1. Bilanci della Conferenza Episcopale Italiana
Per il primo Sinodo dei vescovi (1967) i vescovi italiani riconoscevano una sostanziale accoglienza della riforma, giudizio ribadito da una indagine dello stesso anno che il Consilium richiese alle Conferenze episcopali e che per la CEI fu elaborata dal Centro di Azione Liturgica. Alle domande si rispondeva con una valutazione positiva, pur non nascondendo le difficoltà: emblematica la risposta sull'uso della lingua italiana. Per il futuro ci si dovrà preoccupare «della spiritualità che la riforma suggerisce, più che della disciplina rubricistica»: è il primo di una lunga serie di inviti in tal senso (1).
Per il Sinodo straordinario dei vescovi tenutosi a vent'anni del Vaticano II (1985), la CEI redasse un bilancio sulla falsariga di un questionario. Ne risultava che la liturgia era ben accolta, in particolare la Liturgia delle Ore; che in Italia non si erano avute forti resistenze e che gli abusi erano stati «avvertiti e prontamente stigmatizzati». Ora però - vi si diceva - è tempo di promuovere una «teologia della liturgia», nonché una «spiritualità liturgica» (2).
Oltre a queste due indagini svolte in occasione di altrettanti Sinodi, nel ventennio del Sacrosanctum concilium fu stilato dalla CEI il bilancio più impegnativo (3), nella conferma della validità della riforma (n. 22). Questi i contenuti, in sintesi, della nota pastorale.
Il positivo dei nuovi libri liturgici contrasta con il non aggiornamento teologico-pastorale e un nuovo formalismo (n. 3). In particolare sono emersi ma devono essere completati: la cultura biblica (n. 11); la verità dei riti che, per risultare significativi, devono «conservare la loro autenticità» e «risultare evocativi di ciò che Dio ha fatto per la salvezza del suo popolo e ancor oggi opera nella celebrazione» (n. 12); il senso dell'assemblea come soggetto celebrativo (n. 10), con un miglior esercizio della presidenza e il coinvolgimento dei fedeli 'adulti' nel servizio liturgico (nn. 7-9). Nella liturgia Cristo non si sostituisce agli uomini, ma li associa a sè (n. 21). Però in una liturgia disincarnata «nessun uomo [...] potrebbe mai ritrovarsi, nè Dio potrebbe mai apparirgli veramente salvatore» (n. 23).
La conclusione della nota pastorale ha parole belle e terribili: la chiesa «comprende che, come ogni segno e ogni sacramento, anche essa può rivelare o nascondere, può donare o sottrarre, a seconda della qualità del suo ministero» (n. 25).
2. Bilanci della Santa Sede
A vent'anni dal concilio, come già detto, si celebrò un sinodo straordinario dei vescovi (1985). Il passo che riguarda il bilancio liturgico constata che il rinnovamento «è stato accolto con gioia e con frutto dai fedeli», ma sottolinea che ora bisogna puntare alla «partecipazione interiore e spirituale» e a «far risplendere il senso del sacro»: quest'ultima è una risposta acrifica al ritorno del sacro e alla diffusione delle sette. Nell'insieme del testo la Sacrosanctum concilium è assente, a parte l'elenco dei grandi documenti, e prevalgono le categorie dell'ecclesiologia e della santità senza riferimento alla liturgia (4).
Per il venticinquesimo della Sacrosanctum concilium si ebbe un documento celebrativo del sommo pontefice (5), con la premessa che la riforma «rispondeva ad una speranza generale di tutta la chiesa» (n. 4). I principi direttivi della riforma furono: il mistero pasquale: «la liturgia ha come primo compito quello di ricondurre instancabilmente sul cammino pasquale aperto da Cristo» (n. 6); la lettura della parola di Dio, che «pone ancora e sempre nuove esigenze» (n. 8); la liturgia come epifania della chiesa una santa, cattolica, apostolica (n. 9).
Scontato che la riforma è conclusa, ma la pastorale no (10), ai risultati positivi si affiancano valutazioni negative: preghiere eucaristiche arbitrarie e sostituzioni della scrittura con testi profani (n. 13). Per il futuro, la novità è l'adeguamento dei riti alle varie culture (n. 16) e comincia a profilarsi la spina delle traduzioni (n. 20). In conclusione, bisogna «ritrovare il grande soffio» (n. 23) del momento della Sacrosanctum concilium: così dicendo si riconosce inequivocabilmente una caduta dell'interesse liturgico.
Da segnalare infine il convegno celebrato in Vaticano (25-27 febbraio 2000) a seguito della richiesta della TMA 36 di un esame di coscienza sulla recezione del concilio. Diverse pagine tracciano un bilancio sulla liturgia, ma non si tratta più di documenti ufficiali (6).
Riccardo Barile
Note
1. Per brevità, quando possibile omettiamo di citare i documenti con il titolo esteso, limitandoci ai rimandi all'Enchiridion CEI e all'Enchiridion Vaticanum: ECEI I/1326-l327. 1410-l413. 1463-i471. 1438-1442. 1457. 1471.
2. ECEI I/2883.2885.2890.
3. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Nota pastorale Il rinnovamento liturgico in Italia a vent'anni dalla costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» (23settembre 1983), in ECEI III/1523-l548.
4. EV IX/l773.1788.1798.
5. GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Vicesimus quintus annus (4 dicembre 1988), in EV XI/1567-l597.
6. COMITATO CENTRALE DEL GRANDE GIUBILEO DELL'ANNO 2000, Il Concilio Vaticano II, a cura di R. Fisichella, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000, 768. Sulla liturgia 46-65; 207-279.