1. L’insegnamento del Nuovo Testamento riguardo l’ordinazione dei ministri della Chiesa
Una serie di testi del N.T. riporta l’elezione di persone al ministero nella Chiesa mediante l’imposizione delle mani accompagnata dalla preghiera (At. 6,6; 1 Tm. 4,14; 4,22; 2 Tm. 1,6). Il gesto dell’imposizione delle mani è un gesto biblico tradizionale di benedizione e di consacrazione, con il quale la Chiesa primitiva conferiva i doni dello Spirito Santo. Le lettere indirizzate a Timoteo fanno un esplicito riferimento alla grazia conferita al ministro per metterlo all’altezza del compito che gli viene affidato: "Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito, per indicazioni dei profeti, con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri" (1 Tm. 4,14; 2 Tm. 1,6).
Il rito dell’imposizione delle mani è perciò un momento chiave nella continuità dell’ufficio e della missione all’interno della Chiesa. Ma in quanto tale non è conferito semplicemente per garantire la validità e l’efficienza amministrativa. Negli Atti, il saluto di commiato di Paolo rivolto agli incaricati della Chiesa di Efeso, collega la loro elezione con la continua premura dello Spirito Santo per coloro che sono stati salvati da Cristo: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistato con il suo sangue" (At. 20,28).
Questi testi, tuttavia, appartengono a libri relativamente posteriori del N.T., e in quanto tali devono essere considerati come parte di un processo di sviluppo alquanto complicato. Nella Chiesa primitiva c’è una grande varietà di ministeri. Lo Spirito Santo ha fatto differenti chiamate e, di conseguenza, differenti responsabilità incombevano ai dodici, agli apostoli, ai profeti e maestri, agli episcopi, agli anziani (presbiteri) e ai diaconi. Solamente con l’andar del tempo si è imposto uno schema più rigido. I titoli e le forme di servizio nella Chiesa erano all’inizio piuttosto fluttuanti e passavano attraverso una lunga evoluzione.
Tuttavia, c’è una cosa che il N.T. ci tiene a chiarire: gli uomini che avevano queste responsabilità non erano chiamati "sacerdoti", e i loro compiti non venivano mai definiti in termini di rito o di servizio di culto (come la manutenzione del tempio, il sacrificio, le varie forme di benedizione). Gesù è l’unico sacerdote del N.T., confermato con lo spargimento del suo sangue di martire Cristo vive per intercedere per il suo popolo presso il Padre. Questo compito sacerdotale di Cristo non esclude l’esistenza di uffici speciale nella sua Chiesa, ma vuole sottolineare che essi differiscono radicalmente dai servizi religiosi celebrati dai pagani o dalla casta sacerdotale degli ebrei.
Il ministero del N.T. è un "ministero di riconciliazione" (2 Cor. 5,18) esercitato da uomini scelti non per il culto,ma per il Vangelo di Dio, per riunire gli uomini nell’obbedienza delle fede (Rom. 1,1-6). Il ministro del N.T. è un individuo mandato per radunare l’umanità dispersa nella fede e nell’amicizia attorno alla mensa del Signore, perché gli uomini possano essere sempre più pienamente incorporati nell’uomo nuovo, Gesù Cristo.
2. Gli apostoli nel nuovo testamento
La vita pubblica di Gesù nella Galilea e a Gerusalemme fu caratterizzata dalla presenza dei dodici con lui. Questi erano gli uomini che egli si era scelti come suoi compagni personali, un cerchio ristretto nel gruppo più numeroso dei discepoli. I Dodici furono testimoni del Cristo Risorto, dopo la Pasqua (1 Cor. 15,5) ed ebbero un ruolo importante proprio come gruppo nei primi anni della Chiesa a Gerusalemme. Il loro compito fu importante non tanto come missionari, quanto come simboli e rappresentativi. Il fatto che ci fu un gruppo di dodici è più importante di quello che possono aver fatto. Con la loro semplice presenza accanto a Gesù e nella Chiesa, essi hanno dato una conferma pratica all’affermazione di Gesù di aver dato inizio al regno di Dio. Come Israele fu costruito su dodici tribù, così il nuovo Popolo di Dio ha avuto inizio con un gruppo di dodici uomini scelti da Gesù. Per il fatto stesso di essere dodici, questi discepoli scelti hanno testimoniato l’inizio di un nuovo ordine.
Senza dubbio i personaggi dominanti nel cristianesimo primitivo furono gli apostoli. Questi missionari della Parola pronunciarono le espressioni più efficaci che alimentarono la fede di tutti i cristiani. La vocazione di un apostolo aveva avuto inizio con il mandato ricevuto dal Cristo Risorto di andare a creare nuovi discepoli predicando il suo nome. Il suo primo compito è la fondazione di Chiesa per raccogliere insieme tutti coloro che rispondono al suo messaggio. Nelle lettere di S. Paolo, specialmente in quelle indirizzate ai cristiani di Corinto, noi vediamo un apostolo (Paolo) che si assume anche altre responsabilità verso la Chiesa che egli ha fondato: risponde ai quesiti posti, detta norme riguardanti il culto, ricorda le esigenze della disciplina comunitaria verso i suoi membri più deboli o negligenti. In questi primi tempi, anche se gli apostoli continuavano i loro viaggi apostolici, egli rimaneva l’"incaricato" della Chiesa che aveva fondato con la sua predicazione.
3. Il ruolo dei profeti, dei maestri e degli episcopi nel nuovo testamento
A Corinto e in altre Chiese fondate da Paolo, un gruppo attivo e importante era costituito dai profeti e maestri. Paolo li mette subito dopo gli apostoli quando fa l’elenco di coloro che erano stati eletti da Dio e avevano ricevuto il dono dello Spirito per il servizio nella Chiesa (1 Cor. 12,28). Paolo parla in termini elogiativi di chi profetizza agli uomini per incoraggiare, consolare e costruire una vita (1 Cor. 14,1-5). Questi ministeri della parola esercitavano un servizio carismatico e non istituzionale nella Chiesa primitiva, e in qualche parte erano apprezzati molto più degli uffici amministrativi che servivano per la continuità della vita della Chiesa.
La parola episcopo (vescovo) compare nel N.T., ma non è usata col significato attuale di un singolo pastore messo a capo di una Chiesa in un posto determinato. Il termine, spesso, è usato al plurale, e si riferisce a un gruppo collegiale di persone messe a capo di una Chiesa locale. La prova più evidente è che nel N.T. la parola episcopi viene usata come alternativa per indicare quegli uomini che di solito vengono chiamati con l’appellativo di "anziani" o "presbiteri".
4. Il Nuovo Testamento a proposito degli anziani e dei presbiteri
L’ufficio degli anziani e dei presbiteri è ampliamente documentato nei libri del N. T.: a Gerusalemme gli anziani sono collegati con gli apostoli (At. 15,2) e con Giacomo (2,18), con i quali formano un gruppo collegiale che governa la comunità. Nel campo della missione, di Paolo si dice che ha eletto degli anziani nelle Chiese che egli ha fondato (At. 14,23). Tuttavia non ci sono riferimenti a questo ufficio nelle lettere scritte con certezza da Paolo. Paolo invita i Tessalonicesi a rispettare coloro che "erano loro preposti nel Signore" (1 Ts. 5,12). Paolo ha mandato anche una lettera a un gruppo di episcopi che si trovavano a Filippi (Fil. 1,1). Questi incaricati zonali erano certamente subordinati all’autorità dell’apostolo itinerante, e solamente con l’andar del tempo essi vennero ad assumere la principale responsabilità pastorale per la loro Chiesa.
I testi posteriori del N.T., come le lettere di Timoteo, di Tito, la 1 di Pietro, quella di Giuda e di Giacomo, indicano che gli anziani rivestivano una carica e un’autorità ormai ben definite. Siccome gli apostoli scomparivano dalla scena del primo cristianesimo e i ministri carismatici diminuivano, si formarono dei gruppi di anziani per prendere in mano la direzione della Chiesa, per trasmettere il messaggio degli apostoli, per prendere posizione contro errori e deviazioni, per guidare la loro comunità nella preghiera. Questi sono gli uomini messi in carica mediante l’imposizione delle mani e la preghiera, e la loro elezione è in ultima analisi un atto di grazia sotto la guida della Spirito Santo.
Subito dopo i tempi apostolici gli anziani delle varie chiese ebbero una grande responsabilità per la continuazione e la crescita della Chiesa. Il servizio iniziale e i compiti di fondatori svolti dagli apostoli furono trasmessi agli anziani che ricevettero l’incarico in termini come questi: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina…Sii sempre sobrio,sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero" (2 Tm. 4,2.5).
5. I diaconi del Nuovo Testamento
La testimonianza scritta più antica a riguardo dei diaconi è contenuta nei saluti che aprono la lettera ai Filippesi. Un testo posteriore ha annotato questi requisiti: "I diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare,non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura…I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie" (1 Tm. 3,8-12). Ma nessuno di questi testi che usano il termine "diacono" dà una chiara indicazione delle responsabilità che essi assolvevano, né del modo con cui essi ricevettero l’ufficio. La Chiesa di Gerusalemme ha eletto sette uomini per un servizio speciale con l’imposizione delle mani e la preghiera (At. 6,1-6). Il motivo iniziale da essi portato era che essi dovevano badare al servizio delle mense, in modo che gli apostoli potessero attendere alla predicazione della parola. Ma due di questi sette, Stefano e Filippo, subito dopo ci vengono presentati come ministri della parola nella discussione con i Giudei e impegnati nell’annuncio di Cristo. Di conseguenza il diaconato non ha ricevuto nella Scrittura una configurazione precisa, ma rimane una questione aperta, suscettibile di sviluppi.
L’ordinazione attraverso l’imposizione delle mani è quindi sicuramente affermata nei libri posteriori del N.T. All’inizio la chiamata al servizio della Chiesa avveniva per un incontro diretto con Cristo e con lo Spirito. Ma con il passare della prima generazione di credenti, vennero fissati i ruoli con precisione maggiore, le responsabilità subirono delle modifiche, e si creò una linea di direzione secondo la quale le Chiese locali venivano presiedute da un gruppo di anziani o presbiteri assistiti dai diaconi. L’ordinazione era il rito espressivo che ammetteva i nuovi presbiteri a far parte di questi gruppi, attraverso l’imposizione delle mani e la preghiera fiduciosa che Dio avrebbe dato all’uomo, chiamato a questa missione, i doni della forza dell’amore e della saggezza per il servizio del Vangelo (2 Tm. 1,7).
6. L’interpretazione dell’ordinazione del ministero episcopale e sacerdotale nelle epoche passate della storia del cristianesimo
Uno degli sviluppi più antichi, alla fine del primo secolo, è stato l’emergere di leaders individuali dal collegio presbiterale delle Chiese locali. Molto presto ogni Chiesa locale passò sotto la guida di un unico pastore-capo o vescovo. Il collegio dei presbiteri non scomparve, ma rimase sotto forma di senato o consiglio, per condividere con il vescovo la responsabilità della dottrina, del culto e del governo della Chiesa. Comunque era indiscutibile l’importanza predominante del vescovo. Egli garantiva la continuità con la predicazione autentica degli apostoli; il fatto che il vescovo presiedeva la celebrazione liturgica accentuava l’unità della Chiesa; le sue direttive richiamavano tutti ad un’obbediente sottomissione. Fin dall’inizio del III sec. S. Cipriano considerava gli apostoli come i primi vescovi, e affermava che la Chiesa è una, perché uno è il vescovo in ogni Chiesa locale, il quale garantisce che c’è un solo altare, un solo sacerdozio e una sola cattedra di autorità. "Dovreste comprendere che il vescovo è nella Chiesa e che la Chiesa è nel Vescovo, e tutto ciò che non è con il vescovo non è nella Chiesa". L’unità cattolica si fonda sull’unità con il proprio vescovo o sulla comunione dei vescovi tra loro.
A. Sommo Sacerdote
Un secondo sviluppo di grande importanza, pure antico, appare chiaro nei riti dell’ordinazione dell’inizio del III sec. Un uomo ordinato vescovo viene insediato nell’ufficio pastorale di pascere il gregge e gli viene affidato il compito di servire come sommo sacerdote. L’importanza sempre maggiore attribuita all’ufficio sacerdotale derivò dal fatto che il cristianesimo incominciava a ritenersi il nuovo Israele. Il vecchio tempio e gli antichi sacrifici erano stati sostituiti dal popolo cristiano e dal suo sacrificio, l’eucaristia, presieduta dal vescovo. All’inizio soltanto il vescovo veniva chiamato "sacerdote", ma presto i presbiteri che lo assistevano e consigliavano vennero assimilati al suo sacerdozio. Il sacerdozio comune a tutto il popolo cristiano in forza del battesimo incominciò ad essere lasciato in secondo piano, e si introdusse la distinzione, sempre più crescente, tra sacerdozio e laicato. Questo sviluppo ulteriore dal ministero al sacerdozio sacro lo si poteva già intravedere nella preghiera della consacrazione episcopale del III sec.: "…possa egli servire senza macchia giorno e notte, possa egli contemplare e meritare la tua approvazione e offrirti i doni della santa Chiesa, e con lo spirito proprio del sommo sacerdote possa egli avere l’autorità di perdonare i peccati secondo il tuo comando, di assegnare gli uffici secondo il tuo valore, e sciogliere ogni legame secondo l’autorità che tu hai conferito ai tuoi apostoli".
Il tema del servizio sacerdotale nella Chiesa fornì agli antiche scrittori cristiani un’ampia opportunità di insistere sugli altri requisiti morali dell’ufficio sacerdotale, ricavati dalle prescrizioni della purità rituale che si trova nel V.T. I sacerdoti dovevano essere separati dal mondo, e il loro matrimonio dovette subire delle graduali restrizioni fino alla sua proibizione. Il codice romano arrivò a conferire dei privilegi al clero romano, e il popolo venne sollecitato a sostenere i suoi sacerdoti mediante la riscossione delle decime. Di conseguenza l’ordinazione venne ad essere sempre più un rito di consacrazione e di ammissione ad una casta sacerdotale, celibe e gerarchicamente distinta, dentro la società cristiana che stava sorgendo.
B. Ministero collegiale
Un terzo elemento per comprendere il significato dell’ordinazione nella Chiesa cristiana primitiva, deriva dalla interpretazione collegiale o corporativa del ministero nella Chiesa. Uno non era mai vescovo, presbitero o diacono da solo, ma sempre collegato con gli altri. La solidarietà dell’antico episcopato appare evidente nella vivace corrispondenza che i vescovi tenevano l’uno con l’altro, nei frequenti sinodi o concili, nella presenza di altri vescovi per l’imposizione delle mani quando un altro vescovo entrava a far parte del loro collegio. Nella Chiesa locale i presbiteri formavano una comunità collegiale attorno al loro vescovo. I presbiteri (sacerdoti) non erano individui isolati, ciascuno con il proprio incarico, ma facevano parte di un gruppo (o "ordine") con una responsabilità collegiale. Anticamente il vescovo non era un monarca assoluto, ma piuttosto un membro messo a capo del presbiterato locale. Nei primi secoli la funzione di consiglio da parte dei presbiteri era più evidenziata, mentre il vescovo era l’unico prete presidente delle celebrazioni liturgiche. Ma con lo sviluppo della Chiesa i presbiteri assunsero un ruolo più attivo passando anch’essi a presiedere le celebrazioni liturgiche in forma autonoma. Alcuni presbiteri divennero addirittura pastori nelle zone dio campagna. Ma l’ordinazione al presbiterato o al sacerdozio mantenne il suo carattere di collegialità. L’imposizione delle mani nell’ordinazione è soprattutto un atto di incorporazione nelle responsabilità collegiali assunte dai presbiteri nella Chiesa locale. Con l’ordinazione il nuovo sacerdote veniva ricevuto entro il gruppo, o nell’ordine, per assistere il vescovo nelle sue cure pastorali e quando presiedeva la liturgia della Chiesa.
C. Riordinazioni
Un cambiamento significativo nella comprensione del ministero fu introdotto dalla controversia donatista sulla riordinazione nel IV e V sec. I donatisti erano scismatici dell’Africa del Nord che non volevano avere nessuna relazione con i preti ordinati dai vescovi che avevano collaborato con le autorità romane durante le persecuzioni. La tesi dei donatisti era che questa colpa rendeva invalide le ordinazioni fatte in seguito da questi vescovi. La difesa dell’ortodossia naturalmente dichiarò subito categoricamente che l’ordinazione (in questo caso episcopale) in quanto atto sacramentale conferiva alla persona ordinata un potere che egli poteva esercitare anche se egli era diventato un peccatore o si fosse staccato dalla Chiesa come scismatico. Questo accento posto sul carattere oggettivo dei sacramenti è frutto in definitiva della convinzione che è Cristo a conferire la grazia attraverso l’atto rituale di cui egli si serve come strumento. Ma la concezione dell’ordinazione che prevalse poi nella coscienza della Chiesa fu che essa conferiva dei poteri sacri alle persone ordinate. Così questa polemica antidonatista preparò poi la concezione classica medioevale dell’ordinazione vista come il conferimento dei poteri sacerdotali di consacrare l’eucaristia e di assolvere i peccati.
D. Concezione del medioevo
Un altro fattore che intervenne a creare la sintesi del pensiero medievale fu il numero sempre crescente delle ordinazioni nelle comunità monastiche. In questo caso i monaci-sacerdoti sovente erano destinati ad avere poche responsabilità pastorali, e così la loro ordinazione facilmente fu interpretata come il potere di consacrare l’eucaristia, un atto che venne sempre più separato dalla celebrazione delle liturgie pubbliche in cui l’eucaristia è la più chiara espressione dell’unità della Chiesa, che era vista allora non tanto nell’eucaristia, quanto nella sottomissione gerarchica al vescovo e al papa.
Un altro importante fattore che ha contribuito ad uno spostamento di prospettiva nel Medioevo fu il non riconoscimento del carattere sacramentale dell’ordinazione episcopale. Se il fine primario dell’ordinazione è il conferimento del potere di consacrare l’eucaristia, non esiste nessuna vera ordinazione oltre a quella del sacerdozio ordinario. Il vescovo avrebbe avuto come distinzione una giurisdizione più piena, senza ricorrere ad un altro sacramento. Alla base di questa concezione rimaneva l’incapacità di considerare l’ordinazione come l’assunzione dei molteplici doveri della guida pastorale: la predicazione, l’istruzione, la celebrazione della liturgia,l’opera di riconciliazione e di conforto, di guida e di disciplina. La conseguenza più deleteria fu che l’eucaristia non fu più considerata come il punto focale di tutte queste attività, ma piuttosto un atto miracoloso per cui degli elementi materiali, una volta consacrati, diventavano il Cristo offerto in sacrificio al Padre, e si giunse a sostenere che l’eucaristia serviva soprattutto per l’adorazione e la comunione individuale.
E. Riforma
Questa visione unilaterale del ministero venne attaccata energicamente durante la Riforma del XVI sec. I riformatori protestanti furono unanimi nell’affermare che tra i doveri propri della persona ordinata, la predicazione del Vangelo era di gran lunga la più importante. Un individuo veniva ordinato per fare della Parola di Dio una realtà viva nella vita del suo popolo. Con l’ordinazione egli riceveva il mandato della predicazione della parola che portava la consolazione e il perdono di Dio.
La Riforma ha messo anche l’accento sul sacerdozio di ogni credente. Lutero fin dall’inizio ha proclamato questo principio davanti ai principi della Germania nel tentativo di spingerli a riformare la Chiesa. Ma la loro dottrina che sosteneva che la fede e il battesimo conferivano il sacerdozio a ogni cristiano, arrivò presto a negare che l’ordinazione al ministero fosse un sacramento che costituiva un ordine distinto di persone nella Chiesa. Nella tradizione protestante l’ordinazione è piuttosto una elezione, la quale per ragioni di buon ordine, delega una persona a fare ciò che il suo battesimo gli ha già conferito. Il sacerdozio del battesimo divenne così un’arma di polemica contro la gerarchia, e un argomento per dichiarare che tutti i cristiani hanno gli stessi diritti e poteri.
Contro questa posizione della Riforma il concilio di Trento ha affermato il carattere sacramentale dell’ordinazione sacerdotale. Esso non ha negato il sacerdozio comune dei fedeli, ma ha dichiarato che il sacerdozio ministeriale si distingue per i poteri che conferisce per l’esercizio del ministero sacramentale dell’eucaristia e del perdono dei peccati. Altri sforzi compiuti per riformare la Chiesa portarono ad un considerevole risveglio della predicazione e della cura pastorale da parte dei vescovi e dei sacerdoti cattolici nel periodo posteriore alla Riforma. Ma l’ordinazione in se stessa continuò ad essere considerata come il conferimento dei sacri poteri di trasformare miracolosamente l’eucaristia attraverso la consacrazione, e di perdonare i peccati.
7. La comprensione dell’ordinazione episcopale e sacerdotale, oggi
La dichiarazione del Concilio Vaticano II che la consacrazione episcopale è un atto sacramentale, introduce una modifica considerevole nel modo di intendere l’ordinazione da parte dei cattolici. Bisogna comprendere che il rito conferisce molto di più di alcuni poteri sacri che fanno dell’uomo un mediatore sul piano del culto. Spesso l’ordinazione viene presentata come l’iniziazione a un triplice ministero, quello della parola, dei sacramenti e del governo della Chiesa, a imitazione di Cristo che fu profeta, sacerdote e re. Ma oggi si pone maggiormente l’accento sull’unità del compito pastorale di governare la Chiesa. Anima di questa direzione deve essere la Parola di Dio che il sacerdote ordinato deve predicare, applicare alla vita dei fedeli, e portare alla sua reale pienezza nella celebrazione della liturgia eucaristica. C’è un’unica forma di servizio nella direzione della Chiesa, che alimenta la vita con la fede, istruisce nella vita cristiana, presiede il culto e la preghiera, e cerca con ogni mezzo di riconciliare gli uomini tra loro e con Dio. L’ordinazione episcopale conferisce questa responsabilità nella forma più piena ed esauriente. Il sacerdozio e il diaconato conferiscono una responsabilità limitata e subordinata in questo stesso servizio di governo.
Un’altra dimensione che è stata sottolineata è la ripresa del tema del carattere sacerdotale del popolo di Dio nel suo insieme. Tutti i battezzati vengono consacrati e delegati a servire come mediatori tra Dio e l’umanità intera. Essi formano un popolo sacerdotale destinato a celebrare la presenza conciliatrice di Dio nel mondo. Essi si presentano a Dio, specialmente nell’eucaristia, come popolo-portavoce del genere umano, per offrire a Dio l’omaggio dell’adorazione e invocarlo come il Padre di un’umanità bisognosa. Come risultato di questo allargamento di prospettive della Chiesa nel suo insieme, l’ordinazione dei ministri mette meno in evidenza il carattere sacerdotale nella celebrazione del rito, e lo colloca maggiormente in un contesto di servizio per la costruzione e la guida del popolo sacerdotale per il quale l’ordinazione crea i suoi capi profetici e sacramentali.
8. I problemi oggi più controversi
Una serie di discussioni scottanti e attuali oggi non si preoccupano tanto della natura dell’ordinazione, quanto di mettere in crisi la "cultura clericale" che si è sviluppata attorno al ministero sacerdotale nella Chiesa. Alcuni criteri di elasticità, propri della Chiesa primitiva, possono essere introdotti nel ministero della Chiesa attuale, per esempio, attraverso l’inserimento di uomini sposati in questo servizio del popolo di Dio? Tutti quelli che si dedicano a questo servizio devono avere come caratteristica e distinzione una divisa diversa, una speciale educazione e cultura, e la mancanza di una professione nel mondo? Forse il problema più urgente è: questo ministero deve essere portato avanti unicamente da uomini con esclusione delle donne? [Giovanni Paolo II ha sottolineato con grande convinzione l’esclusione delle donne dal servizio sacerdotale ministeriale, facendo capire che questa dottrina difficilmente potrà essere mutata anche in avvenire nella Chiesa]. Tutti questi interrogativi problematici postulano un cambiamento e un’elasticità in consuetudini e pratiche che hanno una lunga tradizione alle loro spalle. Attualmente non appare del tutto evidente che queste tradizioni siano aspetti essenziali e sostanziali dell’ordinazione e del ministero nella Chiesa. Gran parte del cristianesimo, che noi abbiamo costruito attorno alla scelta di ministri unicamente uomini, al celibato, e a un ministero unicamente clericale, un domani forse potrà essere suscettibile di cambiamenti, così come il servizio reso al popolo di Dio si adatta alle sue necessità a seconda delle esigenze dei tempi.
9. Il diaconato nella Chiesa
In tutto il mondo cristiano dei primi otto secoli i diaconi ordinari avevano un ruolo importante nell’assistere i vescovi nel loro ministero. Essi assistevano gli orfani, le vedove, i poveri, gli ammalati e i prigionieri. Sovente essi organizzavano l’ospitalità che la Chiesa locale estendeva ai colleghi cristiani che arrivavano come ospiti. Spesso essi avevano l’incarico dei catecumeni e aiutavano i loro maestri. Il loro compito nella liturgia era vario: facevano sedere l’assemblea, raccoglievano le offerte, leggevano i brani della Scrittura, distribuivano la comunione, assistevano al battesimo. In molte zone, ai diaconi venivano affidate le comunità rurali che il vescovo o il sacerdote potevano visitare solo sporadicamente. Così i diaconi assolvevano importanti responsabilità di carattere liturgico, caritativo e amministrativo.
Nei secoli successivi questa terza categoria di ministri ordinati nella Chiesa incominciò a diminuire. Anzitutto i compiti dei diaconi divennero esclusivamente liturgici, e così il diaconato divenne poco più di un gradino ufficiale che portava all’ordinazione sacerdotale. Nella società medioevale cristiana c’era posto per i vescovi e per i sacerdoti che formavano una casta ecclesiastica dotata di poteri soprannaturali e di autorità, senza mansioni secolari, e sostenuta dai benefici. Ma per il diacono non c’era posto, essendo egli chiaramente ordinato per il servizio e non per il governo.
Ai nostri giorni l’importanza dell’ordinazione del diaconato sta acquistando maggiore evidenza, ed è stata ripristinata come una vocazione permanente nella Chiesa. Il tema del servizio del Popolo di Dio è l’idea madre della teologia contemporanea sull’ordinazione dei ministri. La Chiesa si considera a servizio dell’umanità. È urgente quindi esprimere questa realtà in un settore del ministero chiaramente dedicato al servizio.
In una Chiesa dove i sacerdoti sovente si trovano da soli nel servizio pastorale delle comunità, il diaconato è necessario per impedire all’unico pastore di esercitare un dominio assoluto, e di lasciarsi assorbire in faccende marginali di carattere amministrativo, che potrebbero essere sbrigate da un diacono. Lo studio della liturgia ha dimostrato che la maniera più degna di celebrare l’eucaristia è che ci sia un prete presidente e un diacono che lo assista. Soprattutto le responsabilità di carattere non liturgico affidate ai diaconi dimostrano chiaramente che la persona ordinata non viene scelta unicamente per motivi di culto. L’ordinazione piuttosto designa un uomo per un complesso lavoro di costruire la Chiesa come popolo eletto di Dio e per attuare la sua presenza di riconciliazione nel mondo. Il presiedere la celebrazione liturgica è solo un aspetto del suo servizio. È molto significativo perciò che il primo grado di ministero abbracci tutta la vasta gamma degli altri servizi di cui ha bisogno il popolo sacerdotale di Dio.
10. Il significato fondamentale del sacramento dell’ordinazione
L’ordinazione al ministero della Chiesa è un avvenimento in cui convergono molti fattori.Perciò il significato dell’ordinazione può essere colto solamente se lo consideriamo secondo vari aspetti.
Prima che un uomo venga ordinato, ci deve essere un lavoro di preparazione per opera dello Spirito Santo il quale fornisce la vocazione al servizio ministeriale.
Determinate disposizioni e qualità adatte designato una persona a questa chiamata. Poi interviene la grazia o il carisma, per cui una persona sente un’attrazione verso il servizio sacerdotale del popolo di Dio. Questa chiamata non arriva a dominare una persona, ma la lascia libera di accettare o di rifiutare. L’accettazione definitiva di questa chiamata di Dio avviene durante l’ordinazione stessa quando l’ordinando risponde: "Sono pronto. Lo voglio". L’atto sacramentale poi mette il sigillo dello Spirito alla chiamata che uno ha sentito ed esperimentato. La grazia della vocazione dimostra chiaramente che il ministero non è una semplice professione che uno decide di abbracciare, ma deriva dalla chiamata di Cristo che provvede i pastori al suo gregge.
Un altro aspetto preliminare dell’ordinazione è l’approvazione da parte del popolo di Dio. Essa viene richiesta soprattutto dal vescovo o dal superiore religioso che presenta i candidati al sacerdozio. Come consigliava S. Paolo a Timoteo, non bisognerebbe aver fretta di imporre le mani (1 Tm. 5,22). I carismi normali di una vera vocazione devono essere individuati, specialmente per quanto riguarda la propria crescita nell’amore per la Parola di Dio e il desiderio e la capacità di servire il popolo di Dio. Anticamente le Chiesa coinvolgeva tutto il popolo cristiano nel giudicare l’idoneità dei candidati al sacerdozio, e di questo è rimasta una traccia nell’attuale rito dell’ordinazione dove il vescovo chiede al popolo di dare il proprio benestare a coloro che stanno per essere ordinati per mettersi al loro servizio.
F. L’incorporazione
Un aspetto centrale dell’ordinazione è l’incorporazione nella comunità di coloro che hanno responsabilità e autorità ministeriale nella Chiesa. Il ministero non è un dono affidato ad un individuo isolato, ma piuttosto una partecipazione alla responsabilità collegiale portata avanti da un gruppo. L’ordinazione inserisce un nuovo membro nell’ordine, o nella categoria delle persone dedicate a questo governo e a questo servizio nella Chiesa. L’ordinazione episcopale incorpora un individuo nel collegio universale dei pastori che governano tutta la Chiesa. L’ordinazione sacerdotale immette l’individuo nel collegio dei presbiteri che assistono il vescovo nel suo servizio pastorale reso al popolo di una determinata zona. L’ordinazione del diacono designa un uomo perché cooperi ad una vasta gamma di servizi da prestare sotto la guida del vescovo e in collaborazione con i sacerdoti. La dimensione comunitaria di questi vari ministeri mette in evidenza la più profonda realtà del servizio ecclesiale, il servizio per la causa dell’unità e della comunione nella Chiesa. La Chiesa universale è la comunione o l’elemento sacramentale di unità di molte chiesa, raccolte in una unità espressa e promossa dal collegio dei vescovi. Una comunità parrocchiale o un gruppo meno numeroso del popolo di Dio entra "in comunione" con le altre comunità o gruppi parrocchiali in quanto i loro pastori appartengono all’unico e medesimo presbiterato.
G. La designazione e consacrazione
L’ordinazione è anche un atto di designazione e di consacrazione per una funzione direttiva nella Chiesa. Mediante il sacramento una persona viene coinvolta in un modo nuovo nella missione profetica e sacerdotale di Cristo. L’ordinazione designa un individuo perché conduca una vita di servizio alla Parola di Dio e diventi un uomo consacrato al Vangelo, che è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rom. 1.16). Tutte le persone ordinate, i vescovi, i sacerdoti e i diaconi, diventano i primi responsabili dell’evangelizzazione, della predicazione, dell’opera di incoraggiamento, di istruzione e di tutti gli altri mezzi che facilitano la trasmissione del mistero di Dio nel nostro mondo. I vescovi e i sacerdoti hanno l’incarico di parlare e di agire a nome di Cristo quando essi presiedono l’eucaristia e impartono l’assoluzione. Come conseguenza del loro servizio alla parola ed ai sacramenti, le persone ordinate hanno l’autorità di promuovere il giusto ordine nella Chiesa e rendere esplicite le direttive che scaturiscono dal Vangelo. Una persona non assume da sé questa responsabilità, ma solamente in forza della consacrazione sacramentale che la associa in modo speciale a Cristo per la continuazione della sua missione.
Infine, l’ordinazione è un atto di santificazione con il quale una persona riceve la luce e la forza di condurre una vita di dedizione e di servizio nella Chiesa. Il significato più profondo dell’imposizione delle mani è l’infusione dello Spirito Santo come divino consolatore per sostenere la missione che gli ordinandi stanno per assumersi (1 Tm. 4,14; 2 Tm. 1,6). Così l’ordinazione tocca una persona nell’intimo della sua umanità per metterla in grado – se elle coopera – di costruire efficacemente il corpo di Cristo, non solamente con la parola e i sacramenti, ma anche con la sua vera identità e presenza in mezzo al popolo di Dio.
11. L’ordinazione conferita al di fuori dell’unità della Chiesa cattolica
Sovente si è pensato che le ordinazioni conferite nelle Chiese separate siano difettose perché non si è conservata in queste chiese la successione apostolica. Molte di esse non hanno neanche i vescovi, e tra quelle che li hanno, solamente la Chiesa ortodossa orientale e le Chiese anglicane hanno mantenuto la continuità episcopale continuando la pratica dell’imposizione delle mani.
Tuttavia sarebbe un errore intendere la successione apostolica semplicemente come una realtà fisica. Nella Chiesa primitiva il modo di trasmettere i vari uffici era inizialmente piuttosto elastico. Non ci sono prove che i profeti e maestri fossero ordinati con l’0imposizione delle mani, ed essi possono benissimo avere presieduto le celebrazioni eucaristiche a Corinto. Inoltre, la nostra riflessione sul significato dell’ordinazione ha dimostrato che il ministero pastorale dipende non semplicemente da una chiara linea di trasmissione, ma dallo Spirito Santo che riveste una persona dei carismi adatti per svolgere una funzione di governo nella Chiesa.
Dobbiamo anche riconoscere che le comunità e le Chiese separate dall’unità della Chiesa cattolica non sono affatto prive di valori cristiani. In esse viene custodita la Parola di Dio, si amministra regolarmente il battesimo, e Dio viene lodato con inni e preghiere. Il lavoro dello Spirito Santo si manifesta nella dedizione alla santità, all’amore e al servizio, cose tutte, queste, che queste Chiese promuovono tra i loro membri.
Di conseguenza noi dobbiamo cogliere il vero significato dell’atto con cui una Chiesa separata designa una persona al ministero pastorale di parlare e agire in nome di Cristo nella sua comunità. Si tratta di un vero conferimento di ufficio e di responsabilità pastorale. Tuttavia, a causa della separazione di questa Chiesa dal collegio episcopale universale, questa orinazione è in una certa misura difettosa nella sua realtà sacramentale. Questo fatto è ulteriormente complicato dal fatto che ovunque tra i protestanti si nega che l’ordinazione sia un fatto sacramentale che conferisce una partecipazione a uno specifico ufficio pastorale nella Chiesa.
Concludendo: mentre la Chiesa cattolica non può garantire la piena validità degli atti sacramentali dei ministri protestanti, essa riconosce senz’altro la loro chiamata a servire la Parola di Dio e a lavorare per la costruzione del popolo di Dio nella loro comunità.
a cura di Cesare Filippini