Parte III
Maria e la Chiesa una sola madre
La Vergine rimane “lassù” ad aspettarci, in attesa che “passi la scena di questo mondo”? No. In un bel discorso dell’Anno Santo 30 maggio 1975, Paolo VI ha detto “Rendiamoci conto che Maria è presente nella nostra vita, è presente nel mistero di Cristo, nel mistero della Chiesa, è presente in questa attualità del mistero di Cristo che siamo noi, che è la storia che viviamo”.
Mi piace vederla come Nostra Signora dell’Avvento. Non a caso ella ha un posto privilegiato in quel tempo liturgico, specialmente negli ultimi giorni. Sia i testi eucologici che le letture parlano continuamente di lei. Ora è noto a tutti che l’Avvento non è solo preparazione spirituale alla celebrazione del Natale. E’ prima ancora, una corsa incontro alla venuta del Signore, che verrà alla fine per consegnare il Regno al Padre. Quelle quattro settimane sono un simbolo dell’intervallo che va dalla nascita del Signore alla sua apparizione gloriosa. E colei che ha preparato la sua venuta nella carne, continua a preparare la sua progressiva venuta nelle anime, nella Chiesa, nel mondo: questo è il tema modulato con molte variazioni nelle collette di Avvento. Il suo posto è di essere là dove Cristo non è ancora, per preparargli la strada.
Non dobbiamo pensare che essa sia stata più presente al primo avvento di Cristo nella carne, di quello che non è ora per il suo avvento nella Chiesa e nelle anime. Di Cristo Paolo dice che con la risurrezione è diventato “spirito vivificante”, capace cioè di animare con la sua vita di Risorto tutto l’universo. I condizionamenti terrestri cui era sottoposta la sua vita prima della Pasqua cadono: come il rompersi di una diga, che permette alla grazia di Cristo di inondare il mondo.
E della Vergine non si può dire qualcosa di analogo? Finché è vissuta quaggiù, la sua influenza in ordine alla salvezza – in funzione del Cristo e subordinatamente a lui - si è limitata a un angolo di Palestina, e a un gruppo ristretto di discepoli. Ora che è gloriosa accanto al suo Figlio, la sua maternità feconda si troya dilatata e raggiunge i confini della Chiesa e del mondo. Tutti ne beneficiamo.
Ancora una volta lei e la Chiesa in questa azione sono una cosa sola. Allora è stata la Chiesa jn germe; ora della Chiesa intera è ”portio maxima, portio optima,. portio precipua, portio electrssima”, dice il rande Ruperto ((28), che altrove soggiunge: “Lo stesso Spirito che nell’utero della Vergine ha operato l’incarnazione dell’Unigenito Figlio di Dio, per mezzo del lavacro vivificante continua apperare la rigenerazione dei figli di Dio”. In quest’opera di rigenerazione, fu Chiesa e la Vergine sono una Madre sola.
Questa presenza attiva della Vergine nella Chiesa è misteriosa e sfugge a indagini precise. E’ possibile solo evocarla attraverso qualche tema biblico. Ne scelgo tre: Vergine-Madre, Tempio di Dio, Strumento di salvezza.
1. Vergine-Madre.
Mi pare degno di nota che il lezionario mariano riporti la pagina dell’Apocalisse (c. 12) in cui si parla della donna che deve partorire. Quel simbolismo richiama la “figlia di Sion” che personifica il Popolo eletto, e poi la Chiesa in cui Israele va a sfociare. La Donna-Popolo è incinta: deve partorire la salvezza messianica nella sofferenza. I travagli della storia sacra vi sono adombrati. Poi si fa un balzo innanzi: “E’ come - ha scritto M Thurian - se su di una immagine immensa, ma un poco sfocata, si profilasse d’un tratto un viso preciso” )(29): è il volto della Vergine. E poi Maria diventa la Donna-Chiesa e la sua maternità diventa quella spirituale della Chiesa, che continua a partorire le membra di quel corpo, di cui la Vergine ha partorito il capo. Maria si trova così collocata nella immensa comunità dei santi in posto eminente.
Su questo tema si è creata una tradizione ecclesiale di ricchezza meravigliosa, che qui non può essere presentata che per accenni. Anzitutto è classico il raffronto tra il seno di Maria e il fonte battesimale. Ecco un passo di Leone M.: “Dedit aquae quod dedit matri. Virtus enim Altissimi et obumbratio Spiritus Sancti quae fecit ut Maria pareret Salvatorem, facit ut regeneret unda credentem” (30).
Si potrebbe pensare a un semplice parallelismo: in un caso come nell’altro abbiamo la stessa verginità feconda, o la stessa fecondità verginale. Ma è molto di più. Lo dice una celebre affermazione di Isacco della Stella: “Maria senza alcun peccato fornisce al corpo mistico il suo capo; la Chiesa…. dona a questo capo il suo corpo. L’una e l’altra sono dunque Madre del Cristo: ma nessuna delle due lo partorisce tutto intero senza l’altra” (31). L’azione della Chiesa nel mondo - leggiamo nel documento di Paolo VI - ècome un prolungamento della sollecitudine di Maria “. Vorrei precisare: non nel senso che la Chiesa fa oggi quello che Maria ha fatto ieri, ma nel senso che Maria opera oggi all’interno della Chiesa, e fa ora per le membra quello che ha fatto allora per il Capo. “Veramente Madre delle membra - dice Agostino - perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel capo sono le membra” (32). “Non si può parlare della Chiesa se non vi è presente Maria”, ha detto molto bene Cromazio di Aquileia (33). Maria ha una parte eminente nella maternità spirituale della Chiesa. Non è solo Madre della Chiesa; è pure Madre nella Chiesa. E anche quelli che male accettano il primo titolo, sottoscrivono volentieri il secondo.
C’è un Cristo unico, il “Christus totus” e c’è un’unica generazione, che è ad un tempo di Maria e della Chiesa: “neutra sine altera totum parit’, dice bene Isacco. E’ un parto che “perduta nell’ordine della grazia fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti” (LG 62). Una sola Vergine- Madre di cui siamo tutti figli, che dopo averci generati ci educa alla fede, e forma in noi “i lineamenti del suo Figlio” (come dice la Marialis cultus con una felice espressione) finché non giungiamo a riprodurne l’immagine. Su quelle ginocchia materne, che sono ad un tempo di Maria e della Chiesa, tutto abbiamo imparato. Questa mi sembra la via migliore per arrivare a cogliere “l’intrinseco contenuto ecclesiologico” della venerazione a Maria, cui il Papa ci invita (Marialis cultus, 28).
2. Tempio di Dio.
che occupa nella liturgia il tema della Vergine “tempio di Dio” e “arca dell’alleanza”. La lista dei testi, se si attinge all’eucologia, alle letture, alle preci, agli inni, e ai salmi con le loro antifone, si allunga enormemente. Nessun altro tema ha tanto spazio. Ecco qualche saggio:
* Una orazione: “Signore Gesù, che hai scelto come tua dimora il grembo verginale di Maria...” (34)…
* Una lettura breve: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini. Egli dimorerà tra di loro...” (35)
* Un inno: “Domus pudici pectoris - Templum repente fit Dei...” (36).
* Un’antifona: “Meraviglie si dicono di te, città di Dio” (37)
* Un responsorio: “Colui che i cieli non possono contenere, tu lo hai portato nel grembo” (38).
* Una intercessione: “Redentore nostro, che in Maria eletta come santuario dello Spirito Santo, hai posto la sede purissima della tua dimora fra noi - trasformaci in tempio vivo del tuo Spirito” (39).
Continuare non serve (40), ma bisogna prendere atto della centralità di questo tema. Si sa che il tempio è il luogo della presenza di Dio. La storia del tempio è legata alle iniziative gratuite di Dio per instaurare la sua presenza in mezzo agli uomini.
Le tappe salienti di questa economia sono presto delineate: la tenda del deserto, che una nube luminosa avvolge e copre della sua ombra, mentre la gloria di Dio la riempie, sicché Mosè non vi può entrare (Ef 40,34-45); il tempio di Gerusalemme, che custodisce nel “Santo de santi” l’Arca dell’alleanza, sgabello su cui si posano i piedi del Signore; l’umanità del Figlio di Dio, nuova tenda ove abita la gloria “corporalmente”, cioè la pienezza della grazia e della verità; la Chiesa, Corpo di Cristo, abitata dallo Spirito Santo; l’anima di ogni credente, che porta Dio in sé e lo deve glorificare.
C’è lo stesso termine usato nell‘Esodo (versione LXX: ‘”episkiàei”) per indicare la nube che si posa sulla tenda di riunione. La nube luminosa viene qui personalizzata e si chiama lo Spirito Santo. In lui è la gloria di Dio che si posa su Maria e la riempie. Se il Corpo di Gesù che si formerà in lei è l’arca della divina presenza, Maria è il tabernacolo che lo ospita.
E’ evidente che questo tabernacolo non “contiene” solo fisicamente il Cristo. Non è luogo. E’ un tempio vivo e animato: sulla linea del pensiero profetico, che vede Israele come il tempio vivente, grazie alla sua fedeltà all’alleanza. Israele aveva compreso con lucidità che il tempio, pur essendo il “segno” della divina presenza, non poteva contenere il Signore, dal momento che neppure i cieli e la terra lo possono contenere. La spiritualità del Carmelo esprimerà poi costantemente questo pensiero: i cieli e la terra non possono contenere il Signore, ma il cuore dell’uomo sì: perché è uno spazio spirituale, e Dio è Spirito. E con l’apertura meravigliosa della sua fede, Maria ha dilatato al massimo lo spazio spirituale del suo cuore. Il suo “sì” ha spalancato tutte le porte: e il Vivente è entrato in lei con pienezza inaudita, in modo nuovo e meraviglioso. La maternità divina (che prima che un fatto fisico, è un fatto spirituale: “prius concepil mente quam corpore”, ripetono i Padri) ne è l’espressione suprema.
Ciò è ribadito dal racconto lucano della Visitazione. Esso sembra avere,sullo sfondo quello del trasferimento dell’Arca dell’alleanza da parte di David (1 Cr 15). La liturgia, è vero, non accosta questa pagina al racconto della Visitazione (né il 31 maggio, né il 21 dicembre), preferendo invece collocarla nella Messa vespertina vigiliare dell’Assunta: in armonia con la liturgia greca che canta in questo stesso giorno: “Venite, voi tutti che amate questa festa, venite, danziamo, intrecciamo una corona di canti alla Chiesa, perché l’Arca di Dio è oggi giunta al luogo del suo riposo” (41). Ma arca ella è stata dal momento in cui il Verbo ha preso carne nel suo seno. Davanti all’arca Davide aveva danzato con canti di lode: alla Visitazione fa riscontro il felice sussultare del Battista nel seno di sua madre. Maria portava in sé il corpo del Figlio di Dio, come l’Arca portava la presenza di Iahwé Sabaoth.
Maria è dunque tempio, come in modo imperfetto lo fu Israele; come più pienamente lo è la Chiesa e, nella Chiesa, ogni cristiano. Ma essa lo è nel modo più perfetto e più puro, perché mai è esistita una creatura santa come lei. Certo, ad evitare esagerazioni (le “meraviglie” che Dio compie non hanno bisogno delle nostre pie esagerazioni, che invece di esaltarle le deformano) va ricordata l’affermazione di Ambrogio: “Maria è il tempio di Dio, non è il Dio del tempio” (42). Lo sapeva bene lei, che nel Magnificat non canta se stessa, ma le meraviglie che ha compiuto in lei Colui che è potente.
Edificandosi in tempio santo, la Chiesa offre al mondo la presenza di Cristo. E’ questa la sua funzione: essere il “sacramento” del Salvatore: “sacramento dell’incontro con Dio”, secondo una felice espressione divenuta corrente.
Mosè entrava nella tenda, e là entrava in contatto con la “gloria”; Jahwé gli parlava come un amico parla al suo amico. Il pio israelita entrava nel tempio di Gerusalemme, e là incontrava il Signore. Il cristiano lo incontra vivamente nella Chiesa e, più ancora, vivendo la Chiesa. Ma quello che è accaduto a Paul Claudel nella notte della sua conversione è emblematico per ogni esperienza di fede: il mistero della Chiesa si incontra attraverso il volto di Maria. Guardando a lei, si vede vivere la Chiesa: sono i suoi occhi che “spiegano i misteri”.
Sappiamo che l’intera Chiesa è “sacramento”: infatti come la “shekinah” riempiva il tempio, così la gloria del Risorto riempie la Chiesa. Ma per incontrare questa “gloria bisogna oltrepassare la soglia del segno ed entrare nel mistero: e non lo sapremo fare, se non sarà Maria a condurci per mano incontro al Signore. Lei è “mistagoga” come
3. Strumento di salvezza
Un altro tema che assume un posto grandissimo nella liturgia mariana è quello della salvezza. E’ il dono che più insistentemente viene chiesto ogni volta che si celebrano i misteri di Maria.
Anzitutto Maria è vista come la mano con cui Dio ci offre questo dono:
- “O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna... “ (43);
- Maria è chiamata “speranza e aurora di salvezza al mondo intero” (44);
- Maria riapre le porte del Paradiso chiuse ad Eva (45);
- in un ritornello di salmi responsoriali le gridiamo: “Il Signore ha posto in te le sorgenti della vita” (46).
Di conseguenza si fa insistente la domanda che sia lei a introdurci più profondamente in questa salvezza:
- “Fa’ che comunichiamo sempre più profondamente al mistero della salvezza” (47);
- “il tuo popolo.., partecipi alla pienezza della tua grazia” (48).
S. Ambrogio aveva già racchiuso tutto in una lapidaria affermazione: “Una Vergine ha generato la salvezza del mondo, una Vergine ha partorito la vita di tutti gli uomini” (49). Suo Figlio infatti è la salvezza: per tutti. Lo ha generato e ce lo ha offerto a Betlemme. Sarà ora assente dal grande travaglio con cui la Chiesa opera, per far sì che questa salvezza raggiunga tutti? Anche in questo Maria rimane “portio optima”, il membro più attivo della Chiesa. S. Bernardo l’ha cantata come “acquedotto” (50): non giunge a noi la salvezza se non passando per le sue mani.
Quando a Efeso, tra l’entusiasmo del popolo, venne proclamata Madre di Dio, Cirillo di Alessandria pronunciò queste memorabili parole:
“Per te, o santa Madre di Dio, la santa Trinità è adorata e glorificata,
e la Croce preziosa è celebrata in tutto il mondo; per te, ogni creatura è ricondotta alla conoscenza della verità;
per te i fedeli sono rigenerati dal battesimo e unti dell’olio di esultanza;
per te in ogni parte del mondo sono state fondate le chiese, e i popoli sono condotti alla penitenza...” (51).
E’ grande questo testo: esprime la presenza determinante di Maria in tutte le fondamentali attività della Chiesa per recare la salvezza: “impiantazioni” delle Chiese, annunzio del vangelo, azione sacramentale. L’azione di Maria e quella della Chiesa sono intimamente coniugate, si ha una “synergeia” totale. Troppo spesso lo dimentichiamo. Il documento della CEI su “Evangelizzazione e sacramenti” sembra lasciare in ombra il posto che vi ha la Madonna: solo due accenni a lei di carattere devozionale.
Si tratta di comprendere qui con esattezza la sua azione mediatrice che - essendo ella la “Madre di tutti i viventi” più di Eva - non può essere che universale. Tale dottrina è stata troppo spesso sospetta e discussa, quasi facesse ombra al “solo Mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo” (1 Tm 2, 5). Ma il Vaticano Il (LG 62) ci ha dato questa autorevole precisazione: “L’unica mediazione di Cristo non esclude, ma suscita nelle creature una varia partecipazione”. Per la sua posizione unica nella Chiesa, a lei spetta in questa partecipazione il primo posto. E’ la “generosa socia” inseparabile da Cristo: come a Betlemme, è sempre lei che Io offre a ogni credente come Salvatore. E’ “Madre della divina Grazia”.
Bulgakov riassume il pensiero della tradizione russa quando scrive: “La Vergine Madre del genere umano resta in cielo trasfigurata. Ella santifica tutto il mondo naturale. In lei e per mezzo di lei l’universo arriva alla sua trasfigurazione”(52).
La tradizione occidentale, che esprime di preferenza la realtà salvifica con il concetto di grazia, ci offre invece questo magnifico testo di S. Tommaso:
E’ già gran cosa per un santo qualsiasi accumulare in sé tanta grazia da bastare per la salvezza di molti (è il caso per esempio di fondatori di Ordini). Ma se ci fosse qualcuno che ne avesse tanta da bastare per la salvezza degli uomini di tutto il mondo, allora avremmo il massimo. Ora questo si verifica in Cristo e nella Beata Vergine” (53).
Il linguaggio è piano. S. Tommaso contempla pacato, senza lasciarsi influenzare dall’entusiasmo. Ma ciò che gli esce dalla penna ha una enorme portata: “tantum de gratia quod sufficeret ad salutem omnium hominum de mundo”. E questo è realtà nella Vergine, altrochè nel Cristo: perché Maria è il punto della storia in cui la salvezza, Gesù, dall’alto è entrata nel mondo. E rimane per sempre la terra eletta in cui Dio dà appuntamento all’uomo per salvarlo. “Pleroma”, come lo è la Chiesa per Paolo: una grazia così abbondante, che ridonda su tutti; “un vaso pieno che traboccando colma gli altri” (Schiler).
CONCLUSIONE
S. MARIA IN SABATO
Qui, al termine, mi sia consentito di assumere per un momento il genere della “confessione”, che ho volutamente scartato all’inizio. Tra le celebrazioni mariane ce n’è una che mi incanta più di ogni altra: quella del sabato, di ogni sabato. Non certo per la sua solennità, che anzi è la più dimessa (“memoria antica e discreta”, la chiama la Marialis cultus), ma per il suo ritmo. Con il suo costante riaffacciarsi ritma le settimane del tempo ordinario. Quando giunge questa “memoria facoltativa”, l’accolgo sempre con gioia. Mi dice che la presenza di Maria non è solo per i grandi momenti (le feste), per le occasioni di emergenza. E’ una presenza normale, inserita nel tessuto delle settimane, di cui si compone la vita. Maria è la dolce e discreta compagna nel viaggio quotidiano verso la casa del Padre.
Ma mi dice anche qualcos’altro. Il sabato sta tra il venerdì e la domenica, tra la memoria della passione e quella della risurrezione. Maria lo riempie perché in quel giorno, il sabato santo, tutta la fede della Chiesa si è raccolta in lei (54). Nel suo grande cuore di Madre si raccoglieva tutta la vita del Corpo mistico, di cui sotto la Croce era stata chiamata a diventare la Madre spirituale. Mentre la fede si oscurava in tutti, lei, la prima anima fedele, è rimasta sola a tenere viva la fiamma, immobile nell’oscurità della fede. La Chiesa, ancora una volta, si identificava con lei. Ben più di Francesco, in quel giorno portò sulle sue spalle tutto l’edificio della Chiesa. E’ questa la ragione che fa del sabato il giorno della Madonna, e già l’antichità lo ha intuito consacrando a lei questo giorno, l’ultimo della settimana cristiana, che precede immediatamente il primo, il dies dominicus.
Abbiamo talora l’impressione di vivere in un nuovo venerdì santo: defezioni e crisi sembrano moltiplicarsi, accanto a tanti segni di speranza. Ma adesso la Vergine non è sola: la Chiesa è con lei. Tante anime credenti accettano di stare con lei ai piedi della Croce. La Chiesa vive nel mondo la sua passione, prolungando quella di Cristo, ma non cessa mai di credere e di sperare, e non allenta il suo quotidiano, sofferto cammino incontro al Signore. E allora il venerdì si trasforma nel sabato, il sabato di Maria: lievitato dall’attesa della Risurrezione. Con lei si ritrova la gioia di vivere e il coraggio di sperare.
Se c’è tanto male nel mondo, lei è come la “corrente del golfo”: una corrente di bontà e di purezza che riscatta tutto il male e fa fiorire il bene. Se nella Chiesa ci sono tensioni e lacerazioni, il modo per ritrovarsi uniti è di stringersi intorno a lei. In una famiglia disunita, il primo passo verso la riconciliazione si fa ricorrendo alla madre. Nel mondo disorientato, lei è la stella. In una Chiesa sofferente, è un segno di speranza.
Da lei la Chiesa deve tutto imparare. Deve imparare soprattutto (come indica autorevolmente Paolo VI nei nn. 16-21 della Marialis cultus) a mettersi in ascolto di quella parola che ha il dovere di proclamare, dispensandola ai fedeli come pane di vita, imitando la Vergine in ascolto; a presentare ogni giorno al Padre le necessità dei figli nella preghiera, imitando la Vergine orante; a offrire se stessa insieme al Cristo in ogni Eucaristia, imitando la Vergine offerente.
Ricordo di aver visto a Subiaco un affresco in cui Cristo, con un unico abbraccio, stringe a sé teneramente Maria e la Chiesa. Non è quello che il Signore Gesù invita anche noi a fare, specie oggi?
E’ a Maria e alla Chiesa insieme, che nella fede grideremo, insieme ad Anastasio, che fu eremita sul Sinai nel VII secolo:
“Per questo ti chiamo ancora una volta:
benedetta fra le donne.
Tu sola, santa Chiesa, Chiesa di Dio e di Cristo
luminosa nella tua gloria di sposa
e nella benedizione della tua numerosa prole.
Tu sola sei benedetta fra le donne. Tu e nessun’altra” (55).
Mariano Magrassi
Note
(28) Ruperto Di Deutz, In Apoc. VII, 12; PL 169, 1043 A.
(29) Max Thurian, Op. cit. (= nota 15), p. 196-197.
(30) Leone Magno, Tractatus 25 (In Nativitate Domini) (sermo n. 5);ed. J. Leclerq, - R. Dolle Sourc, Chrét. 22 bis, Parigi 1964, p. 132. A questo testo si riferisce la Marialis cultus al n. 19, riportando in nota altri testi paralleli dello stesso papa.
(31) Isacco Della Stella, Serm. LI. In Assumpt. B.M.V.; PL 194, 1863 AB. Anche questo testo è citato dalla Marialis cultus n. 28.
(32) Agostino, De S. Virg., 6; PL 40, 399; cfr LG 53.
(33) Cromazio Di Aquileia, Serm. XXX, I; ed. J. Lemarie - H. Tardif, Sourc. Chrét. 164, Parigi 1971, p. 134.
(34) Comune B.M.V., formul. 30, colletta.
(35) Festa dell’8 settembre (Natività della B.V.M.), lettura breve a Nona.
(36) Tempo Natalizio, Inno alle Lodi.
(37) Comune B.M,V., Ufficio delle letture, al 3° salmo.
(38) Comune B.M.V, Ufficio delle letture, 2° responsorio.
(39) Comune B.M.V., Lodi, preghiere d’intercessione, formulario 2°.
(40) Indico qui alcuni altri elementi della liturgia mariana che ribadiscono lo stesso tema: Comune B.M.V., 4° formul., coll. (“... hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo verginale di Maria”); Lezionario mariano, I lettura (1 Cr 15, 3-4. 15-16: “Collocarono l’arca di Dio al centro della tenda eretta per essa dal Re David”); 21 nov., Presentazione della Vergine, I lettura (Zac 2, 14-17: “Gioisci, esulta figlia di Sion, perché ecco io vengo ad abitare in mezzo a te”); Inno alle Lodi (“Puella carens macula - Dei domus eburnea - te dedicavit caelitus - missus ab eo Spiritus”); Vespri, ant. al Magnificat (“Virgo perpetua, templum Domini, sacrarium Spiritus Sancti”), . omune B.M.V.: salmi responsoriali dopo la I lettura della Messa: salmo 131 con l’ant. “Ecco la dimora di Dio con gli uomini”; salmo 84 con l’ant. “La gloria di Dio abiterà la nostra terra”; Ufficio di lettura, Inno (“... supernus Artifex - mundum pugillo continens - ventris sub arca clausus est”); ant. 2 con il salmo 45 (“L’Altissimoha santificato la sua dimora”); Lodi, preghiere di intercessione, form. 10 (“Verbo eterno che hai scelto Maria come arca santa per la tua dimora fra noi”); form. 2° (“Redentore nostro, che in Maria, eletta come santuario dello Spirito Santo, hai posto la sede purissima della tua dimora fra noi, trasformarci in tempio vivo del tuo Spirito”). Si noti che questo elenco non pretende di essere esaustivo.
(41) Menei greci, Vespri del 15 agosto, ed. romana 1901, p. 409.
De Spir. Sancto, III, 80 PL 16, 829 A. “Cum igitur incarnationis adorandum sit sacramentum, incarnatio autem opus Spiritus... haud dubio etiam sanctus Spiritus adorandus est... Ac ne quis hoc derivet ad Mariam virginem: Maria erat templum Dei, non Deus templi”. Con ciò Ambrogio non minimizza certo la dignità di Maria. Altrove afferma: “Quid autem loquar quanta sit virginitatis gratias, quae meruit a Christo eligi ut esset etiam corporale Dei templum, in qua corporaliter ut legimus (Col 2, 9) habitavit plenitudo divinitatis?... Virgo portavit quem ,mundus iste capere et sustinere non potest” (Epist. 63, n. 3; PL 16, 1249 C.).
(43) Messa del 1° genn., colletta.
(44) Natività della B.V.M. (8 sett.), orazione dopo la comunione.
(45) Assunzione della B.V.M. (15 agosto), Il ant. ai Vespri.
(46) Comune della B.V.M., salmo resp. 11 (= salmo 86).
(47) Comune della B.V.M., form. 2°, orazione dopo la comunione.
(48) Comune della B.V.M., form. 3°, coll. Ecco qualche altro testo sulla stessa linea: Natività della B.V.M. (8 sett.), coll. (“la Natività della Vergine ha segnato l’inizio della nostra salvezza”); lo stesso giorno, Ufficio delle lecture, 1° resp. (“... per quam salus mundi credentibus apparuit”); Assunzione della B.M.V. (15 ag.), Lodi, ant. I (“Beata sei tu, Maria, da te è nato il Salvatore del mondo”; in latino: “per te mundi salus advenit”); Presentazione della B.V.M. (21 nov.), orazione dopo la comunione (“...fa’ che partecipiamo sempre alla vita divina del Salvatore”); nello stesso Comune il testo di Is 61, 10-11 proposto come I lettura (n. 9) (“mi ha rivestito delle vesti di salvezza”) e Rrn 5, 12. 17-19 proposto come II lettura nel tempo pasquale (n. 1) (“dove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia”); sempre nel Comune della B.V.M., ai I vespri, III ant. (“Dio ti ha benedetta, figlia del nostro popolo, tu ci hai dato il frutto della vita”); responsorio dopo la lettura patristica (“hai cambiato in benedizione la maledizione di Eva; grazie a te è brillata agli uomini la benedizione del Padre”) e la I ant. alle Lodi (“Beata sei tu, Maria, da te è nato il Salvatore del mondo”); memoria di S. Maria in sabato, ant. III al Bened. (“ Per te, Vergine immacolata, abbiamo ritrovato la vita: hai concepito per opera dello Spirito Santo e il mondo ha avuto da te il Salvatore”); ecc.
(49) Ambrogio, Epist. 63, n. 33; PL 16, 1249 C.
(50) Bernardo, Serm. In Nativitate B.M.V., De aquaeductu; PL 183, 437-448.
(51) Cirillo Al., Hom. 4 (Ephesi in Nestorium abita); PG 77, 992.
(52) S. Bulgakov, L’Orthodoxie, Parigi 1932, p. 166.
(53) Tommaso, Opusc. Theol. II; ed. Marietti, p. 240.
(54) Da tempo è invalso l’uso di aggiungere alle 14 stazioni tradizionali della Via Crucis una 15ma stazione consacrata alla risurrezione, per non separare le due facce del Mistero pasquale. Ma a Lourdes ce ne sono 16: mentre la 16ma è la risurrezione, la 15ma rappresenta Maria che in preghiera alla tomba del Signore “certa nella speranza totale, attende la risurrezione”.
(55) Anastasio Sinaita, Hexaemeron, 12; PG 89, 1072.