L’anno liturgico celebra Cristo
di Francesco Pio Tamburrino
L’anno liturgico si presenta come il calendario di Dio, che fissa gli appunta,menti decisivi per la vita dei fedeli e apre loro le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti di Cristo Signore, così da renderli in qualche modo presenti in ogni tempo.
Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13,8)
Le espressioni di cui si è servita la tradizione per indicare l’anno liturgico sono tutte cariche di riferimenti teologici: “anno del Signore”; “anno della redenzione” (cf. Lc 4,19-21); “anno della grazia” (cf. Is 61, 1-2);”anno di salvezza”. In filigrana, il riferimento di fondo è al mistero di Cristo, centro della storia di salvezza, al quale si riannoda, mediante il memoriale, il nostro tempo consacrato dalle celebrazioni della liturgia. “Le tappe dell’”anno di grazia” riflettono i momenti decisivi della realizzazione della nostra salvezza in Gesù Cristo. Nel suo svolgimento l’anno liturgico ci fa seguire il dispiegamento di tutta la ricchezza del mistero di Cristo (1).
La prima e più Importante nota teologica dell’anno liturgico è il riferimento a Cristo Signore. “L’anno liturgico non è un’idea, ma è una persona, Gesù Cristo e il suo mistero attuato nel tempo e che oggi LA Chiesa celebra sacramentalmente come “memoria”, “presenza”, “profezia” (2).
1. Mistero di Cristo
Il riferimento allo sviluppo storico dell’anno liturgico è particolarmente indicativo per cogliere la teologia che soggiace ad esso. Le scansioni celebrative sono nate nell’antichità cristiana da un unico centro vitale: il mistero pasquale. Il culto della Chiesa è nato dalla Pasqua e per celebrare la Pasqua nel “dies dominicus”. All’inizio della liturgia cristiana l’unica festa era la domenica, memoriale ebdomadario del grande giorno della resurrezione. Ben presto, i legami delle comunità cristiane con l’ebraismo hanno fatto organizzare una celebrazione annuale del mistero pasquale, che resterà il punto culminante dell’anno liturgico, come del resto lo fu di tutta la missione di Cristo nella sua morte e resurrezione.
Un po’ alla volta, intorno a questo centro salvifico, sotto l’esigenza di “storicizzare” il mistero pasquale, le celebrazioni si sono dilatate in un “triduo pasquale”, nella settimana santa. Dando luogo ai battesimi nella grande Veglia Pasquale, e organizzando la disciplina penitenziale nei “quaranta giorni” che precedono la Pasqua, ne è nata la Quaresima come forte periodo preparatorio alla Pasqua. Così pure, l’esigenza di accompagnare i neofiti in un itinerario di approfondimento dei sacramenti ricevuti ha prodotto un ulteriore ampliamento nella celebrazione della cinquantina pasquale, che si conclude con la Pentecoste. Lo sviluppo delle celebrazioni è fortemente unificato da quell’unico centro focale, che è la Pasqua di Resurrezione.
Si può dire che la genesi dell’anno liturgico non avvenne principalmente sotto la spinta del pensiero teologico, che pure si andava sviluppando e organizzando nelle dispute contro le tendenze ereticali. Le celebrazioni nascevano dalla percezione della “eccedenza” del mistero di Cristo. La ricchezza inesauribile di tale mistero, compresa anche, nelle sue molteplici sfaccettature, alla luce della historia salutis e dei Vangeli ha determinato l’espansione del mistero di Cristo su spazi sempre più ampi.
L’anno liturgico celebra essenzialmente Cristo, non solo nei due cicli “cristologici” per eccellenza (Natale e Pasqua) e nel proprio del tempo dall’Avvento alla Pentecoste, ma anche nelle feste della Beata Vergine Maria e dei santi. Il “santorale” infatti celebra lo stesso evento salvifico di Cristo, in quanto ricevuto dalle membra di cristo, visto cioè nei suoi frutti, realizzato nelle sue membra più perfettamente configurate al Cristo morto e risorto (3).
Dopo una eccessiva proliferazione di feste dei Santi e delle devozioni particolari, che minacciavano di oscurare nella mente dei fedeli il punto centrale e primario, costituito dal mistero di Cristo, il Concilio Vaticano II, nel classico articolo 104 della Costituzione Liturgica Sacrosanctum Concilium afferma che la Chiesa celebra sempre e soltanto il mistero pasquale anche nelle feste dei suoi Santi, in quanto questi, più o meno perfettamente sono configurati al mistero di Cristo morto e risorto, e come tali sono celebrati e presentati come modelli alla Chiesa.
2. Crescita in Cristo
L’anno liturgico è cristocentrico anche in forza dei sacramenti che si celebrano perché gli uomini possano essere associati alla salvezza operata da Cristo. “Moritur Christus ut fiat Ecclesia: muore Cristo perché nasca la Chiesa” (4): la Chiesa nasce dal mistero pasquale di Cristo comunicato nei sacramenti. In tal modo Cristo ci raggiunge e ci convoca nel suo mistero pasquale. I sacramenti, che riuniscono tutti i diversi aspetti del mistero, con la meravigliosa semplicità di un solo segno ricco di una straordinaria pienezza, ci permettono di accogliere, per mezzo di “ritus et praeces” i gesti che Cristo ha compiuto “per noi uomini e per la nostra salvezza”.
“L’anno liturgico è la vicenda di Cristo che si inserisce sul piano personale per diventare salvezza, non isolando la persona, ma immettendola nel dinamismo della “istoria salutis” (5)”. In esso infatti “mysteria redemptionis… (Ecclesia) fidelibus aperit, adeo ut omni tempore quodammodo praesentia reddantur: ricordando i misteri della redenzione, la Chiesa aopre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche, in modo tale da renderli come presenti a tutti i tempi” (Sacrosanctum Concilium, 102).
Nella liturgia cristiana, nessuna celebrazione è identica all’altra. L’anno liturgico è un andare avanti, a partire dal punto in cui si era arrivati, è un nuovo avvento di Cristo nella vita della Chiesa e di ciascuno. Di festa in festa siamo “sempre di nuovo” davanti a Dio in Cristo, per realizzare il “crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e testimoniarlo con una degna condotta di vita” (Colletta della I dom. di Quaresima).
O. Casel paragona l’anno liturgico alla salita di una montagna attraverso tornanti che si affacciano sugli stessi versanti, ma a quote differenti: “Come una strada corre serpeggiando intorno ad un monte, allo scopo di poter raggiungere a poco a poco, in graduale salita, la ripida vetta, così noi dobbiamo ogni anno ripercorrere su un piano più elevato la stessa via, finché non sia raggiunto il punto finale, Cristo stesso, nostra meta”.
Si tratta insomma di “vivere questa vita di Cristo Signore, questo cammino imponente, dal seno della Vergine fino al trono della divina maestà nell’alto dei cieli, questo mistero. Si tratta di celebrare e di fare nostre grandi realtà della salvezza, non semplicemente di contemplare e imitare nel sentimento la vita terrena del Signore, nei suoi particolari.
Questo potrebbe farlo anche un non battezzato, mentre noi cristiani e cattolici siamo chiamati a celebrare il mistero di Cristo, servendoci della potenza che ci viene dallo Spirito di Dio; non ricevendo soltanto illuminazioni e grazie, ma partecipando all’oggettiva spirituale realtà di Cristo presente… Soltanto così possiamo attingere, pieni di gioia, dalla sorgente di vita che è Cristo Salvatore… L’affermazione di Cristo: Io sono la via si realizza così nel modo più elevato. Cristo non è semplicemente l’esempio e tanto meno uno che indichi la via: è invece la via vera e propria, che ci porta fino alla meta” (6). L’anno liturgico non ricalca la concezione statica, greco-romana, del tempo, chiuso nella ripetitiva ciclicità di mesi, stagioni e anni; deriva invece da quella biblica, che concepisce il succedersi del tempo come una spirale progressiva, diretta verso il compimento finale della salvezza.
“L’articolazione del ciclo liturgico non deve trarre in inganno. Le varie fasi (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) si giustificano come diversi approcci dell’unico mistero, e si caratterizzano per il riferimento alle sue fasi.
Procedimento pienamente legittimo e altamente pedagogici, purché si tenga ben presente che il mistero è uno solo: Cristo pasquale. E allora, quando celebro l’Avvento, non dimentico che egli è già venuto; quando celebro la Quaresima non mi sento come uno che attende ancora la purificazione dal sangue di Cristo, ma come un credente che porta già il sigillo della croce e vuole solo immedesimarsi meglio con essa… Ogni fase va collegata con il paschale sacramentum.
Così il Natale non è solo la celebrazione della nascita di Cristo: è il mistero della redenzione, vista in una determinata angolazione: il Verbo che si fa carne per salvarci (7).
3. Storia della salvezza in atto
La concentrazione cristologica del mistero celebrato nella liturgia va intesa secondo la legge intrinseca della economia di salvezza contenuta nelle Scritture e che ha raggiunto la sua pienezza in Cristo. Dalla creazione all’Apocalisse Dio entra nella storia degli uomini con un piano organico e progressivo, in cui “con eventi e parole intimamente connessi tra di loro” (Dei Verbum, 2), Dio attua la salvezza ponendovi Cristo Signore quale centro verso cui tutto converge e da cui tutto si irradia.”L’anno liturgico celebra il mistero di Dio in Cristo, quindi è radicato su quella serie di eventi mediante i quali Dio è entrato nella storia e nella vita dell’uomo” (8). La liturgia celebra tutta la storia della salvezza incentrata nella persona e nei fatti della vita storica di Gesù . il prima di Cristo è la storia sacra dell’Antico Testamento, colta nella sua dimensione essenzialmente profetica; il dopo di Cristo è il tempo della Chiesa, che ha per pietra angolare Cristo Gesù e per fondamento gli apostoli e i profeti della Nuova Alleanza.
Questa triplice dimensione storica è resa presente nella liturgia dall’annuncio degli avvenimento dell’Antico Testamento, del Vangelo e degli scritti apostolici. L’esempio più luminoso è presentato dalla successione delle letture della Veglia pasquale; ma anche le grandi formule di benedizione (dell’acqua, degli oli), di ordinazione,di dedicazione del tempio e dell’altare, le preghiere di “raccomandazione dell’anima”, seguono lo stesso modulo.
Il modo proprio con cui la liturgia permette di rivivere oggi gli eventi salvifici annunciati e commemorati nella celebrazione è il memoriale.
E’ vero che l’anno liturgico ha una sua funzione didascalica, utile per la catechesi, e nei contenuti offre l’essenziale per un itinerario di fede e di evangelizzazione. Tuttavia va tenuto presente che l’anno liturgico non è un album di cartelloni per la catechesi, ma la persona di Cristo: esso ci permette di entrare in contatto con i suoi misteri, che sono vivi e operanti nella liturgia.
Nel memoriale le azioni salvifiche di Cristo sono rese ritualmente contemporanee e attualizzate. L’avvenimento salvifico del passato non si ripete, ma si fa presente ed efficace qui-ora-per noi. “Ciò che era visibile del nostro redentore – afferma San Leone Magno – è passato nei riti sacramentali” (Discorso II sull’Ascensione, 1,4).
Se la festa della Chiesa è Cristo, celebrare significa partecipare alla sua grazia che ci salva. La categoria della “partecipazione” non deve essere banalizzata, limitandola – come spesso si è fatto nel periodo post- conciliare – al coinvolgimento dell’assemblea nei canti, nelle preghiere e nei ministeri, tirandola fuori dal mutismo e dalla passività in cui si era rifugiata per secoli. Partecipare è accogliere la presenza del Risorto, legarsi a lui e vivere con lui; è diventare parte di Cristo, divenendo suo pleroma, con la Chiesa e come la Chiesa. Cristo ci prende dentro i suoi misteri; mediante lo Spirito Santo li innesta nella nostra vita e li fa vivere in noi.
4. Riscatto del tempo
Nella liturgia convergono, come eredità della visione biblica, tre livelli del tempo: quello regolato dai cicli della natura (tempo cosmico); quello che si svolge nel fluire degli avvenimenti (tempo storico); l’uno e l’altro Dio li governa e li orienta verso un fine (tempo salvifico).
Nell’anno liturgico i cicli stagionali, la successione dei mesi, delle settimane e dei giorni, la sera e il mattino, la notte e il giorno, il tempo della vita terrena pieno di esperienze umane e luogo del divenire di tutte le cose, insomma il chronos assume una qualifica salvifica, mediante il kairòs: spazio e tempo propizio per la salvezza, abitato dal mistero di morte-resurrezione di Cristo.
Il tempo astronomico (chronos) misura in modo inarrestabile il nostro divenire e la nostra decadenza fisica. Dio riscatta la vita umana, facendole superare la prigione del proprio limite esistenziale, introducendola nella “pienezza del tempo” (Ef 1,10). “La realizzazione del mistero di Cristo ha inaugurato un’era nuova, cioè dei tempi che non sono più assoggettati alla vanità, alla decomposizione, ma riempiti ormai dell’azione dello Spirito in vista del ristabilimento di tutte le cose.
In Cristo ci è donato di vivere un tempo reale, non vuoto ma pieno, non fuggevole ma compiuto (K. Barth). Perché in lui il passato non si deposita in un pur ricorso, non si allontana, ma ci accompagna come una realtà viva; in lui il presente non si perde continuamente nella fretta della vita, non è subito sorpassato, ma si trova già, in maniera del compimento finale, della gloria a venire” (9).
Dio ha già operato la redenzione del tempo, con tutti i gesti di salvezza che ha compiuto dalla creazione fino ad oggi, da Abramo a Mosè, a Davide, ai profeti, fino alla pienezza dei tempi, in cui il Figlio eterno si è fatto uomo nel tempo e nello spazio e ha riempito di amore e di salvezza la vita degli uomini. Cristo Gesù è il punto di interferenza e di approdo nella storia del “tempo divino”.
La liturgia cristiana è l’ultima tappa della storia della salvezza, in continuità con ciò che Dio ha compiuto “in illo tempore”, e insieme aperta verso la realizzazione finale nel mistero che celebra.
L’anno liturgico è la continuazione della storia della salvezza. Il passato è costellato dai grandi interventi divini. Questi “magnalia”, nel tempo presente, sono i sacramenti. Senza clamore, sotto il velo dei segni, sono interventi meravigliosi di grazia che si svolgono sul nostro cammino.
ConclusioneNella teologia dell’anno liturgico c’è la risposta al più angoscioso interrogativo dell’esistenza umana: la vita umana nel tempo non è una corsa insensata verso il nulla. La storia è lo spazio in cui Dio si affianca all’uomo e cammina con lui: luogo d’incontro e di amore, svelamento della filantropia divina, che si compromette fino a dare un nuovo senso s tutti gli interrogativi della vita: dal nascere al morire, dalle gioie alla sofferenza. La piccola storia, il frammento in cui si trova a vivere ogni uomo è un calice che attende di riempirsi in Cristo. La “virus” che usciva da Cristo deve poter raggiungere l’uomo, toccarlo (Lc 6,19) per guarirlo.
Il primato di Cristo, nell’anno liturgico, è primato di Dio nell’opera della salvezza. Egli è “il solo che opera meraviglie, perché eterna è la sua misericordia” (Sal 135,4). Il protagonista principale della liturgia non è né il ministro, né l’assemblea dei fedeli. Nella liturgia noi “movemur: siamo mossi” dallo Spirito (Rm 8,14). E’ lo Spirito che ci prende per mano, ci conduce verso il “Padre santo fonte di ogni santità” e ci introduce, mediante l’epiclesi, nella “grazia di Dio, che è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore” (Rm 6,23) (10).
Note
1) F. STOOP, L'an del grâce, in AA.VV., Les étapes de l’an de grâce, Neuchâtel 1962, p. 7.
2) A. BERGAMINI, Anno liturgico, in D. SARTORE – A.M. TRIACCA, Nuovo Dizionario di liturgia, Roma 1984, p. 65.
3) Cf. P. VISENTIN, La celebrazione del mistero pasquale nella memoria della Vergine e dei Santi, in ID., Culmen et fons, I, Padova 1987, pp. 340-344.
4) S. AGOSTINO, Tract. in Io 9,10.
5) M. MAGRASSI, Cristo luce sul nostro cammino, in Liturgia 12 (1978) p. 781.
6) O. CASEL, Il mistero del culto cristiano, tr. it., Torino 1959, pp. 113-114.
7) M. MAGRASSI, Cristo luce sul nostro cammino, cit., p. 783.
8) A. BERGAMINI, Anno Liturgico, cit., p. 67.
9) F. STOOP, L’an de grâce, cit. p. 22.
10) A. M. TRIACCA, Anno liturgico: «icona del rapporto tra “hodie” e l’”escaton”», in Rivista Liturgica 75 (1988) p. 479.