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Sabato, 19 Giugno 2004 12:38

Galilea delle genti: vocazione di un paese di frontiera (Michel Berder)

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Galilea delle genti:
vocazione di un paese di frontiera
di Michel Berder



Il Vangelo di Matteo apre la presentazione della vita pubblica di Gesù con una notazione nella quale i termini geografici relativi alla Galilea sono particolarmente numerosi. Perché questa insistenza? E soprattutto perché l'evangelista si preoccupa di cercare nell’Antico Testamento un riferimento che illumini questo punto? Il fatto che il Messia scelga questo territorio per iniziare la sua predicazione ha dunque un significato particolare?


Gesù venuto per "adempiere le Scritture"


In Matteo 4,15-16 abbiamo una delle famose "citazioni dell’adempimento" di questo Vangelo. L’autore si sforza di cercare nella Scrittura degli elementi che possano aiutare a comprendere la portata e il significato degli atti e delle parole di Gesù. È l’unico degli evangelisti che offre una citazione scritturale a sostegno della presenza di Gesù in Galilea. Nei capitoli precedenti aveva già utilizzato questo procedimento. A proposito dell’annuncio a Giuseppe della nascita di Gesù, cita l’oracolo dell’Emmanuele che si trova in Isaia 7,14. vediamo poi i consiglieri di Erode tentare di determinare in base all’Antico testamento il luogo di nascita del Messia: Betlemme in Giudea (2,6).


Ma il testo che più si avvicina al nostro è senza dubbio il passo in cui l’evangelista ci mostra Giuseppe che si stabilisce in Galilea con Maria e Gesù: "Si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: Sarà chiamato il Nazareno" (2,22-23). Come in Matteo 4,15 troviamo l’indicazione di una relazione tra Gesù e la Galilea e questo fatto viene messo in rapporto con la letteratura profetica.


In Matteo 4,15-16, l’interpretazione del testo citato non pone gli stessi problemi. Si tratta di due versetti di Isaia: 8,23 e 9,1. questo oracolo annunciava, grazie all’avvento di un nuovo re, un’èra di luce e di gioia per un gruppo di religioni sprofondate nella miseria. Il profeta aveva in mente un situazione politica ben precisa. Si riferiva infatti alle religioni del nord del paese, segnate da una situazione di umiliazione. Molti storici ci invitano a riconoscere il questa lista i distretti colpiti dalle incursioni assire degli anni 734-732 a.C. (cf Re 15,29).



Un’interpretazione della Scrittura


Oracoli di questo genere, riportati da tutta la tradizione ebraica restano aperti ad altre interpretazioni, in funzione di situazioni nuove. È questa un’illustrazione di ciò che in ebraico è chiamato "midraš" una ricerca operata sulla scrittura per attualizzarla. Affermando che il testo di Isaia si adempie, Matteo si situa in una posizione analoga a quella del Cronista che presenta la deportazione del popolo di Gerusalemme a Babilonia dicendo: "attuandosi così la parola del Signore predetta per bocca di Geremia" (2 Cr 36,21). Ma l’originalità della rilettura proposta da Matteo sta nel fatto che tale rilettura è in funzione di ciò che Gesù rappresenta. È quello che alcuni autori chiamano un "midraš cristiano".


Una regione di frontiera per un Vangelo universale


Citando questo passo della Scrittura, l’evangelista fa notare che l’èra che si apre con la predicazione di Gesù concerne i pagani. Egli riconosce implicitamente l’aspetto paradossale della scelta di queste regioni come punto di partenza della missione di Cristo. Una presentazione tradizionale del Messia lo collocherebbe istintivamente nell’ambito di Gerusalemme e della Giudea (è ciò che presuppongono le reazioni riferite in Gv 7, 41-42 e 52). I territori menzionati in Matteo 4,15 sono noti come regioni di frontiera, in contatto con il paganesimo. La formula "Galilea delle genti" conserva qui tutta la sua forza evocativa. La parola ebraica galîl significa "contrada", "distretto", "circoscrizione" (vedi anche Gs 12,23). Ma il testo greco di Matteo utilizza il nome proprio "Galilea delle genti". La Settanta, in Isaia 8,23 parla di "Galilea degli stranieri" (come Gl 4,4 e 1 Mac 5,15) la menzione delle tenebre diventa, nel contesto del vangelo, un modo per caratterizzare la situazione spirituale di queste regioni che godono del privilegio della venuta di Gesù, il Cristo, l’Emmanuele.


Questa prospettiva universalistica è affermata con forza in tutto il Vangelo di Matteo. Pur avendo cura di far percepire le radici ebraiche di Gesù, Matteo rende manifesta la portata universale della Buona Notizia da lui annunciata nella genealogia del capitolo 1, egli sottolinea il posto occupato dalle donne straniere in Israele tra gli antenati di Gesù (come Rut). È ancora Matteo che racconta l’episodio dei Magi venuti dall’Oriente che simboleggiano la venerazione delle nazioni pagane. Queste caratteristiche potrebbero suggerire che uno degli obiettivi di Matteo sia quello di provocare un risveglio missionario nelle comunità alle quali si rivolge. Risveglio missionario basato sia su una riflessione intorno all’itinerario stesso di Gesù, sia su una rilettura della Scrittura.


Per tutte le genti la luce è sprta


Il riferimento al testo di Isaia si accompagna ad un’altra convinzione che attraversa tutto il Vangelo: un certo numero di caratteristiche di ciò che era atteso per la fine dei tempi si è già realizzato. Non è un caso che il nostro testo presenti molti punti in comune con la scena finale del Vangelo di Matteo. Gesù resuscitato raggiunge i discepoli in Galilea. Nella missione che affida loro parla delle genti ("fate miei discepoli da tutte le genti"). E colui che all’inizio del Vangelo era presentato come l’Emmanuele (= "Dio con noi"), annunciato da Isaia, promette solennemente: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi". Nel Vangelo di Matteo, la missione dei discepoli parte dunque dalla Galilea e va verso le nazioni; e questo in una dinamica contrassegnata da una presenza nuova del Risorto, fino alla fine della storia umana. Si tratta ancora di una rilettura originale di un tema ben noto della tradizione biblica: la riunione di tutte le genti nell’ultimo giorno. Quello che è radicalmente nuovo è che questa riunione si realizzerà grazie alla missione dei discepoli di Gesù risuscitato, per mezzo del battesimo "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).


Così, partendo da una semplice annotazione geografica, Matteo riesce a metterci in contatto con una delle realtà più misteriose del messaggio cristiano: ciò che è stato messo in gioco in Gesù di Nazaret, il Galileo, concerne gli uomini di tutti i paesi e di tutti i tempi. È per loto che "una grande luce" si è levata (Mt 4,16).


(da Il mondo della Bibbia n. 21)

Letto 3734 volte Ultima modifica il Sabato, 19 Giugno 2004 13:12

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