LA PREMURA DI DIO PER I DEBOLI ED I POVERI
Padre Alberto Valentini
L'enciclica Redemptoris Mater invita a riflettere sulla figura di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Non si tratta, ovviamente, d'un semplice ritorno al Concilio, ma di "una nuova e approfondita lettura di ciò che il Concilio ha detto sulla Beata Vergine Maria" (n. 48).
La novità risiede innanzitutto nell'approccio, che non è solo dottrinale, ma anche dinamico-esperienziale. L'itinerario, il pellegrinaggio di fede è la prospettiva particolare con la quale l'enciclica coglie la figura di Maria e quella della Chiesa. In tale contesto si colloca la riflessione circa "II Magnificat della Chiesa in cammino" (nn. 35-37). Il canto della Vergine, che per tanti secoli ha nutrito la fede e la pietà dei credenti, è oggetto ai nostri giorni di un'attenzione particolare. È difficile sottrarsi alla suggestione molteplice di questo canto: il contemplativo vi può scoprire facilmente la lode estatica del Dio della sua vita e della sua salvezza; l'umile e il povero possono identificarsi nella spiritualità della "serva" per magnificare l'eterna misericordia del Signore; chi è impegnato nel sociale e nel politico può appropriarsi dei vigorosi versetti (51-53) che esaltano la potenza di Dio che disperde i superbi, depone i potenti e innalza i deboli. E si potrebbe continuare: il canto si presta ad essere letto in più prospettive.
"La Vergine Madre è costantemente presente in questo cammino di fede del popolo di Dio... lo dimostra in modo speciale il cantico del "Magnificat" che, sgorgato dal profondo della fede di Maria nella visitazione, non cessa nei secoli di vibrare nel cuore della Chiesa" (n. 35). È una constatazione fondata sull'esperienza dei secoli: la Chiesa ha fatto suo molto presto il canto di Maria. Sant'Ambrogio già lo proponeva quale espressione della pietà del credente: "Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio" Expositio Evangelii secundum Lucam, 11, 26).
Il "Magnificat" costituisce "un'ispirata professione di fede, nella quale la risposta alla parola della rivelazione si esprime con l'elevazione religiosa e poetica di tutto il suo essere (di Maria) verso Dio" (n. 36). Solo il credente - colui che ha visto, udito e creduto - è in grado di cantare le opere di Dio. La fede è la sorgente della gioia, e sorgente della fede è le rivelazione di Dio, manifestatasi pienamente in Cristo Signore. Alla base dell'esultanza di Elisabetta (Lc 1,41-45) e di Maria (Lc 1,46-55: il "Magnificat") c'è il "fìat" della serva (Lc 1,38) alla rivelazione di Dio, che annunciava la nascita di Gesù, Figlio dell'Altissimo e discendente davidico (Lc 1,32), Cristo Signore (Lc 2,11).
Certo, ogni canto, ogni salmo è una commossa professione di fede, e il "Magnificat" lo è in maniera particolare. Canto eminentemente teologico, rivela il vero volto di Dio-salvatore-potente-santo-misericordioso-fedele per sempre... È il Dio che ha accompagnato costantemente il cammino d'Israele e che, nella pienezza dei tempi, in Cristo Gesù nato da Maria, si è attendato come Emmanuele in mezzo al suo popolo.
Il "Magnificat", infine, manifesta la premura di Dio per i poveri. Dal canto di Maria la Chiesa attinge più chiara coscienza "che non si può separare la verità su Dio che salva... dalla manifestazione del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili". È importante sottolineare questo, salvaguardando però la radice teologica, insieme con la dimensione sociale, dell'impegno per i poveri. Si tratta di problemi organicamente connessi "col senso cristiano della libertà e liberazione".
Anche questa lezione circa la spiritualità e la concretezza storica dell'impegno della Chiesa scaturisce dalla Parola di Dio e in particolare dal messaggio del "Magnificat". Il canto di Maria è profondamente teologico - come si è notato - ma, proprio perché teologico, è incarnato nella storia. Nella storia il Signore opera e rinnova continuamente il suo disegno, sfigurato dalle violenze e dalle ingiustizie, segno del peccato del mondo. Il Figlio dell'Altissimo nato dalla Vergine e chiamato "Gesù" ("egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" Mt 1,21), è venuto per liberare i poveri (cfr. Lc 4,18-19). Consacrato dalla potenza dello Spirito, che rinnova la faccia della terra, egli ha portato nel mondo la rivoluzione della giustizia di Dio affidata non alle armi, ma alla "compromissione" di tutti i credenti.
Ecco alcuni tratti della riflessione pontificia sul "Magnificat". Questo canto rivela la fisionomia spirituale della Vergine Maria e segna l'itinerario di fede e d'impegno della Chiesa, in ogni tempo.