La famiglia, la famiglia, la famiglia. Ma quale? Quella delle pubblicità, con mamma, papà, bimbi, cane, gatto e canarino, è diventata minoritaria. Su 100 famiglie - dice sempre l’Istat - il 55,4 ha al massimo due componenti. Ma non è tutto: il 28,1% ne ha uno solo, una realtà diffusissima al Centro-Nord: 37% in Liguria, 36% in Valle d'Aosta, 33% nel Lazio, 32% in Piemonte, eccetera. Insomma, in molte zone del Paese una persona su tre vive da sola. O almeno cosi è per la legge, perché dentro questo fenomeno ci può essere di tutto: il 49% delle famiglie di una persona - dice l’Istat - è costituito da ultra 65 enni, il che può far pensare a persone vedove. Ma tutti gli altri? Possono essere single, coppie di fatto, separati, gay, nubili e celibi.
«La novità in ciò che rileva l'Istat - dice Carla Collicelli, vicedirettore del Censis - non sono i fenomeni in sé, come l'aumento degli stranieri, la loro maggiore fecondità e il moltiplicarsi delle famiglie di fatto, quanto l'accelerazione esponenziale di tutto questo, e soprattutto la carenza di risposte politiche». E qui l'analisi scende nel dettaglio: «Da una parte si osservano scelte di forte contenimento dell'immigrazione, legate a paure diffuse in tutto l'Occidente, mentre - dall'altra - c'è una esigenza sempre crescente di persone da dedicare al lavoro di cura che, quindi devono essere accolte e integrate». Il risultato è che dove maggiore è la xenofobia latente spesso è anche maggiore l'integrazione.
Quanto alle nuove famiglie, «l'emergere di modelli diversi, è un fattore che il Censis sta osservando da anni e che richiede un cambiamento nella
definizione giuridica ma soprattutto di impostazione del
welfare, con un'attenzione specifica ai bambini, comunque e
ovunque nati, e alle persone
anziane e non autosufficienti».
Con un occhio anche ad un altro fenomeno di marginalità
che sta crescendo: il disagio
dei giovani adulti. Quasi un
35enne su tre (30,1) vive ancora con mamma e papà e, se dichiara di non avere «problemi
di libertà», ne ha e di grandi
sul piano dell'autonomia. Il
41%, infatti, dichiara di vivere
in casa per ragioni strettamente economiche: ha un reddito
basso e precario che non gli
consente di compiere l'azzardo di abbandonare il nido. I
nonni di questi ragazzi stanno
molto meglio: hanno un futuro
forse più breve ma certamente più garantito. [R.MAS.]