Fin dalla diagnosi di gemellarità, è possibile considerare particolare la situazione gemellare anche per gli aspetti psicologici che ne derivano. L'unicità della relazione gemellare inizia già nella vita intrauterina. I gemelli sono in continua interazione tra loro e si condizionano a vicenda sia per quanto riguarda lo sviluppo fisico sia per quanto riguarda quello psichico (Brustia, Rollè, Pogliano, de Pascale, 2007).
Fin dagli stadi più precoci della gravidanza i gemelli mostrano specifici pattern di coppia che possono essere riconfermati nella vita postnatale (Beretta, Boghi, Testa, 2003) con alcune differenze a seconda che siano monozigoti o dizigoti. Quella tra gemelli è una comunicazione stretta, totale, che inizia a livello fetale, con reciproche sollecitazioni e risposte che proseguiranno per tutta la vita.
Già al momento della diagnosi di gemellarità, infatti, è frequente nelle gestanti una reazione di choc accompagnata e seguita da sentimenti fortemente contrastanti e ambivalenti: accanto alla felicità e all'orgoglio per la singolarità dell'evento emergono paura, preoccupazione, confusione, senso di smarrimento, difficoltà di accettazione e talvolta anche disperazione (Brustia, Pogliano, Rollè, 2008). Il vissuto della coppia genitoriale è altresì unico: le emozioni tendono a oscillare tra l'orgoglio di una speciale realizzazione personale, legata al concepimento gemellare e il senso di esclusione da un'esperienza normale (Massaglia, 2001). Anche dal punto di vista medico la gravidanza gemellare è un po' più complicata: infatti, è necessario un accurato monitoraggio per prevenire o trattare tempestivamente eventuali complicanze materne e fetali che sono più frequenti rispetto alla gravidanza singola (Frusca, Fichera, Spinetti, 2003),
Al di là dei rischi medici, la gravidanza gemellare può essere emotivamente più coinvolgente e destabilizzante rispetto a quella singola. Essere genitori di gemelli è un compito molto complesso, non solo perché i bambini richiedono molte cure e attenzioni simultanee, ma soprattutto perché chi li accudisce deve sforzarsi di considerarli due individui separati e resistere alla tentazione di trattarli come una persona sola (Rutter, Redshaw, 1991). Nonostante la gravidanza gemellare rappresenti un'esperienza particolarmente delicata per la mamma e per i bambini, costituisce comunque, e ciò viene testimoniato da molti genitori, un momento estremamente arricchente in cui si va organizzando quella speciale relazione tra la mamma e ciascuno dei suoi bambini, come anche tra i gemelli stessi. Piontelli (2002) sottolinea come anche la presenza del futuro padre sia fondamentale fin dal periodo della gravidanza, quando già gli viene richiesto un maggior impegno familiare, professionale ed emotivo. La particolarità della situazione gemellare induce i futuri padri a quella che viene chiamata "preoccupazione paterna primaria"1 e che favorisce lo sviluppo precoce di un legame forte e intenso con i bambini già durante la gravidanza (Brustia, Rollè, Pogliano, 2009).
Per i futuri padri appaiono più preoccupanti gli aspetti pratici ed economici che alimentano talvolta atteggiamenti quasi ossessivi e maniacali, con iperattività e ansia fino al momento del parto, ma anche sentimenti di gratificazione narcisistica e di potenza (Beretta, Boghi, 2003). Nei casi di fecondazione assistita, il coinvolgimento del padre in un percorso medico, talvolta difficile e faticoso, rafforza ulteriormente sin dall'inizio la partecipazione emotiva ai vissuti materni legati al parto e alla genitorialità. La nascita dei gemelli, che spesso avviene attraverso un parto cesareo, può poi comportare ospedalizzazioni anche prolungate dei neonati e della madre.
La permanenza in incubatrice, talvolta per diverse settimane o mesi, genera spesso elevati livelli di stress nei neogenitori e tale stato emotivo, associato alla carenza dei primi contatti visivi e corporei tra genitori e figli, rischia di interferire sul tipo di attaccamento che svilupperanno in seguito i bambini (Piontelli, 2002).
Relazioni in contemporanea
Le figure di accudimento dovranno relazionarsi contemporaneamente con entrambi i bambini, sia dal punto di vista fisico che emotivo, all'interno di una relazione triadica che può essere difficile e frustrante sia per i genitori sia per gli stessi gemelli2. Questo tipo di relazione è sempre presente anche quando l'adulto ha la possibilità di interagire con un solo gemello; molte madri lamentano la mancanza di un vero e proprio contatto intimo con un solo bambino (Barbieri,Fischetti, 1997). Le azioni rivolte ai piccoli tendono, infatti, a essere dissociate e di durata limitata (Piontelli, 2002) tanto che la madre ha spesso l'impressione di sentirsi divisa a metà e questo vissuto può far emergere in lei sensi di colpa per l'incapacità di dare attenzioni a entrambi nel medesimo tempo, confermando il timore di essere una madre inadeguata a soddisfare i bisogni dei figli. A differenza delle madri di nati singoli, risulta concretamente più complesso garantire una risposta appropriata alle richieste individuali dei bambini: essi, infatti, sono costretti a fare a turno per le attenzioni, il conforto e il supporto emotivo.
In taluni casi estremi, in cui la madre non possa garantire con la sua presenza la creazione di un legame stabile e distintivo con ciascun gemello, si osserva un'intensificazione dell'attaccamento gemello-gemello, al punto che il loro rapporto assume un carattere "genitoriale" e ciascun membro della coppia diviene la principale figura di attaccamento dell'altro3. Gottfried, Seasy e Leake (1994) definiscono questo tipo di relazione come una sorta di "tampone" che aiuta ad affrontare la separazione dalla madre.
I gemelli hanno fra loro una profonda relazione reciproca, un'interdipendenza diadica che viene messa in relazione con la somiglianza genetica e la condivisione delle medesime esperienze (Neyer, 2002). Il terzo fattore, individuato da Zazzo4, accanto alla dotazione genetica e all'influenza ambientale, sarebbe proprio il cosiddetto "effetto coppia", vale a dire il fatto di essere insieme da sempre, come coppia gemellare.
Secondo alcuni autori5 i gemelli, alla nascita, possono essere considerati psicologicamente come parte l'uno dell'altro e solo gradualmente, con l'aiuto dei genitori, ciascuno imparerà a considerarsi una persona a sé, separata dal co-gemello. Quest'unità iniziale della coppia gemellare genera un attaccamento molto intenso, in cui la condivisione è il normale stato di esistenza, mentre la separazione un'esperienza atipica. Secondo Spitz6, quando il bambino, mononato, verso l'ottavo mese, si rende conto di esser separato dalla madre, sviluppa l'angoscia di separazione (Goldsmith e coll., 2007).
Nel caso dei gemelli l'angoscia di separazione si manifesta non tanto e non solo nei confronti della madre, ma anche nei confronti del co-gemello. Il processo di separazione-individuazione per un gemello è peculiare, proprio perché si caratterizza per la simultanea presenza della mamma e del co-gemello, dai quali deve contemporaneamente separarsi e individuarsi (Barbieri e Fischetti, 1997). La gemellarità stimola quindi nelle figure di accudimento due tendenze contrastanti: omologazione o eccessiva differenziazione. Se portate all'eccesso entrambe possono avere conseguenze negative.
Con l'atteggiamento di omologazione i genitori considerano i bambini una "unità", con gli stessi diritti e bisogni, mostrando una forte preoccupazione egualitaria che comporta il timore continuo di fare differenze. Tale atteggiamento, se estremizzato, impedisce all'adulto di rispondere ai reali bisogni di ciascun bambino; questo a discapito della "sintonizzazione affettiva"7, condizione essenziale per un adeguato sviluppo del Sé. Al contrario, per conoscere e riconoscere i propri figli, i genitori di gemelli sono costretti talvolta a differenziarli attraverso continui confronti riferendosi a uno dei due sempre in rapporto all'altro. Senza averne l'intenzione consapevole, trattano così i bambini in modi sottilmente diversi (Farber, 1982), assegnando caratteristiche personali opposte, con il rischio di favorire lo strutturarsi di personalità rigidamente complementari e quindi riduttive8.
La maggior parte dei genitori di gemelli è consapevole dell'importanza di dover considerare i propri figli come due persone distinte, specialmente nel caso di monozigoti; sembra però che sia molto difficile metterlo in pratica, in quanto viene spontaneo lasciare che i gemelli crescano insieme, assecondando la loro tendenza a formare una coppia. Tale atteggiamento si evidenzia, per esempio, nell'abitudine a vestirli allo stesso modo e a rivolgersi e riferirsi a loro con l'utilizzo costante del plurale o chiamandoli "i gemelli" (Mcdonald, 2002). L'atteggiamento ideale nei confronti dei gemelli è invece quello di ricercare e favorire l'individualità di ciascuno, comprendendo e preservando il prezioso legame che li tiene uniti. In questo modo si contrastano i cosiddetti "effetti coppia negativi" (Zazzo, 1986) come l'isolamento, l'asocialità, la suddivisione rigida dei ruoli, la dipendenza reciproca, il ritardo linguistico e intellettivo.
Stare troppo Insieme
Lo stare "troppo" insieme porta invece i gemelli a instaurare un rapporto "eccessivo" caratterizzato da sentimenti ambivalenti di amore-odio, attrazione-repulsione, conflittualità-indifferenza reciproca, solidarietà-rivalità e così via. Tali dinamiche frequentemente risultano difficili da gestire da parte degli altri familiari che ne vengono loro malgrado coinvolti. Si pensi al fenomeno che Burlingham (1949) ha definito "gangin miniatura" per cui i gemelli si coalizzano contro gli altri, non rispettando le regole imposte dagli adulti, fino ad assumere talvolta condotte antisociali. In tal caso è necessario che i genitori si accordino sulla modalità educativa e costituiscano un fronte unico rispetto ai bambini.
Le famiglie con gemelli possono essere quindi considerate come famiglie messe alla prova, che devono confrontarsi con un evento imprevisto e per certi aspetti traumatico che richiede l'attivazione di strategie adeguate per superarlo (Carrà, Marta, 1995). Le principali difficoltà riguardano la fatica e lo stress dei primi mesi, i problemi finanziari e abitativi, l'insufficienza dell'aiuto, l'impossibilità di rispondere alle esigenze contemporanee dei bambini e la difficoltà di mantenere continuità con la propria vita passata (lavoro, interessi, amicizie ecc.). I coniugi devono far posto ai bambini nel sistema familiare, preparando loro uno spazio fisico ed emotivo, e questo processo implica l'elaborazione di tutta una serie di cambiamenti a livello intrapsichico e relazionale con il rischio che la funzione genitoriale vada a discapito di quella coniugale, comportando tensioni in seno alla coppia (Scabini, Greco, 1988; Binda, 1997).
Diventando madre di due o più bambini contemporaneamente, la donna deve inoltre affrontare una ridefinizione di sé, legata all'assunzione di un ruolo materno che assorbe completamente e costringe a ridimensionare le ambizioni personali e i progetti lavorativi. La presenza di una relazione soddisfacente e sicura con il partner sembra garantire alla madre la possibilità di affrontare positivamente e con minor stress la cura e la crescita dei bambini (Brustia, Rutto, 1996).
Nonostante siano ancora scarsi gli studi sulla peculiarità della relazione padre-gemelli, la figura paterna si è rivelata essenziale per il benessere psicofisico dei bambini e cruciale per aiutare la madre a superare il vissuto di solitudine e di esclusione dalla relazione gemellare (Castellet e coll., 1994). Talvolta è necessaria la ricerca di aiuto e di appoggio al di fuori del contesto familiare che però deve essere gestito con molta attenzione perché non deve comportare il ritorno alla dipendenza dai propri genitori, con la conseguente difficoltà a mantenere i confini tra famiglia nucleare e famiglia di origine.
La capacità di chiedere e accettare aiuto è condizionata, oltre che da questioni pratiche (vicinanza dei parenti, possibilità economiche) anche dalle caratteristiche personali e dalla storia familiare di ognuno, poiché spesso per alcune madri significa rinunciare all'autonomia faticosamente raggiunta. In assenza di aiuti esterni al nucleo familiare, l'isolamento può essere un serio problema per una madre di gemelli: infatti, accudire più bambini piccoli non lascia tempo ed energia per altro. La situazione può ulteriormente complicarsi dalle differenti condizioni di salute dei bambini che possono accentuare vissuti di colpa e di inadeguatezza nella mamma soprattutto nel caso in cui uno o entrambi i gemelli riportino deficit fisici e o psichici a lungo termine.
Un progetto per il sostegno
Stante questa situazione estremamente complessa si è ritenuto indispensabile pensare a un progetto per il sostegno alla gemellarità. Grazie al finanziamento della Regione Piemonte (Assessorato Welfare e Lavoro), è potuto nascere il "Progetto Gemelli" all'interno del Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Torino, per sviluppare attività di ricerca, prevenzione e sostegno. E’ importante che i genitori e gli operatori abbiano corrette informazioni: ciò al fine di evitare che, a causa di preconcetti, la positività di vivere in coppia per i gemelli si trasformi, con il passare degli anni, nell'impossibilità di vivere separati. Fondamentale è sembrato un programma finalizzato alla prevenzione del disagio e alla promozione di una psicologia della salute, intervenendo direttamente sulle famiglie, sui gemelli e sugli operatori: il disagio più grande per le famiglie è non ricevere nei servizi pubblici risposte adeguate poiché, talvolta, il personale non è specializzato in materia.
Il progetto si propone di conoscere, attraverso l'impostazione di ricerche e contatti con la realtà gemellare, le problematiche delle famiglie di gemelli o nati multipli; prevenire, nei gemelli e nei loro genitori, disagi psicologici collegati a un'informazione non corretta o incompleta, attraverso percorsi informativi e formativi; sostenere le famiglie o le persone in difficoltà favorendo una dinamica relazionale costruttiva per l'intero nucleo familiare (Brustia, 2007). Il Progetto offre un servizio di consulenza per gemelli e plurigemini attraverso cicli di incontri per genitori, gruppi di formazione-informazione per insegnanti e operatori, corsi di accompagnamento alla nascita e un servizio di consulenza (individuale, di coppia, osservazioni familiari) attivo fin dal momento della diagnosi di gravidanza gemellare (Brustia e coll., 2007).
di Piera Brustia (psicologa, psicoterapeuta,
professore straordinario di Psicologia Dinamica,
Responsabile Scientifico del Progetto Gemelli,
Dipartimento di Psicologia,
Università degli Studi di Torino)
Famiglia Oggi n.4 2010
NOTE
1) Smorti A., Il ruolo del padre e lo sviluppo psicologico del bambino, Firenze, La Nuova Italia. 1980;
2) Zazzo R. il paradosso dei gemelli. Firenze, La Nuova Italia, 1987;
3) Schave Klein B., Not all ,twins are alike. Psychological profiles of twinship, \\-Westport. Praeger, 2003;
4) Zazzo R, Les jumeaux: la couple et la personne, Parigi, Puf,1986;
5) Tancredy C.M., Fraley R.C., “The nature of adult twin relationships: an attachment theoretical perspective”, journal of Personality and Social Psychology, n. 90 (1), pp. 78-93, 2006;
6) Spitz R.A., Il primo anno di vita, Roma, Armando, 1973 (traduzione italiana);
7) Stern D.N., Le prime relazioni sociali: il bambino e la madre, Torino, Bollati Boringhieri, 1982;
8) Valente Torre L. (a cura di), I gemelli, il vissuto del doppio, Firenze, La Nuova Italia, 1989.
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