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Venerdì, 18 Giugno 2004 14:24

Ecclesiologia degli Atti

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Ecclesiologia degli Atti e giudeo-cristianesimo


di Don Filippo Morlacchi


Ecclesiologia di Atti (cfr F. Rossi de Gasperis, Cominciando da Gerusalemme)


Per comprendere At bisogna partire dal fatto che ne è protagonista non una "chiesa" generica, ma la Chiesa di Gerusalemme, madre di tutte le chiese. È la Chiesa dei "santi" (Atti 9,13.41; 20,32; 26,10.18: la traduzione spesso non è fedele); dei "fratelli" (ad es. 1,15-16), dei "discepoli" (ad es. At 9,1.10), dei "credenti" (ad es. At 2,44), dei cosiddetti "natzorei" (At 24,5), del gruppo che si definiva "la via" (Atti 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22: spesso è tradotto con "la dottrina"). I "santi" sono consapevoli di essere proprio quell’Israele a cui Jhwh ha fatto le sue promesse, non "un altro"" o "un nuovo" Israele, ma lo stesso, l’unico che essi conoscono. L’evento di Gesù segnava per loro l’ultimo e totalmente compiuto rinnovamento dell’alleanza, il culmine di quell’"alleanza nuova" e di quei giorni che erano stati annunziati dai profeti.


La Chiesa non è un "nuovo" Israele (cfr la "teologia della sostituzione" e la teologia di Matteo secondo W. Trilling, Das wahre Israel): esiste un unico Israele "spaccato in due" da quella spada che è Gesù (la spada che trapassa l’anima di Maria, madre della Chiesa, "Figlia di Sion" simbolo di Israele: Lc 2,25-38). Tale frattura è dovuta al carattere inaspettato del messianismo di Gesù, tanto che i vecchi capi (= il sinedrio) non lo hanno capito né accolto. I Dodici non sono l’inizio di un nuovo popolo, ma sono giudei che diventano capi di Israele, mentre i vecchi capi che hanno rifiutato Gesù (solo loro, non tutto Israele!) vengono ripudiati: la spaccatura avviene all’interno di Israele. L’evangelo di Gesù Messia, per At, è la buona notizia della salvezza destinata, in primissimo luogo, alla casa d’Israele. Tanto che agli occhi dei pagani la questione della controversia tra giudei e giudeocristiani appare una faccenda interna alla religione dei giudei (vedi At 25,18-20). La novità consiste nel fatto che questa salvezza si estende oltre i confini del popolo eletto, come era stato profetizzato.


La Visita di Dio: Lc dà un valore teologico al verbo "visitare" (episkèptomai) e al termine "visita" (episkopè): significa che Dio viene a "visitare il suo popolo" (Lc 1,68) portandogli la salvezza. Gesù stesso è l’episkopè di Dio quando compie il suo viaggio a Gerusalemme. La colpa di Gerusalemme è che "non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata" (cfr Lc 19,44). Se Gesù è la Visita di Dio ad Israele, la Chiesa è la Visita di Dio alle genti: cfr At 15,14, tradotto "fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome": ma letteralmente sarebbe: "Dio ha visitato le genti per prendersi un popolo per il suo nome".


La figura di Paolo: emerge da At come un perfetto israelita, fariseo zelante anche dopo la sua "conversione" (Atti 16,3: circoncisione; 18,18: nazireato; 21,17-22,5: discorso a Gerusalemme!; 22,17: preghiera al tempio; 23,1-9: davanti al sinedrio; 24,5-21: autodifesa; 25,7-12: davanti a Festo; 26,1-11.22-23.30-32: davanti ad Agrippa; 28,17-23: con i giudei di Roma). In realtà l’"apostolo delle genti" (Rm 11,13) fu, prima di tutto, l’evangelista di Israele e dei giudei della Diaspora. Paolo – come Gesù – evangelizza cominciando sempre dalla sinagoga; nessun passaggio ai pagani è per lui così definitivo da impedirgli di ricominciare, nella città seguente, dalla comunità Israelitica. Questo ritratto di Paolo non è diverso da quello che si evince dalle lettere, se si considera l’evoluzione del suo pensiero, in particolare dopo il concilio di Gerusalemme (48 d.C.): Rm 9-11 è sicuramente più equilibrato nel giudizio su Israele di 1Ts 2,14-16, o Fil 3,2-21, o Gal: si passa dall’animosità dell’apostolo contro chi ostacola il suo ministero all’ipotesi che il suo annuncio sia stato un ostacolo all’accoglienza del vangelo da parte dei suoi fratelli. Il problema pastorale si trasforma in questione teologica: l’indurimento di tutto Israele (Rm 11,26) come mistero di Dio. Dunque: nessun conflitto tra fonti di prima mano e storiografia lucana.

Letto 3214 volte Ultima modifica il Venerdì, 18 Giugno 2004 14:29

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