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Venerdì, 18 Giugno 2004 14:36

Paolo, il giudaismo farisaico e il mondo greco

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La figura di Saulo - Paolo

di Don Filippo Morlacchi


Paolo, il giudaismo farisaico e il mondo greco


Alcuni autori hanno voluto vedere un contrasto insanabile tra Saulo, lo zelante fariseo, e Paolo, il seguace di Cristo. È più conforme ai dati storici leggere la storia di Paolo – senza trascurare la straordinarietà dell’esperienza di Damasco – nella continuità tra la sua fede giudaica e la sua appartenenza cristiana. In questa linea, testo di riferimento è oggi F. Rossi de Gasperis, Paolo di Tarso evangelo di Gesù, Lipa, Roma 1998. Ecco le conclusioni del lavoro (pp. 112ss):


[Secondo molti autori] l’apostolo sarebbe stato un uomo dilaniato e schiaffeggiato dalla sua doppia identità: Saulo-Paolo (cfr 2Cor 12,7-8). Senza cedere a semplicismi affrettati, e senza entrare nell’analisi dei contenuti delle lettere paoline, ma concentrandoci unicamente sulla sua persona, abbiamo cercato di mostrare qui che la vicenda spirituale e teologica di Paolo è forse molto più lineare di quanto non venga più spesso presentata. E ciò anche riconoscendo in lui una psicologia complessa e tempestosa.


Senza confonderlo con il giudaismo rabbinico, che gli è posteriore [e che, dopo la distruzione del tempio nel 70, dopo il Sinodo di Javne e la distruzione di Gerusalemme nel 135 si è arroccato su posizioni più rigidamente conservatrici a proposito dell’osservanza della legge, ndr], ci è sembrato che il giudaismo farisaico prerabbinico, che era il suo, abbia preparato, almeno inizialmente, Saulo – una volta che gli si fosse imposta la risurrezione gloriosa e la signoria messianica di Gesù, il Natzoreo, - ad aprirsi alla buona notizia e alla missione universale dell’evangelo. Di tale evangelo, del Gesù storico, risorto, Messia e Signore, Paolo è stato e rimane uno dei testimoni, degli araldi e dei teologi più considerevoli.


Giudeo della diaspora ellenistica che si sente a suo agio nella lingua e nel mondo greco (cfr At 21,37-39) e, insieme, ebreo da ebrei, educato e formato a Gerusalemme come un fariseo appassionato della Torah, Paolo, dopo l’evento di Damasco, è cresciuto in ogni cosa, in perfetta coerenza e trasfigurata continuità con la sua fede e la sua morale di "fariseo discepolo del suo Messia e Signore", fino alla piena maturità della statura di Cristo in lui (cfr Ef 4,11-16). Lungi dal riconoscerlo come un uomo spiritualmente dilaniato tra due poli opposto, ci sembra di poterlo ammirare […] come un uomo pienamente integrato e compiuto nella sua identità di fariseo divenuto, più che mai, se stesso nella sequela di discepolo supremamente innamorato del suo Maestro (cfr Fil 3,13-14; Rm 1,1-4). Lungi dall’aver "inventato una nuova religione", Paolo ci appare oggi come un testimone straordinario della continuità trasfigurata tra l’Alleanza antica – dei Padri e del Sinai – e la nuova, iniziatasi con il ritorno dall’esilio babilonese e cominciata a compiersi in Gesù al tempo degli apostoli e degli evangelisti, tra un giudaismo diasporico e insieme palestinese del primo secolo e la fede in Gesù, che egli condivide con tutto coloro che hanno creduto alle manifestazioni del Messia risorto e alla predicazione della Chiesa di Gerusalemme.

Letto 3188 volte Ultima modifica il Sabato, 19 Giugno 2004 01:56

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