Teologia dell'Antico Testamento
Conclusione
I ripetuti tentativi, compiuti a partire dall’età patristica in poi, di imporre una falsa unità ai due Testamenti mi hanno reso particolarmente cauto nell’individuare inesistenti sviluppi dottrinali oppure ordinati e coerenti processi storici che avanzano dolcemente dal buono al migliore.
L’uso dell’A.T. nel N. è certo un problema teologico, ma non un problema della teologia dell’A.T. Mi sembra che il teologo dell’A.T. dovrebbe abdicare alla propria libertà se accettasse questo problema. L’accettazione del problema presuppone una teoria dell’ispirazione biblica non più accettabile, oppure implica un “piano” divino che l’autore conoscerebbe e sarebbe in grado di esprimere. In una recensione, mi sono dichiarato d’accordo con Franz Hesse sul fatto che è ora di dire addio alla Heilsgeschichte. Come principio di unità della teologia biblica, la storia della salvezza è una forzatura bella e buona. Presuppone che il N.T. sia un termine verso il quale tutto l’A.T. tende. Gli elementi dell’A.T. nei quali questo orientamento non è visibile devono essere contorti per adattarli allo schema, oppure essere lasciati cadere dalla storia della salvezza.
(John L. McKenzie, Teologia dell’Antico Testamento, Queriniana, Brescia 19932. Riduzione di Cesare Filippini.)