La sessualità trova in tal modo il suo senso, manifestando nella carne l’unità dei due esseri che Dio ha chiamato ad aiutarsi vicendevolmente. Esente da ogni sentimento di vergogna nella integrità originale (2,25), essa tuttavia sarà occasione di turbarnento in conseguenza del peccato (3,7), e la vita della coppia umana sarà ormai insidiata dalla sofferenza e dalle tentazioni passionali o dominatrici (3,16). Ma nonostante questo, per la "madre dei viventi" (3,20), la fecondità rimarrà un beneficio divino permanente (4,1.25s). Il racconto sacerdotale (Gen 1) è meno carico di elementi drammatici. L'uomo, creato ad immagine di Dio per dominare la terra e popolarla, è in realtà la coppia (1, 26s). Qui la fecondità appare come il fine stesso della sessualità, che è cosa eccellente come tutta la creazione (1,31). In tal modo si afferma l'ideale divino dell’istituzione matrimoniale prima che il peccato abbia corrotto il genere umano.
II. II Matrimonio nel popolo di Dio. (nella storia).
Quando Dio inizia l'educazione del suo popolo dandogli la legge, l’istituzione matrimoniale non è più al livello di questo ideale primitivo. Perciò la legge, nella pratica, adatta parzialmente le sue esigenze alla durezza dei cuori (Mt 19,8). La fecondità è considerata come il valore primordiale a cui il resto è subordinato. Ma, assicurato questo punto, l’istituzione conserva la traccia di costumi ancestrali molto lontani dal matrimonio-prototipo di Gen 1-2.
1 - Amore coniugale e costrizione sociale. I testi antichi sono fortemente caratterizzati da una mentalità in cui il bene della comunità prevale su quello degli individui, a cui impone le sue leggi e le sue esigenze. I genitori sposano i loro figli senza consultarli (Gen 24,2ss; 29,23; Tob 6,13). Il gruppo esclude taluni matrimoni entro la parentela (Lev 18,6-19), o fuori della nazione (Deut 7,1-3; Esd 9). Talune unioni sono imposte dalla necessità di perpetuare la stirpe, come quella della vedova senza figli con il parente più prossimo (levirato: Deut 25,5-10; Gen 38,13-15; Rut 2,20). Nonostante tutto, sotto queste apparenze di costrizione, rimane ben viva la spontaneità dell'amore. Talvolta il cuore si accorda con un'unione imposta (Gen 24,62-67; Rut 3,10); talvolta un uomo ed una donna si uniscono perché si sono scelti (Gen 29, 15-20; 1Sam 18,20-26; 25,40ss), in taluni casi contro la volontà dei genitori (Gen 26,34s; Giud 14,1-10). Si trovano focolari uniti da un profondo amore (1Sam 1,8); fedeltà che durano liberamente oltre la morte (Giud 16, 22). Nonostante la dote versata alla famiglia della moglie (Gen 34,12; Es 22,15s), ed il titolo di signore o di proprietario che porta il marito (baal), la moglie non è semplicemente una mercanzia che si compra e si vende. Essa si rivela capace di assumere responsabilità, e può contribuire attivamente alla riputazione del marito (Prov 31, 10-31). Ed appunto l'amore di due persone libere, in un dialogo appassionato che sfugge alla costrizione, viene presentato dal Cantico dei Cantici; anche se è allegorico, e concerne l'amore di Dio e del suo popolo, il libro ne parla con le parole e gli atteggiamenti che erano, al suo tempo, quelli dell'amore umano (cfr. Cant 1,12-17; 6,4 - 8,4).
2 - Poligamia e monogamia. L'ideale della fecondità e la preoccupazione di avere una famiglia potente fanno desiderare numerosissimi figli (cfr. Giud 8,30; 12,8; 2 Re 10,1), il che porta naturalmente alla pratica della poligamia. L'autore jhavista, il cui ideale era monogamico (Gen 2,18-24), la stigmatizza quando ne attribuisce I*origine ad una iniziativa del barbaro Lamec (4,19). Tuttavia, in tutta la Bibbia si incontra l'uso di avere due spose (1Sam 1, 2; cfr. Deut 21,15) o di prendere concubine e mogli schiave (Gen 16,2; 30,3; Es 21,7-11; Giud 19,1; Deut 21,10-14). I re contraggono un gran numero di unioni per amore (2Sam 11, 2ss) o per interesse politico (1Re 3,1); compaiono così grandi harem (1Re 11,3; 2 Cron 13,21), dove il vero amore è impossibile (cfr. Est 2,12-17).Ma anche l'attaccamento esclusivo non è raro, da Isacco (Gen 25, 19-28) e Giuseppe (Gen 41,50), fino a Giuditta (Giudit 8,2-8) ed ai due Tobia (Tob 11,5-15), passando per Ezechiele (Ez 24,15-18) e Giobbe (Giob 2,9s). I sapienziali evocano le gioie e le difficoltà di focolari monogamici (Prov 5,15-20) 18,22; 19,13; Eccle 9,9; Eccli 25,13-26,18), e nel Cantico dei Cantici l'amore dei due sposi è evidentemente indiviso. Tutto ciò denota una reale evoluzione nei costumi. All'epoca del NT la monogamia sarà la regola corrente del matrimoni ebraici,
3 - Stabilità del matrimonio e fedeltà degli sposi. Ancora la preoccupazione di avere una discendenza ha potuto introdurre la pratica del ripudio a motivo di sterilità; ma la poligamia permetteva di risolvere questa difficoltà (Gen 16). Disciplinando la pratica del divorzio, la legge non precisa la "tara" che può permettere all'uomo di ripudiare la moglie (Deut 24,1s). Tuttavia dopo l'esilio i sapienti cantano la fedeltà verso "la sposa della giovinezza" (Prov 5, 15-19) e fanno l'elogio della stabilità coniugale (Eccli 36,25ss). Paragonando il patto (berith) matrimoniale con l’alleanza (berith) di Jahvè e di Israele, Malachia afferma persino che Dio "odia il ripudio" (Mal 2,14ss). Nonostante questo cammino verso un ideale più rigido, il giudaismo contemporaneo del NT ammetterà ancora la possibilità del divorzio ed i dottori discuteranno sulle cause che lo possono legittimare (cfr. Mt 19,3). Per quanto concerne la fedeltà coniugale, l'usanza (Gen 38,24), sanzionata poi dalla legge scritta (Deut 22,22; Lev 20,10°), puniva con la morte ogni donna adultera al pari del suo complice. Ma questo divieto dell'adulterio (Es 20,14) mirava innanzitutto a far rispettare i diritti del marito, perché nulla vietava formalmente all'uomo le relazioni con donne libere o prostitute: la pratica della poligamia faceva ammettere più facilmente simili tolleranze. In questi limiti, la pratica dell'adulterio è severamente denunciata dai profeti (Ez 18,6); anche quando il colpevole è lo stesso re Davide (2 Sam 12). D'altronde i sapienti mettono in guardia i giovani contro le seduzioni della donna sviata (Prov 5,1-6; 7,6-27; Eccli 26,9-12), per formarli alla fedeltà coniugale
4 - L'ideale religioso del matrimonio. Benché il matrimonio sia innanzitutto materia di diritto civile ed i testi antichi non facciano allusione ad un rito religioso, 1'israelita sa bene che Dio lo guida nella scelta della sposa (Gen 24,42-52) e che Dio assume in nome dell'alleanza i precetti che regolano il matrimonio (ad es. Lev 18). Il decalogo, legge fondamentale di Israele, garantisce la santità dell'istituzione(Es 20,14; cfr. Prov 2,17). Dopo l'esilio, il libro di Tobia presenta una visione altamente spirituale del focolare preparata da Dio (Tob 3,16), fondato sotto il suo sguardo nella fede e nella preghiera (7,11; 8,4-9), secondo il modello tracciato dalla Genesi (8,6; cfr. Gen 2, 18), custodito dalla fedeltà quotidiana alla legge (14,1. 8-13). Giunto a questo livello, l'ideale biblico del matrimonio supera le imperfezioni sanzionate provvisoriamente dalla legge mosaica.
III. Nuovo Testamento
La concezione del matrimonio nel NT è dominata dal paradosso stesso della vita di Gesù; "nato da una donna" (Gal 4,4; cfr. Lc 11,27), con la sua vita di Nazaret (Lc 2,51s) egli consacra la famiglia quale è stata preparata da tutto il VT. Ma, nato da una madre vergine, vissuto egli stesso nella verginità, rende testimonianza ad un valore superiore al matrimonio.
Cristo ed il matrimonio
1- La nuova legge. Riferendosi esplicitamente, al di là della legge di Mosè, al disegno creatore della Genesi, Gesù afferma il carattere assoluto del matrimonio e la sua indissolubilità (Mt 19,1-9)»Dio stesso unisce l'uomo e la donna, dando alla loro libera scelta una consacrazione che li trascende. Essi sono "una sola carne" dinanzi a lui; perciò il ripudio, tollerato "a motivo della durezza dei cuori", dev'essere escluso nel regno di Dio, in cui il mondo ritorna alla sua perfezione originale. L'eccezione del "caso di fornicazione" (Mt 19,9) non ha certamente di mira una giustificazione del divorzio (cfr. Mc 10,11; Lc 16,18; 1 Cor 7,10s); concerne o il rinvio di una sposa illegittima, oppure una separazione cui non potrà far seguito un altro matrimonio. Di qui lo spavento dei discepoli dinanzi al rigore della nuova legge: "Se questa è la condizione dell'uomo nei confronti della donna, è meglio non sposarsi" (Mt 19,10).
Questa esigenza sui principi non esclude la misericordia verso gli uomini peccatori. A più riprese Gesù incontra adultere o persone infedeli all’ideale dell'amore (Lc 7,37; Gv 4,18; 8,3ss; cfr. Mt 21,31s). Le accoglie, non per approvare la loro condotta, ma per apportare loro una conversione ed un perdono che sottolineane il valore dell’ideale tradito (Gv 8,11 ).
2- II sacramento del matrimonio. Gesù non si accontenta di ricondurre l'istituzione del matrimonio a questa perfezione primitiva che il peccato umano aveva oscurato. Gli dà un fondamento nuovo che gli conferisce il suo significato religioso nel regno di Dio. Con la nuova alleanza che fonda nel suo proprio sangue (Mt 26,28), egli stesso diventa lo sposo della Chiesa. Per i cristiani, diventati col battesimo templi dello Spirito Santo (1Cor 6,19), il matrimonio è quindi "un grande mistero in rapporto a Cristo ed alla Chiesa", (Ef 5,32). La sottomissione della Chiesa a Cristo e l'amore redentore di Cristo per la Chiesa, che egli ha salvato dandosi per essa, sono così la regola vivente che gli sposi devono imitare; potranno farlo, perché la grazia di redenzione tocca il loro stesso amore assegnandogli il sue ideale (5,21-33). La sessualità umana, di cui bisogna valutare con prudenza le esigenze normali (1Cor 7,1-6), è assunta ora in una realtà sacra che la trasfigura»