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Sabato, 19 Giugno 2004 12:09

Pellegrini di Dio (P. Michel Bureau s.j. e Cyril Douillet)

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Pellegrini di Dio
P. Michel Bureau s.j. e Cyril Douillet


Quando la marcia occupa da sei a sette ore al giorno, può sembrare naturale che i pensieri siano in armonia con questa attività ripetitiva. Invece non è così. "Camminare umilmente con il proprio Dio" si attua nella ripetitività dei giorni. Un giorno dopo l’altro. Come un modo di essere nella quotidianità, piuttosto che agire in circostanze particolari. Il quotidiano deve essere lo stato abituale. La frase che segue, risponde alla domanda: "Cosa vuole il Signore che io faccia per lui"? "Ti è stato detto, o uomo, ciò che il Signore attende da te. Null’altro che camminare umilmente con il tuo Dio, praticare la giustizia e amare con tenerezza"(Mi 6, 8).


La Bibbia, testimone di una lunga marcia


Marciare, può rappresentare il passaggio dalla marcia fisica, che mette a dura prova, alla memoria dei racconti biblici. La Bibbia è, essa stessa, il racconto o la testimonianza di un lungo cammino, di una lunga evoluzione dei rapporti tra l’uomo e Dio.


Prendiamo l’esempio di Abramo, il primo pellegrino. Partì, senza conoscere la direzione da prendere, per il paese che Dio gli aveva indicato. La decisione presa di partire, era il suo modo di manifestare la sua fedeltà, e ciò gli fu riconosciuto come cosa giusta. La decisione di partire diventa allora un modo di tradurre nel concreto della sua vita, un’esigenza interiore, La chiamata, l’invito di Dio a lasciare il suo paese, la casa di suo padre, la sua famiglia, trasformò Adamo da nomade a pellegrino. "Da accampamento in accampamento, Abramo si diresse verso il Negeb" (Gen 12, 9). La decisione di partire, per quanto giustificata dalla necessità, non è che la risposta ad un richiamo interiore, ad un invito benevolo, se non addirittura amorevole.


Dio invita a partire


Abramo è invitato ad abbandonare il paese e lo abbandona; invitato a sacrificare il suo unici figlio si appresta ad obbedire. Essere pellegrino, è forse un invito ad abbandonare tutto? Gli ascendenti e i discendenti? L’essenziale consiste forse nell’essere in questo rapporto che lega, che nutre? Alcuni si legano con i legami dell’amicizia, lui, con l’obbedienza ad una parola che scopre man mano. Nessuno l’aveva sentita prima di lui , nessuno aveva messo in gioco la sua fiducia in un tale invito. E un uomo stupefacente: egli vede e non si ferma, Egli vede il paese che il Signore ha promesso a lui e alla sua discendenza e continua. Perché? La storia non lo dice. E forse tentato di restare nel paese che gli è stato promesso con solennità? Nemmeno questo dice la storia. Egli cammina, senza porsi domande.


Per alcuni giorni Abramo è con il proprio figlio, i suoi servitori, alcuni asini. Tre giorni di marcia, fianco a fianco in silenzio, è lungo…Bisogna averlo provato per sapere cosa significa. Ciascuno cammina, immerso nel suo segreto: il padre con questa nuova chiamata che lo fa mettere in cammino per un luogo che solo più tardi gli sarà rivelato, con questa richiesta che sembra togliergli la discendenza che ha impiegato tanti anni ad avere; il figlio, la sua progenie, frutto di una promessa, come il paese. Preferirebbe egli forse rinunciare al paese, piuttosto che alla sua discendenza? Forse…. la storia non lo dice.


Il figlio è preso come si prende un agnello del gregge per accogliere l’ospite di passaggio. Preso ed abbandonato a sé stesso senza una parola di spiegazione. Quando i servitori non saranno più con loro, dopo tre giorni di marcia, alla domanda su chi sarà la vittima offerta in sacrificio, padre e figlio si ritroveranno davanti alla parola: Dio provvederà. "e se ne andarono tutti e due insieme"(Gen 22, 6).


Marcia iniziatica, ove il padre introduce il figlio nella fede alla parola. Il ritorno non ha bisogno di commenti: Abramo ritornò verso i suoi servitori e si misero in cammino insieme , verso Bersabea. Tre giorni di cammino, in silenzio, per imparare che la vita di un uomo è unica. Capito questo, si può essere padre, stabilirsi in qualche luogo, morire.


Dio cammina con il popolo


Il Signore ha accompagnato Abramo ed accompagna anche il popolo di Israele. "Il Signore camminava con loro, di giorno, in forma di colonna di nube"(Es 13, 21)Cosa c’è di più stupefacente: che l’uomo cammini con Dio, o che Dio si metta al passo dell’uomo? Si saprà un giorno, che Dio si rivela al suo figlio("Il mio figlio primogenito è Israele". Es 4, 22)camminando al suo fianco, affinché non abbia paura la notte, e guidandolo di giorno, come fece durante l’Esodo. . Dio manifesta la sua onnipotenza, rifiutando di servirsene. Cammina con l’uomo. La stessa logica gli impedirà di intervenire nei momenti della Passione e della Croce. Dio cammina con l’uomo anche correndo il rischio di sparire o di non essere riconosciuto. Quando Gesù camminerà sulle acque, i discepoli avranno paura. Quando camminerà con i discepoli di Emmaus, costoro non lo riconosceranno. La buona novella è che Dio cammina, e cammina con l’uomo. L’uso della parola "camminare" può essere inteso in quattro differenti significati: in senso letterale - "camminare", "camminare nel deserto"-; in senso figurato, "camminare con Dio ", con le sue molteplici declinazioni, "secondo la sua parola", "le sue leggi", "le sue istruzioni". "Camminare" può essere utilizzato anche nel senso di "far camminare", in senso fisico: " il Signore ti ha fatto camminare per quarant’anni nel deserto" (Deu 8, 2);lo stesso significato lo si ritrova poi, in senso figurato: "il Signore ti ha fatto camminare secondo le sue leggi. "Questa ultima formula, ripresa da molti profeti, diventerà uno dei segni della presenza di Dio presso il suo popolo, la nuova alleanza. Non potendo citare tutti i passi relativi, ci basti questo versetto: "Io darò loro un cuore solo, e metterò in essi uno spirito nuovo (…. )affinché essi camminino secondo le mie leggi"(Ez 11, 19-20).


Questi differenti significati attribuiti al verbo "camminare", si possono applicare anche , sia a momenti del pellegrinaggio che a quelli della vita del cristiano. In primo luogo , il cammino fisico. Questa attività, sensibile, è anche occasione di un’altra esperienza: ti è stato dato di camminare, sia perché qualcuno ti ha aiutato, aspettato, curato, sia anche perché qualcuno ti ha permesso di "avanzare". L’inizio di un cammino di fede, consiste nel riconoscere di aver ricevuto una forza che non proviene da se stessi, e nel nominarne l’origine, l’autore.


Dio, per rivelarsi, utilizza una via imprevista: Egli invita dapprima il suo popolo a mettersi in viaggio per rendergli culto. Non ci sarebbe nulla di straordinario in questo, se non gli chiedesse di andare nel deserto. Faraone , non è tratto in inganno e rifiuta l’invito. Per di più, questa richiesta di uscire, di andare nel deserto, è per Dio l’occasione di liberare Israele dal suo oppressore. ""Camminare" nel senso più letterario del termine, si precisa dunque, come "camminare secondo le istruzioni del Signore". Abbandonare il proprio paese per andare a rendere culto ad un Dio che non si è avuto ancora occasione di conoscere e, con il fatto stesso di mettersi in cammino, ricevere una libertà che non si sperava più di ottenere, poiché si era condannati a morte. Ecco il modo di agire di Dio.



Richiamo alla libertà


Dio chiama a quello che l’uomo pensa essere un rapporto di adorazione, di culto divino, ma la realtà è che egli ricostruisce l’uomo in tutta la sua grandezza. In questo egli si manifesta per ciò che egli è veramente. Da questo momento, gli uomini si trasmettono di generazione in generazione questo paradosso: "servire dio, rende l’uomo libero come lui" (Pour que l’homme soit un fils, Didier Rimaud, ed. CNPL).


Così, poco a poco, con il superamento dei chilometri, l’usura delle calzature e le intemperie, attraverso la sola grazia, o forse anche l’apporto di questi elementi esterni, il pellegrino si apre all’altro, all’opera che si realizza in lui, e che gli permette di compiere ciò che credeva essere il suo più intimo bene. Nel momento in cui prende la sua decisione per un’iniziativa personale, viene a scoprire che essa non era altro che la risposta a un invito. Ugualmente, il saggio avverte il cristiano che la sua conversione ha origine da un richiamo più grande di lui:


Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo,
Rinnova i nostri giorni come un tempo,
Se non ci hai respinto.
Sei troppo irato contro di noi.
(Lam 5, 21-22)


E necessario avere molta audacia, fede e humor per rivolgersi a Dio in questi termini.


La vita è un pellegrinaggio


Lungo il camino le debolezze del corpo, le sue fragilità, le sue piaghe e le asperità della strada, si mostrano in piena luce, con pudore e semplicità. La stessa cosa avviene per le debolezze dell’anima, dell’essere umano completo. Più che altrove o in circostanze diverse, la lontananza dalla propria casa o l’assenza di barriere abituali, permettono alla parola di ritrovare libertà , spogliandosi di schemi e sovrastrutture. Nessuna ostentazione, solo un modo semplice di manifestarsi.


Per il credente , da lungo tempo, la vita umana sulla terra è un pellegrinaggio. Questo concetto può essere inteso in almeno due maniere: per Giacobbe, essa è pellegrinaggio, in quanto passaggio più o meno lungo. Si può dunque misurare, paragonare, valutare. D’altra parte un pellegrinaggio comporta sempre un arrivo, una destinazione finale(per un Ebreo credente, Gerusalemme prima di tutto). La vita è dunque, più che un passaggio, un cammino verso una "fine", intendendo questa parola, come termine e come finalità. . ed ecco che il concetto assume il significato di buona novella: la vita non è assurda. E chiara l’evoluzione successiva del concetto: la vita è un pellegrinaggio per arrivare a "possedere "un termine e uno scopo. L’uomo difficilmente percepisce questa idea della meta da raggiungere: egli avanza passo dopo passo, come un bue che lavora la terra. Da questa ignoranza, nascerà la preghiera del salmista:


Apri i miei occhi
che io contempli le meraviglie della tua legge.
Io sono pellegrino sulla terra;
non nascondermi i tuoi comandamenti.
(Sal 118, 18-19)


Nel Nuovo testamento il termine "pellegrinaggio" ritorna parecchie volte. Per Pietro, gli uomini sono degli stranieri e dei viaggiatori(1 Piet 2, 11) ed è la stessa cosa per l’autore della Lettera agli Ebrei (Ebr 11, 13). Ciò che era ancora confuso nell’Antico Testamento, diventa chiaro nel Nuovo: la vera dimora dell’uomo, è presso Dio. Sulla terra, l’uomo è uno straniero, non è a casa sua. La sua vita è un viaggio, un pellegrinaggio, che trova luce nel modo in cui il Cristo ha percorso, per primo, il cammino. Ha aperto la strada. L’uomo, non domina il suo camminare, ma nemmeno procede come un cieco. Compiere un pellegrinaggio, è dunque mettersi nella situazione di scoprire l’essenziale di ciò che fa la condizione dell’uomo.


(Traduzione dal francese di M. Grazia Hamerl da Fêtes et Saisons 563)


 


 

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