I fatti delittuosi avvenuti nel mese di maggio venivano riportati dai quotidiani con dovizia di particolari. A Torino un uomo massacra la moglie davanti alla psicologa con 50 coltellate. A Gela si consuma un drammatico episodio di gelosia che porta un giovane marito a uccidere la moglie davanti alla figlioletta di due anni. Sempre a Torino: un giovane uccide la nonna e poi tenta il suicidio. Alcuni giornali si sono subito premurati di far sapere che le statistiche dicono che l'Italia è il primo Paese in Europa per numero di omicidi in famiglia: un omicidio ogni due giorni. Senza contare le perversioni, le violenze, le angherie che si consumano quotidianamente tra le pareti domestiche.
La famiglia, un disastro per i singoli e la società. Come è possibile sostenere ancora che la famiglia è il luogo dell'amore, della crescita umana e cristiana? Non si sta forse avverando la profezia della morte della famiglia, che era iniziata nella seconda meta dell'ottocento, e continuata nel secolo scorso e sembra confermata nel primo decennio del nuovo secolo? Come può essere presa sul serio la grande affermazione di Giovanni Paolo II: «Il futuro dell'umanità passa attraverso la famiglia»?
Su cosa si basa questo ottimismo quando assistiamo ogni giorno al progressivo sfacelo della famiglia? «Nella mia classe», diceva un ragazzo di seconda media, «i figli di coppie unite sono la minoranza». Molti rifiutano di sposarsi «perche l'esperienza dimostra che il matrimonio fallisce e lascia solo strascichi di sofferenza e di amarezza». Meglio una convivenza oppure una affettuosa amicizia a distanza, senza la preoccupazione dei figli.
C'è di più. Si giunge a pensare che la famiglia sia dannosa non solo alle persone, ma anche alla società. Sarebbe all'origine dell'attuale sfascio morale. E’ quanto regista David Ferrario scriveva su La Stampa, il giorno di san Valentino, in un articolo quanto mai significativo: "L'Italia senza valori non si cura in famiglia". E il sottotitolo rincarava: "Lo sfascio morale che molti denunciano è una logica evoluzione del costume familistico".
L'altra faccia della medaglia. Si potrebbe controbattere questa tesi con una serie di fatti ancora numerosi e convincenti, in cui si dimostra come la famiglia sia il luogo dell'amore, anzi dell'amore nella sua forma più eroica, quella di dare la vita per la persona amata. E’ di questi giorni la notizia della mamma che si butta in mare per salvare il figlio e lo salva ma a prezzo della sua vita; del papà che con il suo corpo fa scudo al veicolo che sta investendo il figlio nel passeggino; delle mamme o delle spose che per lunghi anni assistono i propri cari in stato di completa inabilità, di figli e figlie che diventano gli infermieri permanenti dei propri genitori colpiti dall'Alzheimer, dell'esercito di uomini e donne che nel silenzio impegnano la propria vita giorno per giorno per il bene dei propri familiari, e di mille e mille altri casi che dimostrano come la famiglia sia il luogo di un amore che resta fedele anche di fronte alle situazioni più drammatiche e faticose. festival dei diversamente abili di Carpi non è forse la dimostrazione di un amore straordinario che uomini e donne hanno avuto per i loro figli nonostante le deformazioni fisiche? Di questi fatti i giornali non danno notizia, mentre riempiono le pagine dei mostruosi delitti in famiglia.
Però non è questa la via da seguire per controbattere i detrattori di questa istituzione che è stata proposta da Dio stesso e confermata dal Cristo come esperienza di crescita umana e cristiana.
Un'esperienza indispensabile. Per difendere e dimostrare la bontà della famiglia non si parte dalla famiglia, ma dalla persona. Perché? Per il semplice motivo che la famiglia come tutte le realtà create dall'uomo hanno il loro fondamento e la loro finalità nell'uomo stesso. Per questo la vera domanda da fare per capire e valutare la famiglia è la seguente: «Nella persona esiste il bisogno di famiglia e di quale famiglia?». La risposta per noi è affermativa. E cercheremo di dimostrarlo in tre tappe: l'uomo è un essere relazionale; l'uomo ha bisogno di rapporti affettivi; l'uomo ha bisogno di rapporti affettivi totalizzanti.
1) L'uomo è un essere relazionale. Oggi si insiste molto sulla natura relazionale della persona. Questa necessità di relazione non si limita al rapporto col Trascendente, ma si prolunga nel bisogno di creare relazioni con gli altri uomini con i quali la persona stabilisce diversi tipi di rapporti, che possono essere raccolti in tre filoni principali: i rapporti di giustizia con i quali si regolano i diritti-doveri delle persone nella convivenza sociale; i rapporti di solidarietà con i quali si risponde a quei bisogni che non possono essere rivendicati dalla persona come diritti, ma di cui ha necessità; e i rapporti di amore con i quali si prende in carico tutta la persona, e si risponde a tutti i suoi bisogni. L'uomo esiste e cresce perché vive in questa molteplice rete di relazioni, diverse e complementari. Solo così può sviluppare tutte le sue potenzialità umane.
2) Il bisogno di relazioni amorose. Quando si parla di relazioni umane, si pensa quasi sempre alle relazioni di giustizia, cioè quelle che garantiscono all'uomo rispetto dei suoi diritti: il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, di parola, di religione; diritto alla scuola, al lavoro, alla casa, all'assistenza, ecc. In realtà l'uomo non vive solo di diritti. Il diritto tutela molti aspetti della vita, ma non raggiunge i livelli più profondi della persona, quelli in cui l'uomo è uomo, si scopre uomo e fonda la sua fiducia radicale nella vita. Questi livelli sono raggiunti e soddisfatti solo da un altro tipo di rapporto, quello che più assomiglia al rapporto che Dio stabilisce con la sua creatura: il rapporto di amore.
C'e una differenza notevole tra la relazione di giustizia e quella di amore. La relazione di giustizia suppone due persone distinte: l'"io" e "tu" che raggiungono la parità attraverso il "giusto", cioè quello che l'io ha il diritto di ricevere e il tu ha il dovere di dare. Se una persona ha un debito di cento euro, deve restituire cento euro e l'equilibrio viene così ristabilito. Non interessa ciò che la persona è e cosa la persona sta vivendo; cento euro restano tali in tutte le condizioni e circostanze di vita della persona, sia che stia bene o che stia male, che sia in condizioni di assolvere il debito o non lo sia. La giustizia ribadisce il principio dell'identità del debito, prescindendo dalle condizioni del debitore.
La relazione d'amore invece una relazione d'interpersonalità, cioè si porta sulla persona e sui suoi bisogni. Non richiede la distinzione tra l'io e il tu, anzi tende a unire le due persone in una unità di vita: l'altro non è più "altro", ma diventa "uno" con la persona amata. Da questa comunione nascono due fatti che sono entrambi essenziali per la formazione e per la vita della persona.
• Anzitutto la persona si sente accolta e amata, e questo genera un profondo senso di sicurezza e di fiducia nella vita. La solitudine e angosciante proprio perche la persona non basta a se stessa; e quando si viene a trovare nel vuoto di affetti, s'indebolisce la stessa voglia di vivere.
• In secondo luogo, perché l'amore accoglie la persona con tutto suo bisogno di vita. Ogni persona sente di essere un incompiuto; e si sente rassicurato quando sa di poter confidare non solo in se stesso, ma si sente portato nell'attenzione, nella cura, nell'amore di un altro. Essere amato significa sentire che l'altro è attento alla mia vita non con la misura della giustizia che dà il "dovuto", ma mi avvolge con la sua vita donandosi senza misura, dando tutto, fino a rispondere - per quanto e possibile - a ogni mio bisogno e desiderio.
Di qui nasce anche un nuovo modo di percepirsi. Infatti quando l'uomo è amato si scopre ricco e positivo, perché sente di destare attenzione e interesse in un altro; e quando ama, percepisce se stesso come capace di accogliere la vita dell'altro e di avere la forza di rispondere ai suoi bisogni di vita. L'amore ha sull'uomo questi due benefici effetti: crea nella persona una grande fiducia in se stessa e la apre alla vita con fiducia.
3) II bisogno di relazioni amorose totalizzanti. Si vive di cibo, di bevanda, di casa, di vestiti, di assistenza, di cultura, di lavoro, di divertimento, ecc.; ma tutto questo suppone che sia stato soddisfatto un livello di vita più profondo, che è come l'humus umano da cui emergono tutti gli aspetti del vivere. Questo livello, il più profondo dell'uomo, raggiunto e mantenuto in vita dal respiro dell'amore. Non basta un qualunque amore, ma si richiede un amore personalizzato e totalizzante, cioè un amore che sa accogliere la persona nella sua totalità intensiva (la persona tutta) ed estensiva (la persona per sempre). Possiamo portare come esemplificazione il tempo in cui la persona "figlio"; ma questo ragionamento vale in modo proporzionale anche per il tempo in cui il figlio - divenuto adulto - vive la vita di sposo e di genitore.
II figlio per vivere e diventare persona umana ha bisogno di sentirsi amato tutto (cioè in tutto il suo essere), sempre (in ogni circostanza e situazione di vita), per sempre (non solo nel presente, ma anche nel futuro) da due persone - il papà e la mamma - che sono protese su di lui con tutto se stesse. Con questa dedizione amorosa che si prolunga nel tempo, i genitori poco alla volta "tirano fuori" (il termine "educazione" viene da "edurre") quello che il figlio all'inizio possiede solo potenzialmente e virtualmente: come il seme che, pur possedendo dentro di se il programma genetico di diventare albero, lo diventa poco alla volta sotto l'influsso di agenti che mettono in movimento il suo potenziale di vita.
La stessa cosa vale proporzionalmente per tutto il tempo della vita. Si vive perché si ama e si è amati: da fidanzati, da sposi, da genitori. La persona umana ha sempre bisogno di sentirsi avvolto dall'attenzione amorosa e continua di un'altra persona, che lo accoglie e lo ama come è, per quello che è. E una presenza amorosa che non può venir assicurata da una successione di persone che entrano ed escono dalla vita, prendendo l'una il posto lasciato libero da un'altra; ma da una presenza costante delle stesse persone nella vita, per tutta la vita.
Risposta at bisogno di amore totalizzante. Se questo è vero, ci chiediamo allora quale sia il modo migliore di rispondere a questa esigenza profonda dell'uomo. La risposta che l'umanità finora ha dato è stata il matrimonio e la famiglia. E’ stata considerata sempre come il luogo della vita, perché luogo dell'amore, anzi, di quattro amori diversi: l'amore coniugale, l'amore genitoriale, l'amore fraterno e quello filiale. Quattro amori che si integrano e rendono ognuno attento alla vita dell'altro, dando non solo quello cui I 'altro ha diritto, ma quello di cui ha bisogno.
L'esempio che abbiamo già riportato, quello della madre verso il figlio, si ripete con modalità diverse in tutti i membri della famiglia, in ogni situazione. Per esempio: al congiunto che è ammalato, in sofferenza, in crisi, non si assicura un'assistenza fatta solo di professionalità e di coscienziosità, ma si aggiunge quello che nessun codice dei diritti può prevedere: la dedizione e l'attenzione amorosa. Nessun altro luogo può proporsi come alternativo (o addirittura sostitutivo) della famiglia: né il mondo del lavoro, della cultura, della politica, dell'economia, dell'assistenza, dello sport, ecc. La riprova è data dalla palese inadeguatezza o dal fallimento di tutte quelle forme che sono state proposte come alternative alla famiglia, dalla comune familiare, al kibbutz, alle comuni cinesi, alle comunità alloggio.
Se l'uomo trovasse qualcosa di meglio per soddisfare la sua necessità di amore, dovrebbe lasciare il posto a queste nuove forme, abbandonando il matrimonio e la famiglia. Ma finora tutte le esperienze fatte sembrano dimostrare l'impossibilità di proporre qualcosa di più efficace. Sembra che non esista scarto tra la domanda della natura e la risposta elaborata dall'uomo, come non esiste scarto tra il cibo e l'esigenza di mangiare. Si potrebbe addirittura sostenere che se la famiglia e il matrimonio non esistessero, bisognerebbe inventarli per il bene delle persone e della società. Per questo continua a essere valida l'affermazione con cui Giovanni Paolo II concludeva la sua esortazione apostolica sulla famiglia: futuro dell'umanità passa attraverso la famiglia».
Giordano Muraro