Famiglia Giovani Anziani

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Sabato, 21 Gennaio 2012 09:05

Un valore prezioso, ma non acquistabile

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Ch. Inf. di San Francesco, Capp.di San Martino, Assisi Ch. Inf. di San Francesco, Capp.di San Martino, Assisi

La gratuità appare la trasgressione più evidente del volontariato rispetto alla comune logica di mercato. Tale prospettiva apre nuove strade all'economia che si configura non solo come luogo di scambi di beni e servizi dietro il corrispettivo di un prezzo, ma come l'insieme di relazioni umanizzanti in cui si scambiano strumenti utili alla promozione della vita umana.

«Che cosa farà alla fine della guerra? Tornerà a insegnare?», «Ogni tanto ho l'impressione che la guerra possa durare all'infinito, ma se mai tornerà la pace vorrei essere un gatto morto». Questo dialogo surreale tra Seymour Glass - il più importante fra i personaggi di J. D. Salinger - e la sua futura suocera, si svolge nelle pagine finali di Alzate l'architrave, carpentieri, uno dei racconti più belli del grande scrittore nordamericano. La risposta di Seymour è sorprendente, ma non è assurda. Come lo stesso personaggio spiega nelle righe successive, «una volta qualcuno chiese a un saggio quale fosse la cosa di maggior valore che esistesse al mondo, e il saggio rispose che era un gatto morto, perché nessuno poteva attribuirgli un prezzo».

Proprio da qui vorremmo iniziare un breve confronto tra volontariato ed economia, interrogandoci sul ruolo del volontariato in una società fatta apparentemente solo di mercato e Stato. Quando parliamo di volontariato intendiamo un'azione svolta in modo gratuito in favore di un soggetto diverso da chi la compie. Si tratta di una modalità di mettersi in relazione molto diversa da quella che si attiva nel mondo dell'economia tradizionale, in cui il mercato è il luogo, fisico e virtuale, di relazioni in cui le persone si scambiano beni e servizi in ragione del pagamento di un corrispettivo, di un prezzo. Inizialmente gli uomini scambiavano i propri prodotti attraverso il baratto. Per renderlo possibile era necessario si incontrassero una domanda e una disponibilità - cioè un' offerta - simmetriche. Successivamente l'introduzione della moneta rese possibili e più rapidi gli scambi. Chi dispone di un prodotto da scambiare e desidera acquistarne un altro, può vendere il proprio anche a qualcuno che non offra ciò che egli sta cercando, perché può ricevere dall'acquirente, in corrispettivo, un bene del tutto particolare: la moneta. Questa può essere scambiata a sua volta con qualunque altro bene e potrà dunque essere offerta in cambio di ciò che si cerca. La moneta è mezzo di scambio universale e svolge nello stesso tempo la funzione di riserva di valore. Si può vendere oggi in cambio di moneta e comprare domani.

Queste due funzioni, mezzo di scambio e riserva di valore, diventano efficienti, infine, grazie al terzo ruolo svolto dalla moneta: quello di unità di conto. La moneta diventa unità di misura del valore dei prodotti, dei beni e dei servizi. E viene a crearsi ciò che gli economisti chiamano "ruolo informativo" dei prezzi. Non solo essi permettono di contabilizzare, esprimono valore, e le persone li usano per misurare e per misurarsi. Tutto è quantificato in ragione di un prezzo. Ecco perché il valore del gatto morto diventa incalcolabile. Si sottrae al metro divenuto dominante nel mondo.

La stessa cosa fa il volontariato. In un mondo che misura ogni relazione in ragione del pagamento di un corrispettivo e con l'ammontare di quel prezzo attribuisce valore, il volontariato è trasgressivo, sottraendosi a ogni prezzo e alla logica retributiva. Giocando con le parole potremmo dire che il volontariato, letteralmente, non è comprabile perché non ha un prezzo calcolabile. Ma se non è comprabile allora è libero da ogni condizionamento politico, e se il suo prezzo è incalcolabile allora è preziosissimo.

La trasgressione

La prima riflessione che emerge confrontando volontariato e economia è dunque quella intorno alla trasgressione rappresentata dalla gratuità. Il ruolo dell' economia è oggi fortemente pervasivo.ll suo linguaggio invade quello degli altri campi della vita sociale, compresi divertimento e sport. Quante volte sentiamo paragonare gli atleti a "prodotti", quante volte viene usata la parola mercato a proposito e a sproposito. Quante volte, soprattutto, parlare di mercato si porta dietro l'idea di competizione, l'idea che il valore e persino la dignità di una persona sia riconoscibile dalla sua capacità di competere in relazioni che sono misurate attraverso il valore monetario del prezzo. Il successo economico diventa metro dell'affermazione sociale, diventa valore. Il volontariato, senza tante parole, mina queste concezioni costruendo quotidianamente e con semplicità relazioni improntate alla gratuità.

La logica del volontariato ignora quella del mercato, procede senza definire prezzi e sviluppa una rete di relazioni che si mantengono senza essere rette da un corrispettivo. In realtà il corrispettivo esiste, ma non è monetario, non è misurabile con il metro della moneta. È un corrispettivo etico umanizzante. Dare parte del proprio tempo a qualcuno, nella maggior parte dei casi, significa ricevere in cambio una analoga disponibilità umana che fa crescere chi dà e chi riceve. Come diceva il grande Tagore, nella contabilità dell'amore il dare e l'avere si sommano, anziché sottrarsi e non è più possibile contare quanto valga il tempo e il lavoro di chi si è reso disponibile e quanto valga il sorriso, il calore che si è ricevuto in cambio.

Questi tipi di relazioni potrebbero apparire avulsi dal mercato e dall' economia, quasi si sviluppassero in un mondo angelico tutto rosa fatto solo di buoni sentimenti. Invece si incarnano nella realtà in modo rilevante. La consistenza di queste relazioni, del contributo di tante donne e uomini che dedicano agli altri gratuitamente una parte della propria vita è ben descritta nel dossier presentato in questo numero di Famiglia Oggi. Più di un milione di abitanti - per rimanere nel nostro Paese - che ogni settimana offrono un contributo di poco meno di un 'intera giornata lavorativa costituiscono una massa di lavoro di grande rilievo. Cento milioni in tutta l'Unione Europea. È un impegno che si sviluppa in molti ambiti, spesso assai diversi tra loro, da quello educativo a quello ambientale, dalla vicinanza agli anziani al servizio negli ospedali, dalle carceri alla cultura, dalla marginalità ai piccoli servizi di cittadinanza come i nonni vigile di alcune città. Non ci interessa in questa sede provare a calcolare il valore economico di questo contributo: è un esercizio che non facciamo proprio per non ricadere nella logica alla quale il volontariato intenzionalmente trasgredisce. Ci importa qui riflettere su cosa provochi la presenza dei volontari, la presenza di quella gratuità incarnata da persone che operano e parlano, nella realtà economica del nostro Paese.

Il risparmio pubblico

In qualche caso i volontari svolgono un ruolo di fatto sostitutivo di una azione che dovrebbe essere svolta dallo Stato. A volte il volontariato arriva prima, organizza un servizio e solo successivamente lo Stato riesce a farsene carico. A volte lo Stato non arriva mai. Letti in termini economici questi interventi comportano un vero e proprio risparmio per lo Stato. Proviamo a fare qualche esempio. Nelle situazioni di disagio create dalle catastrofi naturali i volontari svolgono un servizio di appoggio prezioso nella fase di emergenza con le squadre che accorrono a lavorare nelle zone colpite. Questo tipo di attività spesso prosegue anche terminata la fase di prima emergenza, accompagnando nel tempo le comunità colpite (si pensi ai "campi di lavoro" durante l'estate).

Lo Stato non paga queste persone. Se dovesse sostituire il loro contributo con personale proprio, dovrebbe sostenere costi che farebbero aumentare la spesa pubblica. Analogo ragionamento può essere fatto per il contributo di chi concorre a tenere aperto, e quindi visitabile, un monumento storico. Lo Stato - in ragione del proprio vincolo di bilancio - seleziona quali musei e quali monumenti tenere aperti. Non sono rari i casi di palazzi o chiese resi visitabili grazie alla disponibilità dei volontari. Anche in questo caso la comunità beneficia di un servizio - l'apertura del monumento - senza dover sostenere il costo necessario nel caso di servizio organizzato dallo Stato (che avrebbe dovuto garantire i salari aumentando la spesa pubblica e rivalendosi sulle tasse) o da privati (che si sarebbero rivalsi su biglietti d'ingresso sufficientemente elevati da consentire il pagamento dei costi, selezionando cosi l'accesso).

Il terzo esempio è quello dell' organizzazione di grandi eventi. Dalle Olimpiadi di Torino nel 2006 ad altri eventi sportivi, nel nostro Paese è ormai frequente che vi sia un gran numero di volontari che offrono il proprio tempo per facilitare lo svolgimento degli eventi rendendo molto più efficiente il servizio di accoglienza di partecipanti e spettatori. Avvenne anche durante il Giubileo a Roma nel 2000. Ma se in quel caso si poteva parlare di un evento non improntato al profitto, nel caso di eventi sportivi stiamo parlando di qualcosa che non nasce con uno spirito di solidarietà, ma all'interno di una logica di mercato in cui pubblicità e biglietti d'ingresso dovrebbero coprire i costi e recuperare profitti. Ebbene in questi casi il numero di persone che offrono gratuitamente la loro disponibilità è rilevante. E' raccolta con modalità diverse, cioè senza passare attraverso organizzazioni di volontariato (che non solo organizzano il servizio, ma elaborano cultura), ma è lavoro gratuito, che comporta per chi organizza gli eventi un risparmio di spesa rilevante. Immaginiamo quale spesa avrebbe comportato rivolgersi a una società di hostess per sostituire i volontari delle Olimpiadi. A Torino erano più di ventimila, con una disponibilità quotidiana che non nasceva dal richiamo di una emergenza umanitaria, ma dal desiderio di partecipare e rendere migliore un evento rilevante nella propria città.

Verso la cooperazione

Il dono è sempre visto come particolarmente positivo e tutti ci richiamiamo sempre, in pubblico, a essere disponibili e a donare di più. In qualche modo ci mettiamo sempre dalla parte di chi dona e molto raramente da quella di chi è in difficoltà e riceve. Chiedere quando si ha bisogno è difficile. Quando si riceve, dopo aver chiesto aiuto o meno, fa sentire inizialmente sollevati, ma ricevere sempre e non poter restituire mai è penoso. Il dono può essere opprimente.. Perché il dono sia una relazione umanizzante occorre che riconosca la dignità di entrambi, di chi dona e di chi riceve, permettendo a chi riceve di offrire qualcosa a sua volta. Non si tratta di un' offerta che compensa contabilmente il dono ricevuto, ma di un ruolo reciprocamente attivo che trasforma il dono unilaterale in cooperazione, mantenendo la gratuità di entrambi gli atti. Il dono provoca dono, la solidarietà provoca solidarietà. E la direzione può non essere simmetrica. Chi riceve può offrire a un terzo in una logica che richiama la relazione del Signore che dona sé stesso, per mezzo del Figlio dell'uomo, e gli chiede, in una logica trinitaria e circolare di cooperare: lo invita a interagire, ad amare altri uomini, E' in questo modo che dalla corrispondenza bilaterale del mercato, con il volontariato si passa a una logica circolare che costruisce un capitale sociale di cui beneficiano tutti.

È una logica coerente con la concezione della giustizia come esistenza di un complesso di relazioni umanizzanti all'interno di una comunità, in cui anche, e in modo particolare, le relazioni economiche (non solo quelle di solidarietà) possono svolgere un ruolo rilevante nel riconoscimento e nella difesa della dignità di ogni membro della comunità. Vanno in questa direzione esempi recenti nati dal mondo del volontariato, come la banca del tempo, in cui ognuno offre il proprio tempo a qualcuno e lo potrà ricevere, in cambio, da qualcun altro, con una contabilità organizzativa che misura il tempo prestato e non prezzi monetari, perché è il tempo che ci dedichiamo che ci fa crescere come uomini e non il denaro di cui disponiamo.

La partecipazione

Questa considerazione ci permette di fare un passo ulteriore nel ragionamento, riprendendo un accenno fatto parlando dei volontari delle Olimpiadi. Il volontariato nasce come intervento di assistenza verso chi è in difficoltà, intervenendo là dove nessuno interveniva; oggi mantiene questa caratteristica originaria ma si evolve offrendo disponibilità anche in attività che mirano a migliorare più ampiamente la qualità di vita della comunità in cui si vive. Diventa una forma originale di partecipazione. Questo avviene per esempio nel volontariato culturale o con quello ambientale, con i volontari che offrono il proprio tempo per rendere più bella e pulita la propria città, ma vale anche per i volontari dei grandi eventi. I torinesi erano contenti di ospitare le Olimpiadi, ritenevano fosse un' occasione rara e preziosa per la città e in molti si sono resi disponibili. "Dare una mano" è un modo concreto e quotidiano per "esserci", contribuendo. In questo senso possiamo parlare di partecipazione. Ma vi è una partecipazione più alta: quella culturale e politica. Se la gratuità è la trasgressione più evidente del volontariato rispetto alla società in cui viviamo, il suo contributo più vero non va ricercato nella dimensione economica (gratuità contro profitto). Va osservato nella sua incidenza politica, che si sviluppa direttamente in termini di partecipazione, e indirettamente in termini di influenza culturale, di educazione. Il contributo dei volontari non si è mai fermato all'assistenza, ma dall'assistenza e dalla vicinanza alle persone è salito a ragionare sul perché i disagi si creano, a ragionare sulle cause. Ed è ragionando sulle cause del disagio che siamo arrivati a non parlare più di "persone bisognose" ma di "diritti". Ad affermare che non volevamo più una società in cui chi ha, generosamente, si fa carico di chi non ha ed è "bisognoso", ma che rivendicavamo una comunità in cui tutti abbiamo gli stessi diritti e tutti condividiamo gli stessi doveri, doveri da assumere perché quei diritti siano davvero tutelati.

Questo ha provocato una maturazione che ha cambiato la relazione Stato-persona, con una declinazione dei diritti universali sulla base della quale abbiamo ispirato e organizzato i nostri Paesi, con le Costituzioni e le leggi. Ma non vi è solo la trasformazione che offre scuola e sanità a tutti, vi è anche una più recente interazione tra volontariato e Stato che ha modificato il modo in cui lo Stato interviene, creando nuovi spazi di collaborazione che diventano in qualche modo spazi di partecipazione. I responsabili dei servizi sociali sul territorio, come quelli della Protezione civile, hanno maturato una grande esperienza di collaborazione tra pubblico e volontariato. In qualche caso si tratta di una vera delega alla gestione di particolari attività. Parliamo di privato sociale, di attività non profit, perché per assicurare la continuità (e la dimensione) del servizio è necessario affrontare spese che vengono coperte attraverso i contributi dell'ente pubblico mandante.

Come è stato scritto anche nell'intervento di Renato Frisanco, questo sostegno origina una riflessione sull'elemento prioritario che muove la disponibilità dei volontari. Se il valore fondamentale, cioè, sia la gratuità ovvero la solidarietà. Qui ci preme notare come il rapporto con il volontariato cambia il modo di progettare da parte dello Stato (a livello nazionale e locale), che tiene conto del volontariato, fa spazio ai volontari, progetta e programma con loro, nella consapevolezza che quel tipo di iniziativa sia specifica e in qualche modo essenziale. Questo è evidente anche nell'organizzazione di grandi eventi, che non sarebbero possibili senza il contributo dei volontari. Questa interazione con lo Stato, nella programmazione e nella realizzazione, che influenza le modalità di progettazione futura, è un vero e proprio spazio di partecipazione e cittadinanza. Chi offre il proprio tempo per assistere un anziano o rendere più bella la propria città fa un esercizio di cittadinanza. Si sente cittadino pieno.

Rischi e significati

Certo esiste il rischio di integrarsi "troppo". C'è il rischio di creare una dipendenza dal contributo dell'ente pubblico. C'è il rischio di vendersi, anche e soprattutto, politicamente. La sfida è allora riuscire a mantenere quella gratuità originaria, per esempio distinguendo i ruoli nell' organizzazione e nella governance politica interna delle organizzazioni di volontariato, tra permanenti e volontari. Con la consapevolezza che entrare in una logica retributiva comporta il rischio di farsi coinvolgere da essa, di cominciare a "contare" quanto tempo diamo, quanto facciamo.... Ma anche con il realismo che ci fa fuggire dai fondamentalismi, per cui ogni retribuzione è peccaminosa.

In modo particolare non bisogna temere di interagire, di coordinarsi con il mondo. Anzi è proprio nel mondo che bisogna stare e cercare con pazienza di cambiarlo. Farlo, partendo da quella opzione primaria di gratuità, è il contributo più importante del volontariato. Sta facendo maturare anche concezioni teoriche nuove, in cui l'economia non viene vista come il luogo degli scambi di beni e servizi dietro il corrispettivo di un prezzo, ma l'insieme delle relazioni umanizzanti in cui ci si scambiano gli strumenti utili alla promozione della vita.

La relazione di compravendita diventa una sorta di doppia gratuità in cui entrambe le parti cooperano al benessere dell'altro, vendendo e pagando - creando un prodotto che servirà al cliente, offrendo al produttore una risorsa finanziaria che riconosce e promuove il tempo e i talenti impiegati - e dando vita così a una relazione che non ha come fine il profitto, ma la vita dell'altro. Una relazione umanizzante in cui il profitto diventa strumento, e perché no, stimolo, ma non fine assoluto, idolo cui sacrificare figli e preziosi. In questo senso non solo non sono più i prezzi ad attribuire i valori, ma e la logica della gratuità che introduce nuovi valori e nuovi riferimenti. Ritorniamo insomma a quella gratuità trasgressiva, quell'essere senza prezzo (e talvolta incompresi e forse incomprensibili alla parte più chiusa del mondo) come il gatto morto di Salinger, che è capace di dare significati alla vita sociale, di provocare cambiamenti culturali e politici, facendo cambiare e facendoci cambiare.

Riccardo Moro

(economista, direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà)

 

Letto 1807 volte Ultima modifica il Giovedì, 23 Gennaio 2014 09:34

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