato del passaggio stesso. L’ accento non è posto tanto sull’inizio cronologico, quanto invece sul cambiamento che lo caratterizza. In tal senso si esprime anche il Vangelo, soprattutto nella formula classica di Marco: «Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è giunto a voi, convertitevi e credete al Vangelo» (1,15). Per i cristiani questo cambiamento radicale, questa conversione viene compiuta in tre sacramenti fondamentali. A tal proposito così si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Con i sacramenti dell’iniziazione cristiana, il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, sono posti i fondamenti di ogni vita cristiana. "La partecipazione alla natura divina, che gli uomini ricevono in dono mediante la grazia di Cristo, rivela una certa analogia con l’origine, lo sviluppo e l’accrescimento della vita naturale. Difatti i fedeli, rinati nel santo Battesimo, sono corroborati dal sacramento della Confermazione e, quindi, sono nutriti con il cibo della vita eterna nell’Eucaristia, sicché, per effetto di questi sacramenti dell’iniziazione cristiana, sono in grado di gustare sempre più e sempre meglio i tesori della vita divina e progredire fino al raggiungimento della perfezione della carità"» (1212).

La seconda frase del testo citato è di Paolo VI e si trova nella Costituzione Apostolica del 1971 con la quale si riformava il rito della iniziazione cristiana degli adulti.

 

4.a. Necessario riferimento alla Chiesa

E’ singolare che nella presentazione dell’iniziazione non si faccia esplicito riferimento alla Chiesa, che è il soggetto celebrante di questo passaggio e nello stesso tempo anche la comunità ricevente. Se ne parla evidentemente in altri contesti, ma parlando della iniziazione, l’attenzione è così catturata dall’inserimento in Cristo, che si corre il rischio di dimenticare che comunque esso avviene, sempre, nella mediazione della Chiesa. Di questa vogliamo parlare in modo esplicito, perché non si abbia coscienza che i sacramenti stessi sono celebrati dalla Chiesa, come servizio a Cristo. Si è ricordato quando sono stati presentati i sacramenti, che la Chiesa si pone come sacramento generale della salvezza; in essa i sacramenti ricevono identità e significato, in quanto sono l’azione con la quale la Chiesa realizza se stessa ed il suo compito di salvezza, perché strettamente unita a Cristo, di cui è corpo in senso mistico.

Ne conseguono due cose. L’iniziazione cristiana è inserimento in Cristo e nella Chiesa, contemporaneamente. Ed è quindi partecipazione dell’opera salvifica di Cristo affidata alla Chiesa. Perciò è da registrare su questo punto un’altra annotazione. Fino a tempi recentissimi, come è già stato ricordato, l’attenzione prevalente della teologia e anche della prassi sacramentale era rivolta alla salvezza dell’individuo. Cosa che non bisogna ovviamente dimenticare. Ma, magari con una certa esagerazione, per una salvezza individuale e forse individualistica, non c’è bisogno della Chiesa. Ognuno fa per sé e si riconcilia con il Dio della sua coscienza. Basta un annuncio ed una buona disposizione. È questo il pericolo recondito della Riforma protestante. Si costruisce una fede ed una religione a misura di individuo. Per fortuna le cose sono andate in modo diverso.

 

 

4.b. Oltre ogni individualismo

Ed allora bisogna ricuperare la dimensione ecclesiale della iniziazione, che è quanto dire, ritrovare la sua dimensione cristologica. Nessuno è battezzato per inseguire una salvezza privata, per una grazia che deve tenere per sé solo. Tutti sono battezzati per continuare l’opera salvifica di Cristo nella Chiesa. È questo anche il significato profondo della prudenza pastorale da avere nell’ammettere al battesimo e infanti e adulti. Ne va della credibilità della Chiesa in ordine alla sua missione. In essa e mediante essa si ottiene sicuramente quella salvezza e quella grazia che è all’origine della conversione ed anche all’origine della missione. I due estremi si toccano, perché fanno parte della stessa realtà.

Ciò è tanto più evidente nel sacramento della Confermazione. Dice il CCC:«Rende più perfetto il nostro legame con la Chiesa. Ci accorda una speciale forza dello Spirito Santo per diffondere e difendere con la parola e con l’azione la fede, come veri testimoni di Cristo, per confessare coraggiosamente il nome di Cristo e per non vergognarsi mai della sua croce» (1303).

Forse si poteva precisare di più in che cosa consista questo legame più perfetto con la Chiesa, per non lasciare le cose in eccessiva vaghezza. In particolare si poteva evidenziare l’attiva partecipazione del credente alla vita della Chiesa, nella quale assume dei ruoli e dei compiti precisi. Così anche la testimonianza cristiana, nel ricupero della dimensione profetica, poteva essere espressa più esplicitamente come profezia che si vive all’interno ed all’esterno della Chiesa. Comunque gli accenni essenziali ci sono, basta svilupparli ulteriormente.

 

 

4.c. Nella pienezza dell’Eucaristia

Trattando del sacramento dell’Eucaristia, il CCC conclude anche il discorso sulla iniziazione cristiana. «La santa Eucaristia completa l’iniziazione cristiana. Coloro che sono stati elevati alla dignità del sacerdozio regale per mezzo del Battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la Confermazione, attraverso l’Eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore» (1322). Il punto di arrivo della conversione cristiana, di questo passaggio ideale del Mar Rosso, dalla schiavitù alla libertà, trova il suo vertice nella celebrazione eucaristica, punto di convergenza di tutta la vita cristiana e della comunità che la celebra.

Il popolo di credenti che è nato dal Battesimo si ritrova e si conosce nella celebrazione dell’Eucaristia. Essa contiene in sé molte cose e riserva una ricchezza che viene riversata un po’ alla volta. Ma delle tante cose importanti che si devono e si possono dire sull’Eucaristia, almeno in questo contesto, non si può tacere il fatto che solo nella celebrazione eucaristica il popolo di Dio si riconosce per quel che è e per quel che è chiamato a fare. Nell’Eucaristia il popolo cristiano sente di essere convocato per vivere una vita, che diventa per se stessa annuncio di Cristo, ed anche progetto di vita. L’attenzione pressoché unilaterale che nel passato si è data alla dimensione cultuale, vera ed autentica, ha però offuscato notevolmente l’altro aspetto, forse più rilevante dell’Eucaristia: il segno sacramentale di una salvezza ‘compiuta’, perché affidata ad un popolo testimone della Nuova Alleanza.

L’Eucaristia, allora, ben oltre gli aspetti strettamente liturgici, per non dire cerimoniali, che vanno ovviamente rispettati, si presenta come l’essere e l’agire ‘politico’ della Chiesa. Con ciò intendiamo la presenza della Chiesa nel mondo come soggetto originale, la sua azione nella città – polis – degli uomini, in vista dei beni definitivi, anche se nella mediazione dei beni intermedi. Puntare in questa direzione, cioè trovare ispirazione ‘civile’ nell’Eucaristia, aiuta senz’altro ad evitare quei corti circuiti nei quali spesso la Chiesa si è scottata nel corso dei secoli.



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Martedì, 14 Giugno 2005 23:42

Maria nel pensiero di Lutero (Carlo Collo)

Maria nel pensiero di Lutero
di Carlo Collo


 

Lutero ha dato l’avvio a tutto il pensiero protestante e in lui si ritrovano già in germe tutti gli sviluppi successivi. A questa personalità vulcanica e multiforme si possono appellare tanto le drastiche riduzioni della figura di Maria quanto le recenti riscoperte in campo evangelico del posto di lei nel piano della salvezza.

Due scritti di Lutero trattano esplicitamente il tema mariologico. Il Commento al Magnificat del 1521* e il Commento all’Ave Maria, scritto l’anno successivo e inserito nel Bettbüchlein, libretto di preghiere, con lo scopo di insegnare ai semplici fedeli l’uso evangelico dell’Ave Maria. Il primo testo – al quale ci limitiamo in questa nota – manifesta nel modo più chiaro e completo la posizione di Lutero riguardo Maria.

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La maternità divina di Maria, un elemento dottrinale comune acquisito dalla coscienza cristiana, trova nel riformatore un fermo difensore non soltanto negli anni giovanili, ancora influenzati dalla formazione cattolica, ma anche in quelli della sua più decisa azione riformistica. Il titolo di amabile e tenera Madre di Dio è frequente. Nel solo commento al Magnificat ricorre più di venticinque volte, senza contare le perifrasi e l’equivalente madre di Cristo.

Con questo titolo Lutero intende operare un ricentramento cristologico e teologico: ricondurre la fede a Cristo e attraverso di lui all’esclusiva azione salvifica di Sio.

Gesù, pur essendo vero uomo, non è un uomo qualunque. Se fosse soltanto uomo non potrebbe salvarci. È la salvezza stessa, la salvezza in persona, è Dio.

D’altro lato Gesù Cristo non è solamente Dio ma Dio nella carne dell’uomo, il Verbo Incarnato.

Ora, se Cristo è concretamente Dio nella carne umana, e come tale, in tutta la sua interezza e non come semplice uomo, è figlio di Maria, Maria è Madre di Dio.

Il titolo di Madre di dio è quindi destinato a manifestare la divinità di Cristo e a testimoniare l’opera di Dio in Maria.

"Le grandi cose non sono altro che questo, ch’essa è diventata Madre di Dio; in tale opera le sono dati tanti e sì grandi beni che nessuno li può comprendere. Poiché da ciò le viene ogni onere, ogni beatitudine e, in ogni generazione umana, la sua singolare posizione sopra di tutti, perché nessuno come lei ha avuto dal Padre celeste un bambino e un simile bambino. Ed essa stessa non gli può dare un nome per l’immensa grandezza, e non può fare altro che traboccare d’amore, poiché sono cose grandi che non si possono esprimere né misurare. Perciò con una parola, chiamandola Madre di Dio, si è compreso tutto il uo onore; nessuno può dire di lei e a lei cosa più grande anche se avesse tutte le lingue quante sono le foglie e l’erba, le stelle in cielo e la sabbia del mare. Anche il cuore deve riflettere che cosa significhi essere Madre di Dio" (Commento al Magnificat).

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All’argomento della Verginità di Maria, dedicò una costante attenzione per tutto l’arco della sua vita. Il titolo è senza dubbio il più ricorrente. Le affermazioni sulla verginità di Maria sono innumerevoli (WA 10/I, 1,93). E sull’autenticità evangelica della miracolosa verginità egli non nutre alcun dubbio.

"Noi dobbiamo stare al vangelo, che dice che lo partorì, e all’articolo del Credo, col quale diciamo: "il quale è nato dalla Vergine Maria". Non vi è qui alcuna illusione, ma, come suonano le parole, una vera nascita... Perciò il suo corpo ha compiuto le funzioni naturali che appartengono alla nascita; salvo che ha partorito senza peccato, senza obbrobrio, senza dolore e senza danno, come aveva concepito senza peccato. La maledizione di Eva: "Nel dolore partorirai i tuoi figli", non si è estesa a lei; ma in tutto il resto è accaduto a lei come ad una donna che partorisce... Nessuna immagine di donna dà all’uomo pensieri così puri, come questa Vergine, e reciprocamente, nessuna figura d’uomo, ad una donna, come questo fanciullo. Soltanto verecondia e purità si sprigiona, purché consideriamo in essa l’opera divina".

Dalle precedenti citazioni si arguisce che la verginità di Maria trova la sua ragion d’essere nella maternità divina di Maria.

Lutero professa la verginità perenne di Maria come dimostra un testo in cui egli respinge le insinuazioni di certi suoi avversari:

"Una nuova menzogna è stata propalata su di me: io dovrei aver predicato e scritto che Maria, la madre di dio, non sarebbe stata vergine né prima né dopo il parto, ma avrebbe avuto il cristo da Giuseppe e dopo di lui numerosi figli... Ma si tratta di una menzogna così povera e miserabile che io non la degno di risposta" (WA 11,314).

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Lutero riconosce in Maria un perfetto modello di vita cristiana; in particolare concentra la sua attenzione su tre caratteristiche della sua personalità: la fede, l’umiltà e la purezza.

Egli è sorpreso e affascinato dal comportamento così semplice e fresco di Maria. La sua fede non è sostenuta dalle fallaci sicurezze della ragione. Se Maria avesse giudicato secondo ragione, avrebbe stimato parola del diavolo e non di Dio quella che l’angelo le aveva rivolto (WA 15,478).

La fede di Maria costituisce la massima espressione del credere (WA 9,517) ed è più grande e solida di quella di Pietro (WA 2,432). Attraverso la fede di Maria è diventata madre di Cristo.

" La B. Vergine non avrebbe mai concepito il Figlio di Dio, se non avesse creduto all’angelo annunziatore, così da dire fiat mihi secundum verbum tuum, come dichiara Elisabetta: Beata tu che hai creduto che si sarebbero avverate in te le cose che ti sono state dette dal Signore, perciò la sua fede ha suscitato l’ammirazione di Bernardo e di tutta la Chiesa" (WA 2,15).

In riferimento alle nozze di Cana, Lutero esclama: "guardate come essa agisce e ci ammaestra" (WA 17/II, 66). Non parlando di fede ma vivendola Maria la insegna con il suo esempio, una fede serena, forte e sincera che tocca la sostanza stessa: la potenza di Dio, la sua grazia, la sua volontà di salvezza. Lutero intende la virtù dell’umanità (Demut) alla luce del verbo humiliare, cioè abbassare e annientare e traduce humulitas con nullità, nientezza.

"Questo è il pensiero di Maria: Dio ha riguardato a me ancella povera, disprezzata, meschina, mentre avrebbe ben trovato regine ricche, nobili, potenti, figliole di principi e di grandi signori... invece ha posato su di me il suo sguardo di pura bontà e si è ervito di una povera, disprezzata fanciulla, affinché nessuno al suo cospetto si vantasse di essere stato o di essere degno di tale onore... Ella non si è vantata né della sua verginità né della sua umiltà, ma soltanto dello sguardo divino pieno di grazia. Perciò l’accento non viene posto sulla parola "humilitatem" ma sulla parola "respexit". Infatti non va lodata la sua nullità (nichtickeyt) ma lo sguardo di Dio" (Magnificat).

Nemmeno la certezza della divina maternità trattiene la Madre di Dio dal sottoporsi ai rigori della stagione per prestare un umile servizio all’anziana Elisabetta (WA 41,358). È uno specchio dell’umile sentire di sé che caratterizza il vero seguace di Cristo.

Un aspetto della purezza di Maria consiste nella lode di Dio per i beni che ha compiuto in lei e negli altri.

"Dopo che dunque la madre di Dio ha lodato con spirito semplice e puro il suo Dio e Salvatore senza diventare presuntuosa a causa dei suoi beni, ma cantando la bontà di colui come si conviene, ella passa secondo un giusto ordine, a lodare le sue opere e i suoi beni... Un altro insegnamento ci dà qui Maria. Ognuno deve essere il primo a voler lodare Iddio e a mettere in evidenza le opere che egli ha compiute in lui e poi deve lodare Dio anche per le opere che ha compiute in altri".

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Lutero riconosce la maternità spirituale di Maria, madre dei cristiani.

"Vedi, Cristo ci toglie e prende per sé la nostra nascita, e ci dona la sua, affinché in essa diventiamo nuovi e puri, come se fosse la nostra propria, e ogni cristiano possa rallegrarsi di questa nascita di Cristo, non meno che se anch’egli, come Cristo, fosse nato dalla Vergine Maria. Chi non crede questo, o ne dubita, non è cristiano. Oh, questa è la grande allegrezza, di cui parla l’angelo. Questa è la consolazione e la traboccante bontà di Dio: che l’uomo (in quanto crede) possa gloriarsi di un bene così prezioso, che Maria sia la sua vera madre, Cristo il suo fratello, Dio il suo padre... bada ad appropriarti (con la fede) la sua nascita, a fare il cambio con lui, in modo da liberarti della tua nascita e da ricevere la sua. Questo accade, se credi così; tu siedi allora veramente in grembo alla Vergine Maria, e sei il suo caro fanciullo" (WA 10/I, 72).

"Anche se egli solo (Cristo) fu nel suo seno, Maria è veramente madre di lui e di tutti noi... se egli è nostro, noi dobbiamo essere al posto suo; dov’è lui là siamo anche noi; ciò ch’egli ha, deve appartenere anche a noi; la sua madre, perciò è anche nostra" (WA 29,655).

In Maria trafitta dalla spada del dolore (morte di Giuseppe e crocifissione di Cristo) è rappresentato il destino di sofferenza e di gloria della chiesa (WA 10/I, 1,405-6). Essa rappresenta il popolo di Dio che si sostituisce alla Sinagoga (WA 11, 144. 616) in quanto accetta la Parola di Dio ed è fedele ad essa (W 37, 187-288). Maria è la Chiesa cristiana, Giuseppe è il servo della Chiesa, come dovrebbero esserlo i vescovi e i parroci se predicassero il Vangelo.

Sul vero modo di onorare la madre di Dio Lutero ritorna più volte soprattutto nel commento al Magnificat.

"... Così possiamo imparare quale sia il vero onore che le si deve tributare e mediante il quale la si deve servire... O beata Vergine e Madre di Dio, come sei stata misera e disprezzata, eppure Dio ha riguardato a te con tante ricchezza della sua grazia, e grandi cose ha operato in te; tu non sei stata degna di alcuna di esse, e al di sopra di ogni tuo merito è stata ricca, sovrabbondante la grazia di Dio in te. Oh salve! Da ora in terno beata sei tu che hai trovato un tale Dio!...

Pensi forse che la puoi incontrare meglio che quando vieni a Dio per mezzo di lei e impari da lei a confidare e a sperare in Dio, anche se vieni disprezzato e annientato in vita e in morte? Essa non vuole che tu venga a lei, ma per mezzo di lei a Dio. Ma ora vi sono certuni che cercano in lei come in un Dio aiuto e consolazione, tanto che io temo che oggi vi sia al mondo più idolatria che mai".

È evidente la preoccupazione di Lutero che chi onora Maria non si fermi alla sua persona ma giunga a Gesù Cristo. Nelle espressioni sembra ammettere che si "venga a Dio per mezzo di lei".

CARLO COLLO, Maria nel pensiero di Lutero, in Aa. Vv., Spiritualità mariana, Ed. S. Massimo, Torino 1989, pp. 97-137.

* MARTIN LUTERO, Il Magnificat tradotto in tedesco e commentato, in Id., Scritti religiosi, a cura di VALDO VINAY in collaborazione con GIOVANNI MIEGGE, Ed. Laterza, Bari 1958, pp. 189-280.

Martedì, 14 Giugno 2005 23:32

11 settembre 2001 (Faustino Ferrari)

I grandi imperi sono come le torri, come le antiche mura di una città o di un limen che fu eretto per sbarrare l'avanzare di nemici. Che durino millenni o anche solo il volgere di pochi grappoli di anni...

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