Formazione Religiosa

Venerdì, 18 Gennaio 2008 23:04

Lezione Sedicesima. L'esistenza cristiana nel mondo

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Lezione Sedicesima

L’ESISTENZA CRISTIANA NEL MONDO

 



Introduzione

1. Mentre l.a figura umano-divina di Gesù si dileguava tra le nubi del cielo nell'ascensione, gli angeli ammoniscono gli apostoli a girare gli occhi verso la terra: «Perché state a guardare il cielo?». E indicano loro l'ultimo appuntamento della storia: la seconda venuta di Gesù: «Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo» (At. 1,11).

La storia che va dalla Pentecoste alla seconda venuta dev'essere coperta dall’attività della Chiesa e del cristiano per fermentare con l'evangelo: «l’andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mt. 28,16-20 e parr.). La nostra storia è il tempo del regno, il terreno in cui Dio prepara e compie la salvezza.

 

2. Dio è presente nel mondo come il suo creatore, colui che lo fa sussistere, il Signore della storia che dirige tutte le cose come un Padre pieno di amore. Certo, il Cristo è presente nella Chiesa, la sua sposa amata per la quale egli si è donato (Ef. 5,25 ss); da Lui è stata costituita sacramento universale di salvezza. Ma egli è contemporaneamente presente nel mondo in continuità con l'azione creatrice e redentrice del Padre. Cristo è il redentore del mondo nella sua totalità In lui Dio si è riconciliato con il mondo (2 Cor. 5, 19). Mediante la sua azione e presenza spirituale, Cristo rimanda l'umanità a Dio Padre, che nello Spirito, conduce e guida la storia in uno svolgimento che non è privo di un suo disegno.

3. Il mondo è l'insieme della realtà creata, la totalità delle cose e degli esseri immersi nello spazio e nel tempo: il cosmo. La creatura per eccellenza in cui è manifestata l'intenzione di Dio creatore e che è in qualche modo il portavoce della creazione davanti a Dio è l'uomo. Mondo è anzitutto la realtà umana, l'umanità, la storia fatta dall'attività dell'uomo. È questa realtà che ha interessato l'azione salvifica divina («per noi uomini e per la nostra salvczza»): essa è il teatro della storia di salvezza. Gli uomini, nello spazio di libertà creaturale di cui sono dotati, hanno introdotto nella storia la rivolta verso Dio e il peccato:

«tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù» (Rom. 3,23-24).

1. Il cristiano nel mondo

Il cristiano è l'uomo che è stato raggiunto e salvato da Dio, in Cristo, ghermito, senza suo merito, da Gesù risorto e assimilato a Lui. La sua storia si confonde con quella di Cristo, perché, mediante il battesimo, è configurato al Cristo risorto: è convivificato, conrisuscitato, con-intronizzato con lui nel cielo (Ef. 2,5 s). La vita cristiana è la struttura salvifica che proietta dinamicamente l'uomo terrestre verso la realtà spirituale che si compirà nell'escatologia, ma che è già in atto, perché lo spirito gli è stato dato come primizia nel presente e garanzia del futuro (Rom. 8,23; 2 Cor. 1,22; 5,5).

1. Alla ricerca dell’uomo

La storia della salvezza si concentra sostanzialmente nell’uomo. La missione del cristiano non può avere altra destinazione che salvare l'uomo. Ciò comporta una scelta preliminare di indole filosofica sul concetto di umano e sul progetto positivo dell’esistenza umana. Le informazioni sull'uomo, particolarmente abbondanti oggi grazie ai dati acquisiti sulla psiche umana e sui comportamenti, non sono sufficienti ad illuminare il mistero. W. Kasper ha affermato: «Mai prima di oggi nel corso della sua storia l’uomo ha saputo tanto su se stesso. Mai prima di oggi la quantità delle informazioni su se medesimo lo ha reso così insicuro» (Geheimnis Mensch, Main, p. 3).

Il Concilio Ecumenico Vaticano II alla domanda: «Che cos'è l'uomo?» risponde con il richiamo al fatto che «l'uomo è stato creato ad immagine di Dio, capace di conoscere e di amare il proprio Creatore» (GS 12). Questo significa che il mistero dall'uomo non si penetra senza il mistero di Dio, perché esiste una correlazione tra le affermazioni su Dio e quelle sull’uomo.

Che cosa sia l’uomo e che cosa sia Dio, il cristiano lo sa in modo conclusivo soltanto attraverso Gesù. Il destino umano è divenuto visibile in Gesù: in lui tutte le aspettative di salvezza e la sua speranza hanno trovato piena attuazione. Dal suo messaggio il credente può capire tutta una serie di elementi che gli permettono di conoscere il proprio destino umano; anzi, l'insieme di questo messaggio fa intravedere che la speranza di una esperienza veramente riuscita non consiste nel rimando ad un futuro indeterminato, ma un’escatologia che è già visibile nelle sue anticipazioni. L'autentico umano è rivelato nella predicazione del Regno di Dio e nella rivelazione del Regnonella persona e nell'evento Gesù. In lui l’uomo conosce già il suo destino, perché non ancora nella luce della visione (2 Cor, 5,7). La rivelazione non dà una definizione di quale dev’essere il mondo perché sia veramente umano alla luce di Gesù Cristo.

La Bibbia ci aiuta con immagini: le spade forgiate in vomeri (Is. 2,4); il lupo che dimora con l’agnello (Is. 11,6; Mich. 4,3); le beatitudini (Mt. 5; Lc. 6), il perdono, l’amore del nemico (Mt. 5), il servizio fraterno. Il N.T. offre una descrizione negativa di quella condizione umana designata come “Regno” in cui:

«Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap. 21,4).

L’Enciclica Populorum progressio, 21, si muove nella stessa linea descrittiva di ciò che è umano:

«meno umane sono le carenze morali di coloro che sono mutilati dall’egoismo, dalle strutture oppressive, sia che provengano dagli abusi del possesso che da quelli del potere, dello sfruttamento dei lavoratori che dall’ingiustizia delle transazioni… Più umane sono l’ascesa dalla miseria verso il possesso del necessario, la vittoria sui flagelli sociali, l’ampliamento delle conoscenze, l’acquisizione della cultura; l’accresciuta considerazione della dignità degli altri, l’orientarsi verso lo spirito di povertà, la cooperazione al bene comune, la volontà di pace. Più umane ancora: il riconoscimento da parte dell’uomo dei valori supremi e di Dio, che ne è la sorgente e il termine».

2. Liberare l’uomo

Alla luce di Cristo non solo si illumina il senso dell’esistenza umana, ma si apre una via concreta alla sua liberazione. «Il Signore stesso è venuto a liberare l’uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell’intimo e scacciando fuori il “principe di questo mondo” (Gv. 12,31), che lo teneva schiavo del peccato. Il peccato è, del resto, una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza» (GS 13).

La liberazione affidata alla Chiesa e al cristiano è quella che ristabilisce l’armonia tra la corporeità e la spiritualità (GS 14), che ridona la dignità all’intelligenza per la ricerca della verità e il conseguimento della sapienza (GS 15), che riscopre la dignità della coscienza morale: «la coscienza è
il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» GS 16).

L’uomo può realizzarsi e volgersi al bene soltanto nella libertà: essa è: «il segno più eccellente dell’immagine divina». La dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libero, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna» (GS 17).

Il cristiano non è solo uomo salvato; alla luce del progetto umano in Cristo è chiamato a diventare uomo salvante dell'uomo che gli vive vicino, quando diventa
generosamente “prossimo" di ogni uomo e rende servizio con i fatti all'uomo che gli passa accanto. Il cristiano veicola la salvezza quando rispetta la persona e la vita umana in tutte le forme e condizioni in cui possa trovarsi (esempi concreti in GS 27), quando afferma la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e la giustizia sociale.

«Ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, dev'essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio» (GS 29).

L'aspirazione degli uomini d'oggi è di

«essere affrancati dalla miseria, garantire in maniera più sicura la propria sussistenza, la salute, un’occupazione stabile, una partecipazione più piena alla responsabilità, al di fuori di ogni oppressione, al riparo da situazioni che offendono la loro dignità di uomini; godere di una maggiore istruzione; in una parola, fare, conoscere e avere di più per essere di più» (Populorum progressio, n. 6).

Questo cammino dell'uomo si chiama sviluppo. Per essere autentico esso non deve ridursi alla crescita economica; deve essere integrale, cioè volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo.

Non esiste uno sviluppo a sé stante, ma una umanità che si sviluppa, che avanza nel cammino della storia.

La destinazione primaria della salvezza sarà sempre verso i "poveri", cioè verso coloro che, per condizione spirituale o sociale, sono al di sotto della linea storica dello sviluppo: i poveri saranno sempre un problema che Dio pone alla Chiesa e ai cristiani.

2. Le realtà terrene

Tutte le realtà che costituiscono l'ordine temporale rientrano nel grande disegno salvifico di Dio. I beni della vita, della famiglia, la cultura, l'economia, le arti e le professioni, le istituzioni della comunità politica, le relazioni internazionali, non sono soltanto mezzi con cui l'uomo può raggiungere il suo fine u1timo, ma hanno un valore proprio, riposto in esse da Dio, sia considerate in sé stesse, sia considerate come parte di tutto l'ordine temporale (AA 7).

Il cristiano, alla luce della fede, vede le realtà terrene, dotate di legittima autonomia, ma inserite nella vocazione totaleCol. 1,18). dell'uomo sulla terra, mettendole in relazione con Colui che tutte le unifica perché Dio abbia il primato su tutte le cose (Col. 1, 18)

«Ai laici tocca assumere l’instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio e, in esso, guidati dalla luce del vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto, come cittadini cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità, cercare dappertutto e in ogni cosa la giustizia del regno di Dio» (AA 7).

Il principale campo di azione del laico è l'impegno nel mondo e nelle realtà temporali.

«Quivi il laico serve Dio e testimonia la sua fede nel "Regno". Così egli presenta in modo vivo, come dev'essere fatto, che l’attuazione retta e cristiana della storia terrena e delle sue strutture ha un significato per la salvezza del mondo» (“Laico”, in Dizionario di teologia, p. 347).

L'ambito dell'azione del laico è la città terrena secondo l'indole secolare che è propria e peculiare dei laici (LG 37).

«Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli doveri e affari del mondo e nelle condizioni ordinarie della vita familiare e sociale, da cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo, a manifestare Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita, e con il fulgore della loro fede, e della loro speranza e carità.» (LG n. 31).

Attraverso i laici il Vangelo viene annunciato ad ogni creatura, «viene iscritto capillarmente nelle istituzioni sociali e politiche. Nelle attività economiche e nella cultura, nel lavoro, nel tempo libero, nei mezzi di comunicazione, nell'ambiente sociale e nell'ambito della famiglia. Il laico è la punta avanzata della Chiesa, che rileva dal contatto quotidiano con gli avvenimenti umani i segni dei tempi», nei quali vuole entrare oggi la salvezza di Dio.

3. Il significato salvifico dell’escatologia

Escatologia non è esclusivamente la dottrina delle cose ultime, bensì colui che è il «primo e l’ultimo» (Ap. 1,17), lo scopo finale (telos) che, in Cristo, Dio si prefigge di raggiungere con la sua creazione e redenzione.

L’evento finale non rivelerà nulla di nuovo; evidenzierà ciò che è stato già compiuto in Cristo, annunziato nella sua parola e vissuto nella fede.

La realtà del credente nel “frattanto” – La fede nel «già compiuto» dal Cristo venuto in carne (Gv. 19,30) assicura al credente la nuova nascita, cioè la sua rigenerazione come realtà attuale operata dallo Spirito Santo e significata nel battesimo (Rom. 6,3-11). Tale realtà rimane parziale e non visibile finché egli rimarrà inserito nella realtà presente e penultima. Perciò il credente attende la “redenzione” del proprio corpo mortale (Rom. 8,11) nella risurrezione finale (Gv. 6,39.40.44).

La morte, ultimo evento del nostro esistere nella realtà penultima, non separa il “corpo” dall’anima, ma strappa l’uomo nella sua realtà di “corpo vivente” dal contesto della storia e da tutti i rapporti che costituiscono la sua esistenza terrena. Nella morte io stesso vengo separato da me stesso come corpo e anima: l’io morto al peccato in Cristo muove per sempre ed è dimenticato da Dio (Rom. 6,23); ma l’io che vive nell’identità di fede e di nuova creatura in Cristo, è preservato in eterno come vivente in Cristo.

La risurrezione per i credenti è il compimento definitivo dell’opera di rigenerazione e di salvezza. Essa si manifesterà visibilmente nella rigenerazione della persona umana nella sua interezza nella sua identità in Cristo, mediante un atto di creazione di una nuova corporeità, il “corpo spirituale” (1 Cor. 15,42-44). Allora sarà il trionfo universale del Cristo: «L’ultimo nemico che sarà distrutto, sarà la morte» (1 Cor. 15,26).


Bibliografia

G. Cereti-G. Scuderi (a cura), La presenza di Cristo nella Chiesa e nel mondo, Torino.

J. Imbach, Alla ricerca dell’uomo, in «Rassegna di teologia», 17 (1976), pp. 225-241.

Aa.Vv., Chiesa per il mondo, 2 voll., Bologna.

Aa.Vv., La Chiesa nel mondo, Roma.

A. Rizzi, Per una lettura cristiana della storia, in «Servitium», 9 (1975), pp. 344-351.

O. Widerkehr, Prospettive dell’escatologia, Brescia.



(fine)

Letto 3458 volte Ultima modifica il Venerdì, 18 Novembre 2011 16:19
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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