Abbiamo visto nel capitolo precedente i problemi morali collegati a ogni forma di fecondazione assistita: inseminazione artificiale e fecondazione in vitro, omologhe o eterologhe. E' però necessario studiare i problemi specifici che vengono posti dalla fecondazione in vitro, e che si aggiungono a quelli già esaminati.
La IVF (In Vitro Fertilization) consiste sostanzialmente nella sequenza di operazioni che qui elenchiamo:
1 - stimolazione per via ormonale delle ovaie perché gli ovociti vengano portati a maturazione al momento desiderato.
2 - prelievo degli ovociti dall'ovaia, in generale con una tecnica non troppo invasiva;
3 - mettere in presenza ovociti e spermatozoi in una provetta a temperatura e in soluzione adeguate;
4 - prelievo degli ovociti eventualmente fecondati e inserimento nell'utero.
Si tratta di uno schema di massima, che però è sufficiente per i nostri scopi: vi sono numerose varianti, e le tecniche vengono continuamente aggiornate.
Il primo problema morale nasce dal fatto che di norma si mette in presenza degli spermatozoi non uno, ma un certo numero di ovociti, in modo che almeno alcuni vengano fecondati e si possa disporre di più di un embrione. Lo scopo principale è in genere duplice: che introducendo in utero più di un embrione, almeno uno possa annidarsi nella parete uterina e dar luogo a una gravidanza; e che se il tentativo fallisce lo si possa ripetere senza dover intervenire nuovamente sulla donna, ma semplicemente introducendo gli embrioni di risulta che vengono conservati a questo scopo. Qui nasce il problema morale: è legittimo conservare embrioni senza reintrodurli nel grembo materno, e senza alcuna certezza che possano essere introdotti in seguito? Il problema non esisterebbe se si accettasse di introdurre tutti gli embrioni eventualmente fecondati. Probabilmente non tutti si annideranno, ma la incertezza dell'annidamento è presente per qualunque embrione. Infatti un'alta percentuale di ovociti fecondati in seguito a un normale rapporto sessuale vanno perduti: è un fatto del tutto naturale. E perciò, se si accettasse in linea di principio la IVF omologa, essa sarebbe in concreto accettabile quando si faccia in modo che non vi siano embrioni di risulta, cioè in pratica quando si introducano tutti gli embrioni eventualmente presenti in provetta.
Finalità accettabili e non.
Vedremo fra poco il dramma costituito dagli embrioni di risulta. Prima occorre discutere le finalità per le quali si ricorre alla IVF. Restano ferme le riserve morali sulla IVF come puro evento, ma anche le diverse finalità per cui vi si ricorre hanno grande rilevanza. E vi è un caso preciso, forse unico, in cui la IVF potrebbe essere veramente desiderabile: è il caso dell'occlusione inoperabile delle tube (dei condotti che vanno dall'ovaia all'utero, e che rendono possibile l'incontro fra gameti). In tale caso infatti in una coppia in cui ciascun partner produce regolarmente gameti - e quindi non è sterile in senso stretto - l'infecondità nasce dalla malformazione di un piccolo canale. Si tratta di un caso da considerarsi patologico, e non trattabile per via chirurgica: la IVF può esser considerata come un by-pass. I due gameti vengono fatti incontrare per altra via, e l'eventuale prodotto dell'incontro -l'embrione - viene ricollocato nel punto in cui deve trovarsi dopo un normale rapporto di coppia.
Si tratta di una IVF sempre omologa, perché la coppia è in grado di produrre ovocita e spermatozoo e non vi è alcun bisogno di ricorrere a donatori. Si tratta di una fecondazione che nasce dall'amore e dalla vita di coppia, e l'artificiosità del procedimento consiste solo nell'ovviare per via medicale alle conseguenze di una malformazione. Io personalmente non vedo alcun disordine morale in una procedura che è da considerarsi strettamente terapeutica, quando si potesse risolvere il problema degli embrioni di risulta.
Ma la IVF è desiderata anche e soprattutto per finalità ben diverse. E in primo luogo per poter procedere a una selezione o discriminazione degli embrioni. Dei diversi embrioni eventualmente prodotti in provetta si può conoscere il sesso, si possono conoscere eventuali difetti e si possono anche conoscere alcune caratteristiche del DNA. È dunque possibile una discriminazione in base al sesso, ed è anche possibile una selezione di fronte al rischio o alla certezza di malformazioni o tare ereditarie del nascituro. La finalità è in ogni caso quella di poter sopprimere gli embrioni non desiderabili. Si tratta di una finalità moralmente inaccettabile. È una situazione moralmente diversa dall'accettazione passiva di embrioni di risulta, perché qui lo scopo direttamente inteso è quello di sopprimere embrioni. L'intenzione è perciò moralmente diversa e assai più grave di quella di voler procreare accettando, anche con sofferenza, l'eventualità di embrioni di risulta.
Altra finalità è quella di poter aver figli da parte di una coppia omosessuale: per una coppia lesbica potrebbe bastare l'inseminazione eterologa da donatore, ma spesso si vuole anche la selezione dell'embrione nelle forme sopra indicate. Mentre per la donna single o la coppia lesbica o la sterilità del padre si può ricorrere all'inseminazione artificiale eterologa, con tutte le riserve morali che abbiamo visto nel precedente capitolo, nel caso di sterilità incurabile della donna (per esempio per asportazione o irradiazione delle ovale) o di coppia omosessuale maschile occorre ricorrere alla donazione di ovuli da parte di una donatrice. Esistono anche banche degli ovuli: in ogni caso la madre genetica ignorerà totalmente il proprio figlio, non lo porterà in grembo e non lo alleverà. Nel caso di coppia omosessuale maschile le cose vanno ancora peggio: la madre genetica sarà anche qui diversa dalla madre gestante, ma questa non sarà la madre allevante. Il povero bambino sarà generato da una madre genetica, portato in grembo da un'anonima gestante, allevato dalla coppia omosessuale.
Ancora un'altra finalità possibile è quella - tragica a mio parere - di una coppia che vuole un figlio, ma in cui la donna non voglia subire le fatiche e le deformazioni estetiche della. gravidanza. Il seme potrà essere quello del marito o di un donatore, l'ovulo potrà essere quello della donna stessa o di una donatrice: sono casi che abbiamo già visto. Ma la gestante sarà un'altra donna, pagata per questa non lieve fatica - e quindi in genere una donna poverissima - e che mai conoscerà e potrà allevare il bambino che ha portato in grembo. Si può ipotizzare come tecnicamente possibile un figlio di tre madri: la donatrice dell'ovulo, la gestante, l'allevante.
Tutte queste finalità, fatta eccezione per la prima, sono moralmente e socialmente inaccettabili. Nella nostra area geografica sono poco diffuse, mentre altrove stanno gradualmente diffondendosi. Se dovessero generalizzarsi, ci troveremmo di fronte al bambino come puro prodotto da comprare e da scegliere. E non si deve dimenticare che in ogni caso si tratta di procedimenti per i quali si possono richiedere alti prezzi: vi è un campo aperto per l'arricchimento di istituti privati, e al loro interno anche per ciarlatani senza scrupoli che non danno alcuna garanzia né di successo né di procedure sanitarie corrette né di ambiente sanitario adeguato. Occorre con estrema urgenza una legislazione adeguata a livello internazionale se non vogliamo andare incontro a una società più disperata di quanto già non lo sia quella attuale.
Embrione = feto = essere umano?
Ma su ogni caso di IVF grava il problema e il dramma degli embrioni di risulta, eccetto il caso (per ora raro) del reinserimento in utero di tutti gli embrioni eventualmente fecondati. Il problema è quello di ciò che oggi si chiama lo statuto dell'embrione. L'embrione è un essere umano col suo pieno diritto alla vita? Questa è oggi la posizione ufficiale e quasi universalmente accettata della Chiesa. Va però ricordato che è una posizione relativamente recente: fino almeno alla prima metà del secolo scorso si riteneva che l'essere umano iniziasse la sua vita con l'infusione dell'anima immortale e che questa infusione non avvenisse prima di almeno 40 giorni dal concepimento. La distruzione del feto non era considerata omicidio, anche se era considerata moralmente illecita, ne si potevano applicare le sanzioni canoniche (irregolarità) previste per l'omicida. Dire che l'aborto è sempre un peccato e dottrina di tutta la tradizione (con qualche eccezione che non possiamo qui discutere, e che comunque è irrilevante per i nostri fini); dire che l'aborto è omicidio è invece dottrina recente.
In realtà oggi nella dottrina della Chiesa embrione e feto vengono del tutto equiparati. A questa dottrina io, con la grande maggioranza dei teologi, aderisco. Ma non si devono ignorare alcune considerazioni. La prima è che la conoscenza dello stadio iniziale dell'embrione con cellule tutte totipotenziali è recente, e da questa conoscenza deriva la possibilità che le cellule si scindano per dar luogo a più individui. Questo avviene normalmente in natura quando nascono gemelli omozigoti: la scissione avviene prima dell'impianto nella parete uterina, impianto che ha luogo normalmente dopo 10-14 giorni dalla fecondazione e perciò dall'insorgere dell'embrione. Di qui nasce una prima domanda: se l'embrione ai primi stadi può dar luogo all'insorgere di due (o più) individui, come si può parlare dell'embrione come individuo umano, come di un essere umano definito e col suo pieno diritto alla vita?
E nasce anche una seconda domanda: se in natura la determinazione definitiva dell'individuo avviene solo con l'impianto sulla parete uterina, come si può parlare di uccisione di un individuo prima di quel momento?
La proposta etica che ne segue è che la distruzione dell'embrione prima dell'impianto, o dell'inizio della differenziazione delle cellule, è sì qualcosa di grave, ma senza la caratteristica di gravità assoluta che riveste l'uccisione di un essere umano; ulteriormente si potrebbe ipotizzare che tale distruzione non è intrinsecamente illecita, ma consentita solo per ragioni molto gravi. Ciò ha condotto molti studiosi a parlare di pre-embrione. Inoltre alcuni recentissimi studi sembrano indicare che l'incontro fra gameti non basta per dare inizio a una vita nuova, ma che occorrono altre complesse condizioni che qui è impossibile spiegare.
Deve esser ben chiaro che tutte le discussioni che precedono sono fuori della dottrina e della disciplina della Chiesa allo stato attuale delle conoscenze scientifiche disponibili. Devono comunque esser prese in seria considerazione, dal momento che possono aprire nuove visuali sull'inizio della vita umana, visuali che al momento sono imprevedibili ma di fronte alle quali la riflessione morale - cristiana e non - deve essere aperta.
Un ultimo caso è importante, ed è anche abbastanza diffuso: la conservazione di embrioni da parte di una coppia normale come assicurazione sul futuro: in caso di morte (o di incapacitazione sessuale) dell'uomo, la donna potrà ancora avere un figlio da lui, come ultimo dono e ultima memoria del marito. Si tratta di una situazione emotiva della coppia, degna di rispetto e di considerazione: è di norma un segno di profondo amore. Ma la nobiltà emotiva deve lasciare spazio per una più attenta riflessione. Se il marito muore, la donna avrà sì un figlio, ma un figlio che nascerà inevitabilmente orfano e dovrà vivere senza la figura paterna: non è pensabile che la gratificazione emotiva della coppia possa aversi a tale prezzo. Se invece il marito non muore, dopo un certo tempo l'embrione sarà inevitabilmente distrutto, o sarà usato per scopi sperimentali., o servirà per dare un figlio ad altra donna infeconda. Nel chiedere la IVF in questo caso e per questi scopi i coniugi accettano deliberatamente tutte queste possibilità. e tale accettazione non è moralmente lecita.
L'embrione e la ricerca a fini umanitari
Accenniamo infine all'aspetto drammatico dovuto alla presenza di embrioni in vitro disponibili per distruzione, ma anche per la ricerca. Se si vuole fare una ricerca seria sull'embrione, e quindi su come definire lo statuto dell'embrione, occorre poter disporre e sperimentare su embrioni ai primi stadi di sviluppo. Una simile ricerca potrebbe sicuramente aprire il campo a nuove conoscenze, alla salvezza di molte vite, all'evitare tare ereditarie o malformazioni senza dover ricorrere - come oggi purtroppo si fa - a embrioni discriminati o ad aborti. Il dilemma drammatico presente in molti scienziati dotati di profondo senso morale è dunque questo: o si accettano embrioni di risulta da usare per la ricerca, e in questo modo si possono sperare grandi benefici per l'umanità futura, o si rifiuta la sperimentazione e l'inevitabile distruzione di embrioni in vitro, e si rinuncia a una seria possibilità di portare grossi benefici per il futuro della specie umana.
È un dramma, qui appena schematizzato, che affligge molti studiosi e che è emerso anche nella Pontificia Accademia delle scienze or sono alcuni anni in una angosciata dichiarazione del dr. Edwards. La difesa della vita umana fin dal suo primo insorgere, e in più la difesa della vita umana dal rischio di divenire puro prodotto ingegneristico inducono giustamente la Chiesa e tutta la riflessione morale cristiana all'affermazione di un rigido statuto dell'embrione. Ma debbono indurre anche a stimolare, a guardare con attenzione e a non disprezzare ogni seria ricerca scientifica che possa condurre a veri benefici per la specie umana senza dover pagare prezzi così alti.
Enrico Chiavacci
(testo tratto dal libro di Enrico Chiavacci LEZIONI BREVI DI BIOETICA)
Si ringrazia Cittadella Editrice www.cittadellaeditrice.com per la gentile concessione della pubblicazione di questo testo di Enrico Chiavacci.