Chi è mio padre? Il ruolo paterno svolto da un sconosciuto che abita in casa.
L’assenza ha sempre costituito il tratto dominante e stereotipato dell’essere padre: l’assenza fisica da casa, l’assenza affettiva, l’assenza educativa. A questa assenza, il lavoro forniva una giustificazione o una motivazione scontata. Sulla scia della contemporanea rielaborazione dei ruoli tradizionali di padre e di madre assistiamo, tuttavia, alla nascita di nuovi padri, più presenti, più affettuosi con i figli, più interessati alla crescita educativa dei bambini. Ciononostante, il padre rimane ancora profondamente connotato come "assente" o quanto meno come incompetente nella gestione continuativa dei figli. Ho ascoltato negli anni decine di padri, li ho visti piangere disperati perché separarsi voleva dire perdere completamente il contatto con i figli: ho ascoltato anche molti bambini in terapia, costretti a "coprire" le proprie perdite di padre per lenire la disperazione di madri o padri disperati e addolorati. E’ vero che spesso il padre si presenta ancora come incapace a gestire le sue responsabilità dirette, soprattutto in quelle situazioni di crisi familiare in cui ci si aspetterebbero risposte adulte e coerenti e non atteggiamenti di fuga o mere rivalse. Non vorremmo però far apparire i padri come delle vittime della società o della super competenza materna; semmai c’è da chiederci perché ancora il padre sia così passivo e scarsamente coinvolto nel prendere maggiormente l’iniziativa per affermare la sua paternità in modo chiaro e responsabile. Le vicende paterne sono ancora più complesse in quelle che sono alcune nuove forme di famiglia, ovvero le cosiddette famiglie ricostituite, nelle quali il terzo genitore, nuovo compagno della madre, introduce in casa una nuova figura maschile: di fatto questa "abbondanza" di presenze maschili sembra corrispondere purtroppo anche ad un affievolirsi di figure paterne reali che hanno un rapporto continuativo con i bambini. Ritrovare il padre vuol dire allora ricercarne il senso e il valore su un piano di realtà in una società in profonda trasformazione e ciò richiede un profondo cambiamento del ruolo paterno e una diversa dialettica con la componente materna; perché ciò avvenga è necessario debellare quei pregiudizi e stereotipi sociali, che oscillano tra il vecchio modello dell’autoritarismo paterno privo di anima e il nuovo prototipo di mammo, che per accedere al mondo dei figli dovrebbe trapiantarsi seni e sensibilità materna, senza poter mantenere una sua specifica sensibilità maschile.
Prof. Maurizio Andolfi