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Giovedì, 03 Marzo 2011 08:27

La casa nell'ebraismo. La liturgia domestica nella tradizione ebraica

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E. Delacroix - Nozze ebraiche, part. E. Delacroix - Nozze ebraiche, part.

La tradizione ebraica privilegia la liturgia domestica rispetto a quella sinagogale: il momento culminante della celebrazione di quasi tutte le feste religiose avviene in famiglia, dove i genitori sono i "ministri" del culto e dove il momento liturgico costituisce un momento catechetico importante per le nuove generazioni che, in questo modo, ricevono la trasmissione della tradizione religiosa interiorizzandola progressivamente.

Il cibo

In questo contesto anche il cibo assume un significato particolare: è un segno di condivisione e, nello stesso tempo, fa parte dei segni liturgici. La cucina ebraica non solo rispetta le norme alimentari secondo la kasherut, la precettistica tradizionale, ma è anche strettamente legata al calendario liturgico: c'è un cibo per ogni festa legato agli insegnamenti religiosi della medesima, pertanto non deve meravigliare che molti apparenti "libri di cucina" siano invece una raccolta di ricette, preghiere e spiegazioni rabbiniche proprie per ogni ricorrenza.

La donna e i figli

A questo proposito è opportuno sottolineare due aspetti importanti. Innanzitutto il ruolo fondamentale della donna: è lei la garante dell'organizzazione di tutta la liturgia domestica, nell'ambito della quale è la sola che può accendere le candele della festa, segno della presenza divina, pronunciando su di esse la benedizione; in secondo luogo la costante attenzione ai figli, quindi alle nuove generazioni, che sottolinea come gli stessi siano considerati futuro e garanzia perché la comunità viva e possa continuare a testimoniare la propria fede nel tempo. Si può quindi affermare che si prende coscienza della propria tradizione religiosa e si matura il senso di appartenenza alla medesima vivendo in una famiglia che, attraverso gesti e parole, fa costantemente "memoria" della propria storia di fede.

Casa e mensa

La casa viene così compresa e vissuta, come "spazio sacro" dove, nella quotidianità del tempo che scorre, ogni gesto, anche il più semplice e apparentemente banale o scontato, diventa segno di una vita vissuta nella continua tensione verso la santità. Non a caso quindi molti momenti significativi della vita pubblica di Gesù, ebreo fedele alle tradizioni del suo popolo, sono avvenuti nelle case e spesso attorno ad una mensa comune.

Imparare da loro

Tutto ciò costituisce una positiva provocazione per la famiglia cristiana che desidera recuperare l'orizzonte domestico della propria vita di fede. Facendo tesoro di ciò che la tradizione ebraica continua ad attestarci, sarebbe importante valorizzare meglio all'interno della casa e della famiglia una dimensione liturgica che, non escludendo il momento comunitario esterno, possa essere significativamente orientata al medesimo.
 Ciò chiama inevitabilmente in causa il ruolo ministeriale dei genitori, che sono in prima persona coinvolti nel preparare e vivere la festa di fronte e assieme ai figli accompagnandoli nella progressiva scoperta e interiorizzazione del significato. In questo modo ogni gesto, ogni segno, ogni celebrazione che avviene all'interno dell'ambito familiare, può diventare un'occasione particolare in cui la tradizione di fede viene in qualche modo consegnata gradualmente e progressivamente secondo la capacità di ciascuno.
 Si tratta di una sorta di catechesi viva, quotidiana, che avviene all'interno di relazioni umane significative dal punto di vista affettivo, nell'orizzonte di una condivisione dello spazio e del tempo compresi come luogo di un possibile e continuo dialogo umano-divino.

 

Elena Bartolini, docente di Ebraico
Tratto da Sergio Nicolli (a cura di), La casa cantiere di santità, Città Nuova Editrice, Roma 2004, p. 61-63.

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