Famiglia Giovani Anziani

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Sabato, 17 Gennaio 2015 14:09

La paura di diventare grandi

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da MISSIONE SALUTE N. 6/2004 – pp. 16-17

Vivere pienamente l'infanzia è la condizione necessaria per una vita adulta serena, perciò bisogna permettere ai bambini di essere bambini. Tuttavia, oltre certi limiti e oltre una certa età, gli atteggiamenti infantili si possono qualificare a buon diritto come "difetti'', da controllare, spiegare e correggere tempestivamente.

Di fronte a determinati comportamenti dei bambini non è facile capire subito se sono veri difetti e quali siano le cause che li muovono e la possibilità di correzione. La disparità di giudizio degli adulti "chiamati in causa" lo conferma. È dunque opportuno esaminare brevemente insieme questo problema.

Anzitutto è bene ricordare che il modo di sentire, di pensare, di agire dei piccoli è diverso da quello delle persone mature, non solo quantitativamente (meno esperienze), ma anche qualitativamente. Già lo annotava G. G. Rousseau verso la metà del Settecento: «La natura vuole che i bambini siano bambini prima di essere uomini. L'infanzia ha modi di vedere, di pensare, di sentire, che le sono propri; niente è meno ragionevole che volervi sostituire i nostri». Essere bambini, in una parola, non è un difetto.

Se il bambino, come lo qualifica con un certo pessimismo il Piaget, è un soggetto "premortale", non deve meravigliare il fatto che egli sia scarsamente dotato della capacità di autocontrollo, di valutazione etica, di decisione, di esecuzione coerente di ciò che pure ha giudicato "buono".

Essere bambini è un diritto naturale, vivere pienamente l'infanzia è la condizione necessaria per una vita adulta serena e operosa, ma rimanere eternamente bambini come bramava un protagonista della letteratura infantile, Peter Pan, non è certamente positivo. Al di là di certi limiti, e oltre una determinata età, gli atteggiamenti tipicamente infantili si possono qualificare a buon diritto veri e propri "difetti", da controllare, da spiegare, da correggere tempestivamente.

Un altro protagonista della letteratura infantile, Pinocchio, ci può indicare quali siano i "difetti morali" di un bambino imputabili all'inesperienza, alla credulità, al "principio del piacere", e come gli ammaestramenti delle persone (Geppetto, la Fatina), la voce della coscienza (il Grillo parlante) e le durezze della vita possano gradualmente portare alla maturità spirituale.


Egocentrismo e impulsività

Quando un bambino è piccolissimo, di solito viene colmato di cure, è vezzeggiato, viene soddisfatto in tutte le esigenze fisiche con la massima premura. Vedendo le persone sempre al suo servizio, egli è indotto a pretendere tutto, subito, comunque. Il "delirio di onnipotenza" di cui parlano gli psicologi, la figura del "bambino padrone", non esistono soltanto nei libri, ma si verificano molte volte nella realtà. A titolo di esempio cito un caso limite descritto da due genitori fortemente preoccupati: il loro figlio unico di quattro anni pretendeva che madre e padre parlassero soltanto a lui, e proibiva in tutti i modi (e con successo!) il dialogo fra di loro. Come si può notare, l'egocentrismo infantile non frenato con la fermezza e tempestività necessarie era ormai diventato egoismo, prepotenza.

Un atteggiamento analogo è l'ingordigia, nel senso più ampio del termine. Non si tratta soltanto di golosità (mangiare ciò che pare e piace, a qualsiasi ora), ma della brama di possedere tutto (giocattoli, spazi), del rifiuto di porre qualche limite al gioco e alla fruizione della televisione, della pretesa di avere in esclusiva carezze, lodi, premure.

Scrive a questo proposito R. Cousinet: «Il bambino che chiede e che finisce sempre per ottenere ciò che domanda, si deforma. Non tanto perché diventa esigente, il che dopo tutto non sarebbe sgradevole che al prossimo. Ma perché a poco a poco perde la nozione del valore di ciò che chiede. Rischia di giungere, e infatti vi giunge, a chiedere non importa cosa, gratuitamente, perché ha preso l'abitudine di chiedere, di chiedere ciò di cui non ha alcun bisogno, essendo divenuto incapace di distinguere i suoi veri bisogni. Il bambino non prova affatto il bisogno di avere molto. Chiede di avere gli oggetti indispensabili, quelli che possono soddisfare certi bisogni di ordine affettivo ed intellettuale».

Il rifiuto di qualunque limite o norma si manifesta e si alimenta nel disordine sistematico (dei giocattoli, dei propri capi di abbigliamento), nella mancanza continua di pulizia personale, nel piacere "trasgressivo" dell'imbrattare (come fanno del resto molti adulti) mura e vetture ferroviarie. Se è vero che l'ordine materiale, specialmente quando il bambino ne è protagonista, è segno e fattore di maturazione morale, il disordine eretto a sistema è al tempo stesso indicatore e causa di persistente immaturità morale.

È praticamente impossibile che gli adulti permettano sempre al bambino di fare il padrone, l'ingordo, il disordinato, quindi intervengono, spesso tardivamente e in modo saltuario, a porre dei freni. Il risultato di questi interventi è quasi sempre deludente, proprio perché essi sono tardivi e saltuari. Un bambino che a lungo ha vinto la lotta per il potere, difficilmente si rassegna a cederlo, quindi si ribella in mille modi: con le disubbidienze e i "no" espliciti, coi capricci, i ricatti, la cocciutaggine, i sotterfugi, l'ipocrisia.


Interventi educativi

Come si è visto in precedenti articoli, le crisi di opposizione, particolarmente forti intorno al terzo e al sesto anno, sono normali, così come è normale e segno di salute psichica una certa resistenza del bambino ai comandi e alle proibizioni degli adulti. Non è invece accettabile che il comportamento abituale sia quello del "bastian contrario", della trasgressione assunta a criterio abituale di vita, dell'aggressività verso le persone e le cose come risposta ai doverosi limiti fissati dalla famiglia, dalla scuola, dagli stessi coetanei.

Altri difetti del bambino si possono individuare considerando i quattro momenti del processo morale: inibizione, deliberazione, decisione, esecuzione. Oltre certi limiti, si possono definire difetti l'impulsività, l'irriflessione, l'incapacità di valutare le proprie azioni e di prevederne le conseguenze, l'incostanza, il rifiuto di qualsiasi sforzo.

Questi e analoghi difetti infantili non scompaiono col passare del tempo, ma si aggravano sempre più, se non si interviene a correggerli con tempestività, saggezza, pazienza, fermezza, in modo individualizzato, nella costante collaborazione fra le istituzioni educative.

«Il tempo è un buon medico»: questo proverbio non è privo di verità, ma non esime affatto dal ricorrere al medico e alle medicine quando necessario. Analogamente, la fiducia nella capacità nativa del bambino di maturare sotto ogni aspetto è doverosa, ma non legittima minimamente il disimpegno educativo, soprattutto nell'ambito valoriale.

 

Sergio Spini

da MISSIONE SALUTE N. 6/2004 – pp. 16-17


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