Presenza di Maria a Cana
di Max Thurian
La presenza della “ Madre di Gesù” a Cana, dove Gesù - nel Vangelo di Giovanni - compie il suo primo miracolo o segno, non è senza significato e senza importanza. In quel Vangelo Maria riapparirà soltanto in un altro momento fondamentale, sul Calvario, ai piedi della Croce quando sarà “giunta l’ora” decisiva della morte del Messia. Nell’un caso e nell’altro l’evangelista le dà il titolo di “madre di Gesù” (o”sua madre”; quattro volte a Cana, quattro volte sul Calvario) e sottolinea così lo stretto rapporto con il Cristo, sul piano della maternità umana del Figlio di Dio.
Però Maria non fa parte del gruppo dei discepoli che sono stati “chiamati” e riuniti dal Cristo. Invitati con lui a quelle nozze, vi giungono come comunità messianica già formata. Maria invece vi arriva indipendentemente, nella sua presente situazione umana. Sembra che l’evangelista voglia far notare, lungo il corso dell’azione, un cambiamento in rapporto con il Cristo. Ha svolto il suo compito di madre di Dio, compito che ora ha termine con l’inizio del ministero di Gesù e adesso è sola, umanamente parlando, e sola, viene madre per assistere alla prima manifestazione della gloria del Cristo. Maria rappresenta il tempo di umanità di Gesù nel quale nessun segno, nessun miracolo ha reso pubblica la Gloria che è in Lui come Figlio di Dio.
Il miracolo di Cana è il primo segno di quella sua gloria. La prima settimana della sua missione già lo fa conoscere come il Maestro, come la Sapienza di Dio, come il Messia che riunisce i suoi discepoli e fonda la sua comunità messianica. A Cana l’inizio dei segni lo presenta alla fede dei discepoli come il Figlio di Dio e sede della sua Gloria.
Nel corso del dialogo con Gesù, Maria comprende una realtà nuova, la sua situazione che la fa entrare nella comunità dei discepoli. I personaggi della scena, venuti da luoghi differenti, usciranno insieme formando un gruppo unito, in cui non si distinguono più i singoli membri. Lo svolgimento dell’episodio, puntualmente narrato dall’evangelista, fa comprendere meglio l’evoluzione di Maria. Del miracolo-segno, che manifesta la gloria del Messia e suscita la fede dei discepoli, Giovanni non fa un romanzo psicologico, ma un avvenimento teologico in cui fin dal principio ogni personaggio ha il suo significato, per cui si può cogliere subito l’evoluzione di Maria. Le sue parole, come quelle di Gesù, sono in funzione del miracolo che si compirà fra poco; lo preparano, lo attendono.
La mancanza divino è provvidenziale; si direbbe una preghiera quasi voluta dall’evangelista perché il miracolo si compia. “Non hanno più vino”. Maria sa che Gesù può compierlo e lo domanda. Le prime sue parole sono l’affermazione di una speranza, sono una preghiera. Qui si rivela l’evoluzione della coscienza di Maria dal tempo dell’infanzia di Gesù. Ora sa che il Figlio è il Messia, il Figlio di Dio e ha il potere di fare miracoli.
Il Giudaismo attendeva infatti che il Messia, novello Mosè, rinnovasse i miracoli dell’Esodo e se Gesù è il Messia, il Profeta per eccellenza, li compirà certamente. La fede nel possibile miracolo accompagna in Maria la fede in Gesù come Messia e figlio di Dio e rappresenta fin dall’inizio del fatto, la fede che sarà suscitata, dopo, nei discepoli.
Maria a Cana crede nel Messia e nel suo potere di fare prodigi e gli chiede di compierne uno. Tuttavia la sua fede è forse ancora troppo attaccata al miracolo della potenza del Messia e alla sua efficacia sul piano umano. Il miracolo può salvare una situazione umana in difficoltà. È l’atteggiamento spirituale simile a quello del funzionario del re: il miracolo può salvargli il figlio dalla morte che lo minaccia. Anche Maria è pienamente umana nella sua fede in Gesù Messia onnipotente e rappresenta inoltre la situazione della fede del giudaismo in quel tempo: il Messia, come Mosè, compirà segni prodigiosi simili a quelli dell’Esodo.
Nel suo atto di fede e nella sua preghiera Maria è la figura dell’umanità da un lato e d’Israele dall’altro che attendono una liberazione, misteriosa per l’umanità, messianica ma ancora troppo umana per Israele. La risposta di Gesù alla madre nella sua espressione semitica, si può intendere: “Quale rapporto tra me e te, o donna?” ed è come un avvertimento, un appello a una fede più pura. Non è certo un rifiuto del miracolo, ma un invito a quella fede che non ha bisogno del miracolo.
A tale vetta tende il Vangelo dei segni. Gesù non rifiuta il miracolo, ma è necessario che la fede si rivolga essenzialmente al significato del segno, alla persona stessa del Cristo, per poter giungere alla fede senza i segni, che è la fede perfetta, la fede di coloro che il Signore dichiara beati perché credono senza vedere.
Maria è pienamente umana nella sua attesa, pienamente ebrea nella sua fede, ma il Cristo con la sua risposta le rivolge l’appello a guardare più lontano, a uscire da quella situazione umana e da quella fede giudaica; vuole elevarla alla fede cristiana, alla situazione di figura della Chiesa credente.
Cristo si rivolge a lei non chiamandola “madre” (imma, in aramaico, come ogni ebreo e come l’evangelista), ma donna (itta), come ha fatto poi con varie altre donne: la samaritana (Gv 4,21) e la Cananea (Mi 15,28), l’adultera (Gv 8,10) e Maria Maddalena (Gv 20,13); ma qui questa parola ha un suono strano che dà alla frase un carattere solenne, enfatico. Sarà esattamente la stessa cosa quando dall’alto della Croce, con un parallelismo anche troppo evidente per non essere significativo, Gesù le rivolgerà la parola: ”Donna, ecco il tuo figlio”. Si direbbe che Gesù voglia indicare che il tempo delle relazioni familiari umane si è compiuto: non può più essere considerato il figlio umano di Maria e la Vergine non svolge più il suo compito di madre umana di Dio. Il tempo della Theotokos è terminato; giunge quello della Chiesa-Sposa, che sarà veramente tale per il Figlio di Dio. Maria passa dalla sua funzione di “madre di Gesù” a quella di “donna” nella Chiesa. Ma a questo titolo di “Donna” Gesù dà un carattere di solennità. Dal ruolo umano di madre del Messia a quello puramente spirituale di donna credente nella Chiesa. Madre di Dio diventa la donna credente nella Chiesa.
La parola di Gesù è una domanda che certo ha fatto riflettere la Madre sul suo rapporto con Lui e sul significato del miracolo che chiede. Il rapporto, ora, non può più essere soltanto quello del figlio con la madre. Egli inizia la sua missione e lei deve abbandonare l’autorità materna per entrare a far parte della comunità; è donna nella Chiesa di cui Egli è il Capo. La domanda di Gesù segna dunque una nuova tappa nel cammino spirituale di Maria: da madre di Dio a membro della comunità ecclesiale; dall’altra il carattere umano e giudaico della richiesta di un miracolo come soluzione meravigliosa di una difficoltà umana è elevato a una concezione più interiore: è il segno della gloria del Messia che suscita la fede. Quest’ultimo aspetto si manifesterà meglio nello svolgersi del racconto, in particolare nel secondo intervento di Maria. Non si tratta di un prodigio di potenza destinato a venire in soccorso di una difficoltà umana; è un segno della gloria di Gesù che deve suscitare la fede nella sua Parola, come infatti avverrà. Gesù vuole far passare anche i suoi discepoli da una valutazione troppo”meravigliosa” e troppo “visuale” del miracolo a una più interiore del “segno” rivolta alla fede che deve tendere a non aver bisogno di miracoli, come sarà infatti la situazione normale della o Chiesa, dopo le apparizioni del Risorto. Gesù con le sue parole rinvia la Madre all’Ora decisiva, la orienta verso il dramma finale della croce, dell’elevazione, della glorificazione (Gv 12,23-2 7). Egli sembra chiarire che a questo punto madre e figlio non sono più sullo stesso piano: l’una chiede un miracolo, l’altro farà un segno per suscitare la fede, una fede pura che, con o senza segni, vede la gloria del Figlio di Dio e aderisce alla sua Parola. La missione cui Maria deve elevarsi è anche più grande di quella della maternità storica del Messia. Maria non può ancora comprendere perché l’ora di Gesù non è ancora giunta, ma quando giungerà le saranno rivelate in tutta la loro pienezza la sua nuova situazione e missione. Ora è chiamata a un piano spirituale superiore evidentemente senza sapere quale sia; può solo presentire che la gloria del Messia non sarà senza il dolore, come le ha detto tanti anni prima il vecchio Simeone nel Tempio.
Le parole di Gesù si spiegano, poi, in parte anche con un altro episodio avvenuto più tardi. Gesù, cercato dalla madre e da altri parenti, chiarisce che madre e parenti suoi sono non quelli che la gente crede, ma quelli che fanno la volontà del Padre (Mt 12,49-50), quelli che ascoltano e praticano la parola di Dio (Lc 8,21) e Ia stessa precisazione fa Gesù (Lc 11,28) a quella donna che aveva proclamato beata la maternità umana di Maria. La spiegazione è semplice. Gesù inizia il suo ministero, è circondato dalla comunità messianica e non vuole intorno a sé vincoli di parentela umana e fisica che potrebbero velare la sua origine divina e intralciare la sua missione. Maria ha terminato il suo compito di madre umana del Messia. Ora entra in azione un’altra madre: la comunità: la Chiesa. La funzione materna temporale di Maria nei riguardi del Cristo storico lascia il posto alla funzione materna definitiva della Chiesa nei riguardi del Cristo mistico. Certo, anche Maria fa parte della Chiesa, è stata generata alla fede dalla Parola di Dio da lei ascoltata, meditata, adempiuta. Quello ora è il suo posto. Ai piedi della croce comprenderà di più e meglio; saprà che una relazione particolare è stabilita fra la sua maternità umana e la maternità spirituale della Chiesa. Ma, per il momento il suo posto è tra i fratelli e le sorelle generati dalla Parola di Dio, nella comunità messianica.
Maria ha capito la risposta di Gesù sul miracolo domandato. Il racconto, nella sua concisione, riferisce immediatamente un secondo intervento di Maria che significa l’evoluzione compiutasi in lei. In questo dialogo così breve si trova la sintesi del suo cammino spirituale in risposta all’avvenimento di Gesù. Continua a credere nel miracolo e a chiederlo poiché Gesù non lo ha rifiutato. Sa che verrà un’ora in cui capirà ancora meglio la sua posizione rispetto al Figlio, ma già fin d’ora si prepara a capire, nella fede voluta dal Cristo, il segno che Egli darà per manifestare la sua gloria.
“Fate quello che vi dirà” (2,5) Maria ha capito l’intenzione del Cristo di compiere un segno della sua gloria in risposta alla domanda iniziale, ma ha capito anche un’altra cosa: deve ora mettersi su un piano differente da quello della sua maternità umana perché il rapporto con il Figlio sia veramente conforme al suo nuovo stato: quello di donna credente nella comunità messianica, stato che si esplicherà in pienezza nell’ora decisiva della missione di Gesù.
Dopo aver chiesto il miracolo per salvare una situazione umana in pericolo, che compatisce, dopo aver sperato questo miracolo di potenza del Figlio, Maria si affida totalmente a Lui e alla sua Parola.
Dimostra così di aver capito che veramente conta non il miracolo, ma la persona del Messia che ne è glorificato, l’abbandono totale a Lui nella fede pura, l’obbedienza fiduciosa ai suoi ordini. Ha compreso così bene la volontà del Cristo nei suoi riguardi e in rapporto al miracolo che non insiste con il Figlio in modo inopportuno, ma i rivolge direttamente ai servi per invitarli a credere e a obbedire a qualsiasi parola di Gesù. Comunica loro, in certo modo la sua fede e la sua obbedienza alla Parola del Messia onnipotente. Maria è veramente di quelli che ascoltano e compiono la Parola di Dio e in questo trova il suo vero posto attuale nella comunità dei discepoli, come madre e sorella di Colui di cui fino allora era stata la madre umana (cf. Lc 8,21).
Nell‘invitare i servi ad ascoltare la parola del Cristo e obbedire ai suoi ordini abbandonandosi a Lui, la madre umana che aveva autorità sul Figlio diventa madre spirituale che partorisce alla fede e all’obbedienza i servi del Maestro e Maria, precedendo i servi e i discepoli sulla via della fede e dell’obbedienza, già partecipa qui alla maternità spirituale della Chiesa che, per la Parola del Cristo, genera figli al Padre celeste facendoli nascere alla fede e all‘obbedienza.
Anche san Paolo esprime il pensiero della generazione alla fede dei credenti quando parla ai Galati della Chiesa come di una madre (GaI 4,19 e26) e dice che il suo ministero è partecipe della maternità spirituale della Chiesa. La conversione al Cristo mediante la fede è considerata come una generazione compiuta con il ministero della parola di Dio.. La fede di Maria è abbandono totale alla volontà e alla parola di Gesù (“...quello che vi dirà.”), si comunica ai servi (“Fate ), precede e prepara il segno della gloria del Messia che susciterà la fede nei discepoli (“...i discepoli credettero in Lui”).
Ora il racconto del miracolo è compiuto e ha fatto assistere a quel segno che manifesta la gloria del Messia e la fede esplicita dei discepoli che si associa a quella di Maria. Insieme con i discepoli ora si forma la comunità messianica unita dalla fede nel Figlio di Dio che ha manifestato la sua gloria. E qui il nocciolo della Chiesa intorno al suo Signore, della Chiesa che ascolta la sua parola e compie la volontà del Padre. Maria è presente nella Chiesa-madre non più soltanto come la madre umana del Figlio di Dio, ma come la donna credente, la madre spirituale partecipe della maternità della Chiesa che genera alla fede. I Vangeli, certo, non la descrivono al seguito di Gesù, profeta itinerante nella Palestina con le altre donne: Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo, Salome, madre dei figli di Zebedeo, Giovanna moglie di Cusa, Susanna e molte altre, ma questo non significa che essa si tenga in disparte; è presente sempre per la fede, se non proprio al fianco di Gesù.
Tutte queste donne si ritroveranno ai piedi della Croce e allora Maria sarà lì, nominata da Giovanni nel suo Vangelo e, fra tutte, sarà prescelta per ricevere una delle ultime parole del Crocifisso nell’ora decisiva della sua missione, l’ora decisiva già intravista alle nozze di Cana.