Formazione Religiosa

Domenica, 15 Maggio 2016 13:19

Alberi commestibili e non commestibili… (Genesi cap. 2, vers. 16-17) (Simone Venturini)

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Se l’albero di cui si parla non è una pianta, ma simboleggia l’impossibilità da parte dell’uomo di fare tutto e da sé, allora anche la morte probabilmente non è quella fisica. Essa rappresenterebbe non la fine della vita, ma “una esposizione a rischi mortali”...

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».

E’ il secondo comando che Dio dà all’uomo. Il primo  (Gen 1,28) fu quello dove Dio ordinò all’uomo e alla donna di crescere e moltiplicarsi sulla faccia della terra e di esercitare un responsabile dominio sugli altri esseri viventi.

L’ordine che Dio dà all’uomo in questi versetti è, invece, di natura assai diversa. Apparentemente, può sembrare che si tratti di un divieto alimentare e nulla più. Tuttavia, se ricordiamo, i due alberi oggetto del divieto sono “molto particolari”. Essi non sono alberi veri e propri, ma rappresentano una capacità che deve restare al di fuori della portata umana. L’albero della vita rappresenta l’eternità; l’albero della conoscenza del bene e del male rappresenta la possibilità di fare tutto, senza limiti e censure. Si tratta di due capacità chiaramente al di fuori della portata umana. 

Sorprende però che Dio non ordini di non mangiare l’albero della vita, mentre proibisce perentoriamente all’uomo di mangiare dell’altro. Perché? La risposta verrà più avanti nel racconto, ma già adesso possiamo dire che le capacità che gli alberi donerebbero a chi mangia dei loro frutti sono strettamente collegate tra loro. 

La formulazione dell’ordine di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male è perentoria e apodittica: “non mangerai”. Assomiglia molto alle formulazioni di alcuni dei dieci comandamenti (cf. Esodo 20). Si tratta, così, della prima e fondamentale legge che Dio dà all’uomo. Fondamentale perché essa racchiude in sé la nozione dell’essenza stessa di ogni vero male: “la trasgressione”. 

Trasgredire significa “oltrepassare” dei confini invalicabili. Quando Dio dice all’uomo di non mangiare del frutto, non dà semplicemente un ordine, ma gli indica chiaramente una impossibilità: “di fare tutto senza limiti e senza censure, qualsiasi cosa frulli dentro la testa dell’uomo”. 

Insomma, Dio ricorda all’uomo la sua natura: un essere fragile, una creatura bisognosa di tutto, soprattutto di Dio. Mangiare dell’albero, invece, significa sostituirsi a Dio, poiché si è in grado di fare tutto. 

Ma Dio dice anche quale sarebbe la conseguenza della trasgressione: la morte. Una conseguenza che viene ben sottolineata dall’autore. Infatti, si dice “certamente moriresti” e non semplicemente “moriresti”. In ebraico c’è un rafforzativo che dà enfasi al comando: “moriresti, non ci sono dubbi”! 

Non c’è bisogno di dire che, invece, l’uomo non morirà affatto! Sappiamo, infatti, che Adamo vivrà ancora a lungo e avrà una sua discendenza (cf. Genesi 5). Vuol dire allora che Dio dice bugie all’uomo, come il serpente dirà alla donna? (cf. Genesi 3). 

Se l’albero di cui si parla non è una pianta, ma simboleggia l’impossibilità da parte dell’uomo di fare tutto e da sé, allora anche la morte probabilmente non è quella fisica. Essa rappresenterebbe non la fine della vita, ma “una esposizione a rischi mortali”, una “paurosa esposizione della propria esistenza nel burrone del caos e del nulla”. La verifica dell’esattezza di ciò che sto dicendo verrà più avanti, nel capitolo terzo della Genesi.

Simone Venturini

(pubblicato in http://www.simoneventurini.it/it/alberi-commestibili-e-non-commestibili-genesi-cap-2-vers-16-17/)

 

 

Letto 1938 volte Ultima modifica il Domenica, 15 Maggio 2016 13:34
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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