1. Il matrimonio nel Vecchio Testamento
La Bibbia riflette un’evoluzione notevole nella concezione giudaica e cristiana del matrimonio. I primi accenni sul matrimonio risalgono al tempo in cui i primi israeliti a stento si distinguevano dai loro vicini pagani, per arrivare poi fino allo storico parallelo istituito nella lettera agli Efesini tra l’amore sponsale e l’amore di Cristo che ha dato se stesso per coloro che ha redento.
Gesù stesso ha sottolineato che le antiche leggi sul matrimonio erano adattate alla "durezza di cuore" di Israele (Mt. 19,8). Era tollerata la poligamia (cfr. 1 Sam. 1,2); alcuni matrimoni tra congiunti erano perfino richiesti per perpetuare la discendenza fisica (Dt. 25,5-10); e il marito poteva ripudiare sua moglie per un certo numero di mancanze (Dt. 24,1-4). Il significato più antico del comandamento "non commettere adulterio" era che un uomo non doveva violare i diritti di proprietà che un marito aveva sulla propria moglie. L’uomo non commetteva peccato se aveva una relazione sessuale al di fuori della famiglia, a meno che avesse una relazione con la donna di un altro marito.La concezione di un doppio criterio di valutazione per l’uomo e per la donna ha una lunga storia.
I testi più recenti del Vecchio Testamento riflettono un crescente processo di purificazione intrapreso da Israele nei riguardi del matrimonio. Il secondo racconto della creazione (Gen. 2) indica che il matrimonio non è semplicemente un accordo raggiunto in vista della procreazione, ma che l’uomo e la donna sono creati per sostenersi a vicenda in un’intima amicizia. Ognuno completa l’altro vivendo insieme e diventando una sola carne. Il matrimonio è una vita a due voluta di Dio, a dispetto di tutti i disagi causati dal peccato della prima coppia.
Nonostante le clausole della legge che concedevano il divorzio per ripudio, lo scrittore dei Proverbi raccomanda agli uomini di vivere in amore e fedeltà verso la donna della loro giovinezza (5,15-20). Il profeta Malachia inveì contro il divorzio considerandolo una pratica che Dio ha in odio (2,15), e fece un significativo passo avanti definendo il matrimonio un’alleanza che aveva Dio come testimone (2,14). Se il matrimonio è un patto, allora attorno alla relazione tra marito e moglie si sviluppa subito una ricchezza di valori religiosi, come la reciproca fiducia, gli impegni sacri assunti, la fedeltà di Dio. Il tema dell’alleanza è stata la grande forza di purificazione che ha portato all’ideale cristiano del matrimonio celebrato nella legge del Signore. Quasi alla vigilia dell’era cristiana, il libro di Tobia ha presentato un quadro altamente spirituale di una coppia che viveva alla presenza di Dio. In spirito di fedeltà e di preghiera, consacrati per tutta la vita all’ideale di un sano matrimonio (cfr. specialmente (Tb. 8,5-8).
2. Il pensiero di Gesù sul matrimonio
Gesù si inserì nella tradizione della riforma prospettata da Malachia e da Tobia, quando egli dettò il principio assoluto: "L’uomo non separi ciò che Dio ha unito" (Mt. 19,6). Gesù rese obbligatorio per i suoi seguaci l’ideale seguito da Dio nel suo patto con Israele, in cui egli rimane fedele anche quando Israele si ribella con il peccato. Nel Vangelo di Marco, Gesù ha stabilito il principio rivoluzionario che nel matrimonio anche la moglie ha dei diritti che vengono violati dall’infedeltà di suo marito: "Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei" (Mc. 10,11). Secondo Matteo, Gesù si appellò all’intenzione originale di Dio nel creare l’uomo e la donna, perché vivessero non come due esseri separati ma formassero un’unica realtà in una unione consacrata da Dio stesso.
3. Testi del Nuovo Testamento che riflettono il pensiero di Gesù
Assieme a queste parole insistenti di Gesù noi dobbiamo prendere in considerazione le qualità dell’amore e della dedizione che egli ha manifestato quando affrontò la morte per l’umanità peccatrice. L’amore di Gesù per coloro che egli redime costituisce il vero fondamento dell’amore cristiano nel matrimonio. Infatti nel N.T. egli paragonò gli uomini redenti ad un popolo che Cristo ama come la sua sposa (2 Cor. 11,2; Ap. 19,7; 21,9).
In una delle sue prime lettere, S. Paolo ci ha lasciato la dottrina di Gesù circa gli obblighi che marito e moglie devono avere per tutta la vita nell’ambito del matrimonio (1 Cor. 7,10-11). Paolo ha messo in evidenziala piena parità del marito e della moglie nel matrimonio, un colpo tremendo anche se non apprezzato in favore della parità dei diritti della donna: "La moglie non è arbitro del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie" (1 Cor. 7,4).
Inoltre nella lettera posteriore indirizzata ai cristiani di Efeso (cap. 5), noi arriviamo al testo biblico più autorevole sul matrimonio. Il contesto in cui si inserisce è una lunga esortazione rivolta ai cristiani, i quali, in quanto scelti da Dio e rinati in lui, dovrebbero camminare in maniera degna della vocazione alla quale sono stato chiamati (4,1). Noi "dovremmo camminare nella carità, nel modo che anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (5,2). Nel matrimonio questo amore, simile a quello di Cristo, dovrebbe trasformare la relazione tra marito e moglie (5,21-23). Ma qui c’è qualcosa di più che una prescrizione di carattere etico. La relazione a due in una carne sola voluta da Dio fin dall’inizio, è un grande mistero che esprime la relazione di Cristo con il suo popolo di redenti (5,32). Il matrimonio stesso può essere un’immagine dell’amore e della fedeltà di Cristo, e diventare così un segno o un sacramento di Cristo Redentore che ha dato la sua vita per l’umanità peccatrice.
Così abbiamo preso le distanze dalla mentalità espressa dalle antiche leggi d’Israele. Il significato del matrimonio ha acquistato più ricchezza, maggiore profondità e bellezza. Quando ci guardiamo attorno nella civiltà occidentale degli anni 1970, ci viene subito l’idea che molti cristiani devono proprio trovare questa nuova via. Abbiamo urgente bisogno di riprendere la visione del matrimonio come un’alleanza sacra, testimoniata da Dio, che unisce marito e moglie in una intimità che deve durare tutta la vita, e in un amore che rispecchi l’amore di Cristo che ha dato la sua vita per quelli che egli ha redento.
4. Il matrimonio nei primi secoli della tradizioni cristiana
Gli scrittori delle prime generazioni succedute agli apostoli hanno fatto solo degli accenni fugaci al matrimonio, ma anche in essi noi avvertiamo che il matrimonio cristiano ha qualcosa di diverso. L’amore redentivo di Cristo costituisce il criterio di riferimento; del matrimonio se ne occupa il vescovo; le leggi civili che ammettono il divorzio hanno un valore unicamente umano e non si applicano ai cristiani.
Alcuni movimenti spiritualisti del primo cristianesimo - ispirati più da Platone e dallo stoicismo che dalla Scrittura - incominciarono a disprezzare gli aspetti materiali dell'esistenza umana. L'idea che il corpo fosse la prigione ostile dell'anima indusse a guardare con sospetto la realtà del matrimonio in quanto troppo grossolana e carnale. Nonostante la solenne benedizione con cui la Chiesa ratificava ì matrimoni cristiani, il pensiero della Chiesa fu contagiato dall’idea che l’ascetismo più puro dello stato della verginità era preferibile al matrimonio. Un maestro come s. Agostino conosceva e citò i versi della lettera agli Efesini sull’amore e sulla fedeltà della vita matrimoniale, che riflettevano l'amore e la fedeltà di Cristo, ma nelle stesso tempo egli credeva che il peccato originale avesse ferito talmente la sessualità umana che la relazione sessuale nel matrimonio doveva sempre essere contagiata da qualche colpa. Solamente il fine della procreazione poteva superare questo senso di peccato e rendere moralmente accettabile la relazione matrimoniale.
Nei secoli successivi dell'antichità si verificò un'evoluzione importante nell'impero romano orientale dominato da Costantinopoli. Siccome la Chiesa venne sempre più sotto l'influenza dell'autorità imperiale, uno spirito di adattamento portò ad una modificazione della rigida presa di posizione adottata precedentemente dalla Chiesa contro il divorzio e le seconde nozze. Le autorità ecclesiastiche dell'Oriente giunsero a citare le parole di Gesù in Matteo (5,32; 19,9) che sembrano introdurre un’eccezione alla norma contro il divorzio, cioè l'espressione: "eccetto il caso di concubinato". La legge civile permetteva le seconde nozze dopo l'adulterio, e la tradizione cristiana orientale arrivò a tollerare le seconde nozze del "coniuge innocente" dopo il naufragio del primo matrimonio sugli scogli dell'infedeltà. Per cui la Chiesa ortodossa attuale contempla una speciale liturgia per le seconde nozze; si tratta però di una liturgia vibrante di preghiere penitenziali imploranti perdono e purificazione.
5. Gli sviluppi della concezione del matrimonio durante il Medioevo
Lo sviluppo più importante che si verificò in occidente durante il Medioevo non è stato l'inserimento del matrimonio nella lista definitiva dei sette sacramenti. È stata piuttosto l'introduzione di una mentalità legale e contrattuale nella visione cristiana del matrimonio. Già verso il tardo medioevo i riferimenti al matrimonio, come a un patto sacro di fedeltà, si erano fatti sempre più rari, e il matrimonio era più spesso visto come un contratto stipulato dal mutuo consenso che concedeva uno scambio reciproco di diritti esclusivi sul proprio corpo in vista dell'atto creativo. Il linguaggio del contratto rese possibile parlare del matrimonio con una chiarezza sorprendente, ma lo ridusse ad uno scambio quasi commerciale di beni e di prestazioni. Facendo eco ad Agostino, la tradizione medioevale ripeté continuamente il primato del fine della procreazione nell'amore del matrimonio.
Il diritto canonico si arricchì di ulteriori precisazioni, la Chiesa medioevale occidentale sviluppò una vasta gamma di clausole circa i requisiti legali richiesti per un valido contratto matrimoniale, specialmente a riguardo degli impedimenti che ostacolano alcuni matrimoni.
6. Il problema della Riforma e la risposta della Chiesa
I riformatori protestanti del XVI secolo lanciarono un violento attacco contro la competenza dell'autorità del papa e dei vescovi di fissare delle condizioni vincolanti a riguardo del matrimonio. La concezione di un sacramento da parte della Riforma, inteso come parola e segno di una promessa di perdono dei peccati, rendeva impossibile a molti protestanti considerare il matrimonio come un sacramento di Cristo e della Chiesa. La tradizione protestante sosteneva piuttosto che il matrimonio è una realtà che deriva dalla creazione, come una relazione umana, unica nel suo genere, istituita da Dio, ma non da includersi integralmente nell'opera di applicazione della redenzione di Cristo. Il matrimonio rimane fondamentalmente una realtà secolare. La Chiesa può esplicitare il mandato di Dio ed esortare le coppie a vivere nella fedeltà, ma il matrimonio cristiano in se stesso non è un'espressione del mistero dell'amore redentivo di Cristo.
Nella sua risposta alla Riforma, il concilio di Trento ha riaffermato che il matrimonio tra cristiani è un sacramento di Cristo, in quanto la sua dottrina è contenuta nella lettera agli Efesini. Il concilio ha respinto l'accusa che la Chiesa è andata oltre le sue competenze, sia nello sviluppare una legislazione sul matrimonio e sia nell'insistere sull'indissolubilità del matrimonio cristiano. Il concilio ebbe l'accortezza di non condannare apertamente la tolleranza verso il divorzio implicita nelle seconde nozze, che si era diffusa nella Chiesa Orientale, ma non ebbe nessuna intenzione di ammetterlo nella tradizione cattolica.
In tempi recenti questa tradizione cattolica si è imposta per il suo impressionante rigore e per la sua consistenza teologica riguardo alla dottrina del matrimonio. Ogni matrimonio tra due persone battezzate è considerata un'unione sacramentale che dura per tutta la vita. Non si è ceduto a nessun compromesso riguardo al divorzio, eccetto il caso in cui si scopra che il primo matrimonio non fu di fatto un matrimonio nel senso inteso dal sacramento. Nell'ambito del matrimonio il fine primario era la procreazione dei figli, un fine che doveva essere rispettato in ogni espressione di amore nei rapporti sessuali del matrimonio. In tempi molto recenti questa tradizione cattolica è stata messa in crisi da vari punti di vista. Di conseguenza i cattolici oggi hanno intrapreso un lungo cammino attraverso i testi della Bibbia, alla ricerca di una nuova profondità e di una nuova luce che illumini il matrimonio celebrato secondo la legge di Dio.
7. In che senso il matrimonio è indissolubile?
Noi preferiamo trattare questo problema prima di stabilire il significato fondamentale del sacramento del matrimonio. Una seria considerazione sul carattere indissolubile di alcuni matrimoni, è il modo migliore per definire l'area in cui possiamo parlare del significato del matrimonio nella prospettiva della visione cristiana della nostra vita quaggiù.
Oggi molti vorrebbero interpretare la proibizione di Gesù per il divorzio come l'affermazione di un alto ideale verso il quale i cristiani devono sforzarsi di tendere, ma che di fatto non può essere raggiunto. Matteo colloca questa proibizione di Gesù nel contesto del Discorso della Montagna, accanto alle ingiunzioni di carattere etico di amare i nostri nemici e di mostrare l'altra guancia. Questi sono ideali a cui tendiamo, ma non delle norme che ci possono vincolare da un punto di vista legale. Non si dà il caso che una considerevole "durezza di cuore’’ continui ancora oggi nell'era cristiana? Perciò sembrerebbe che ci sia nella Scrittura una giustificazione per scendere a patti con la pratica, sia pur disciplinata, del divorzio e delle seconde nozze nel nostro mondo così imperfetto.
Nel prendere in esame questo argomento che tollera uno scioglimento del matrimonio, dobbiamo fare alcune precisazioni importanti. Anzitutto e prima di tutto noi chiediamo se sia sufficiente trattare il divorzio semplicemente come una questione etica. Il Nuovo Testamento ha qualcosa di più da dire sul matrimonio di quanto non sia registrato nei vangeli. La dottrina ideale insegnata da Gesù è più che un semplice imperativo imposto con valore di legge ai suoi seguaci. Noi possediamo una visione più ampia e più ricca del matrimonio che ci proviene dalla Scrittura e dalla dottrina della Chiesa. Se il matrimonio di due credenti battezzati è di fatto un patto che ha Dio come testimone e garante, e se questo matrimonio raffigura l'amore di Cristo per il Popolo redento, allora un matrimonio veramente cristiano è una realtà che non può logorarsi o diventare insignificante, qualunque cambiamento si possa verificare nelle persone che l'hanno contratto.
a. Esempi di tolleranza
Ma mentre esaminiamo il carattere indissolubile dell'alleanza del matrimonio, dobbiamo considerare accuratamente i molti esempi di tolleranza per quanto riguarda il modo con cui la Chiesa tratta le persone divorziate. Un padre della Chiesa come Origene (m. 254) riferisce, pur disapprovando il fatto, che alcuni vescovi hanno permesso a delle donne di risposarsi mentre viveva ancora il loro marito. Noi abbiamo visto che la Chiesa orientale ha cercato di trovare un compromesso alla legge sul divorzio della Chiesa di Roma. Nel periodo travagliato del primo medioevo in occidente, i libri penitenziali permettevano di passare a seconde nozze in casi speciali, dopo il crollo o la distruzione della vita a due. Anche se la Chiesa del tardo medioevo rifiutava di sciogliere i matrimoni celebrati con il sacramento, i molti impedimenti canonici contemplati hanno consentito il modo di dichiarare in seguito che un matrimonio interrotto non era stato affatto un matrimonio. Il codice canonico spesso si è dato da fare per togliere impedimenti alla gente e consentire un nuovo matrimonio. Nei secoli più recenti, i papi hanno esercitato la loro competenza nel dichiarare sciolti molti matrimoni nel caso in cui uno o entrambi i contraenti non erano battezzati. Un caso parallelo a questa pratica lo riscontriamo nel cosiddetto "Privilegio Paolino" che concede al convertito al cristianesimo la libertà di risposarsi, se la sposa non battezzata non vuole continuare la vita matrimoniale (1 Cor. 7,15).
b. Sollecitudine e comprensione
Noi riscontriamo in tutti questi esempi una lunga tradizione di sollecitudine e di comprensione per le persone coinvolte nei matrimoni falliti. Ci sono due elementi da tener presenti riguardo a questo argomento: 1) la visione pienamente cristiana del matrimonio come un'alleanza indissolubile non si verifica in tutti i generi di matrimonio. Alcuni matrimoni, come quelli tra i non battezzati, non sono di fatto dei matrimoni cristiani. Per cui questi matrimoni non sono indissolubili in senso stretto, per quanto dobbiamo lamentare le profonde ripercussioni psicologiche riportate nella vita dalle coppie e dai bambini coinvolti nel divorzio e nelle famiglie dissestate. 2) Anche quando il primo matrimonio sembra essere stato una consacrazione sacramentale di cristiani credenti, ci sono testimonianze che la Chiesa a volte ha tollerato un secondo matrimonio per evitare un male peggiore. Sovente la Chiesa è stata piuttosto rigorosa nel rifiutare di avallare con la sua benedizione la piena comunione di persone in matrimoni di questo genere. Molti hanno considerato questo secondo matrimonio poco più che un adulterio regolarizzato. Ma questa intransigenza non spiega tutto. La Chiesa non ha mai dimenticato completamente la sua missione di guarire i suoi membri ancora indeboliti dalla ferita del peccato.
Siccome ci sono questi elementi nella nostra tradizione, e la tragedia dei matrimoni cristiani falliti è una realtà che ci circonda, si avverte un’urgenza sempre più crescente circa il problema del ministero della Chiesa verso i suoi membri che si trovano in situazioni intollerabili di vita matrimoniale. Ci sono segni evidenti attorno a noi che questa intransigenza verso coloro che si sono uniti in seconde nozze si sta attenuando, e che i canali del perdono si stanno riaprendo. Questo non comporta necessariamente una solenne celebrazione del secondo matrimonio come alleanza e unione stipulata in Cristo, ma postula un’evoluzione fino alla piena ammissione alla vita sacramentale di quei cristiani che vivono stabilmente uniti in un secondo matrimonio.
8. Il significato fondamentale del matrimonio cristiano
Una coppia affronta il matrimonio cristiano garantendosi reciprocamente amore e fedeltà per tutta la vita. I contraenti non si scambiano semplicemente dei diritti e dei doveri, ma si donano totalmente l'uno all'altro. Ognuno assume per l'altro una nuova identità. Sotto l'influenza delle Scrittura, noi siamo costretti a considerate questa pro- messa di amore come la stipulazione di un patto davanti a Dio. Come il Signore ha scelto Israele tra le altre nazioni perché vivesse in una relazione di alleanza con lui, così anche gli sposi si scelgono a vicenda, dimenticando ed escludendo tutti gli altri per il resto della loro vita. Essendo un patto, questo matrimonio ha Dio come suo autore e testimone. Siccome i nuovi coniugi sono membri del popolo sacerdotale, Dio è garante e custode della loro unione.
Le restrizioni della Bibbia contro il divorzio mettono in evidenza un aspetto centrale del matrimonio cristiano. Tuttavia esse sono pienamente significative solamente se questi matrimoni sono delle alleanze garantite da Dio. Se questi matrimoni sono dei contratti, allora questi si possono rompere per mutuo consenso, per mancanza di adesione o per intervento della legge civile. Ma i patti nessuno li può violare. 0 meglio essi vengono violati se viene meno la fedeltà promessa. La Scrittura sottolinea con insistenza che Dio rimase fedele anche quando Israele si è dato in braccio agli dei stranieri. Questa fedeltà fa parte degli impegni assunti nel patto stipulato dalle coppie quando esse abbracciano il matrimonio cristiano.
È chiaro che non tutti sono in grado di portare avanti questo amore e questa dedizione nella vita a due. Per le persone che abbracciano questo stato di vita comune si richiede una certa maturità. Oltre a determinati elementi psicologici e di stabilità, questa maturità deve comprendere un’autentica visione di fede se una coppia invoca Dio come testimone e garante degli impegni assunti reciprocamente. Il semplice fatto del battesimo non può garantire tutto questo. Oggigiorno non pochi matrimoni apparentemente cristiani sono di fatto l'unione di battezzati "non credenti", e non dovrebbero essere considerati come patti stipulati alla presenza del Signore.
c. Amore come alleanza
Questa promessa - e la vita a due che ne segue - è un sacramento di Cristo, grazie a ciò che marito e moglie esprimono l'uno per l'altro. Questo è possibile perché l'impegno d'amore che deriva dal loro patto può scaturire solamente a livelli molto profondi della loro libertà. Questo spirito di dedizione può essere un fidanzamento fatto in forza della trasformazione della propria identità per opera dello Spirito Santo. L'amore nel matrimonio è un sacramento quando è offerto da persone associate a Cristo e da lui consacrate come suo popolo sacerdotale. Ogni partner esprime all’altro l'amore disinteressato e redentivo che Cristo ha manifestato affrontando la morte per noi. Siccome il loro amore impegna le loro persone, esso è un mezzo di santificazione e di promozione per tutta la vita, nella misura in cui i contraenti corrispondono ai rispettivi impegni sacri che hanno assunto.
La piena espressione dell’autodonazione nel matrimonio cristiano non è messo in evidenza nelle parole del rito del matrimonio. Le parole del rito sottolineano invece che il matrimonio è un atto pubblico e visibile che arricchisce sia la Chiesa che la società. Ma l'amore fondato sull'alleanza stipulata da una coppia sposata viene espresso soprattutto nello scambio personale e profondo della loro unione sessuale. In essa il dono reciproco di se stessi e la loro nuova identità, assunta l'uno nei confronti dell'altro, trovano un'espressione più efficace per esprimere la loro profonda unione e la loro piena dedizione personale. Inoltre l'assimilazione dell’amore della coppia con lo spirito di dedizione di Cristo, sfocia in un altro requisito, quello dell’apertura alla creazione di una nuova vita. Come l'amore di Cristo porta frutto nel conferimento della vita e della vita più piena (Gv. 10,10), così l'amore coniugale di chi si è donato l'uno all'altro, deve essere orientato verso il dono e lo sviluppo della vita. Nei loro figli i contraenti del matrimonio cristiano scoprono che la loro reciproca consacrazione ha dato origine a nuove creature, espressione e frutto del dono della loro reciproca donazione.
La grazia dell'amore nel matrimonio diventa così un arricchimento per la coppia, il cui amore viene suggellato, approfondito e rafforzato dallo Spirito. All'interno del popolo sacerdotale le coppie sposate offrono un'efficace testimonianza dell'amore e della fedeltà alla quale tutti siamo chiamati. Ma esse rendono un servizio fondamentale non alla Chiesa, ma a tutta l'umanità, in quanto esse con il loro amore esprimono l'unico modo essenziale per realizzare la propria vita in questo mondo. Infatti la vita - sia nel matrimonio che al di fuori di esso - svela le sue ricchezze solamente quando noi riusciamo a superare il nostro egoismo e il nostro interesse per diventare persone aperte agli altri.
a cura di Cesare Filippini