E’ Fini a ricordare per primo un principio scaturiio dalla legge 62 del 2000: il riconoscimento che statali e paritarie «fanno tutte parte del sistema nazionale di istruzione». E, dunque, "sostenere la parita non equivale affatto a intaccare il sistema statale dell'istruzione». Ma significa “contribuire alla crescita dell’offerta formativa». Il principio, prosegue la terza carica dello Stato, assume "particolare importanza" oggi per la "pressante" emergenza educativa, di cui è un segnale "la crescente difficoltà della scuola e della stessa famiglia nel trasmettere ai giovani valori e solidi modelli morali". E "richiede di essere affrontata con l’impegno corale di tutte le forze... Anche al Parlamento sta «favorire il consolidamento della libertà di scelta educativa». con l'auspicio di cogliere l'opportunità già in questa legislatiira.
Che vadano superati vecchi ostacoli ideologici lo dice Fini (citando il ministro liberale Salvatore Valitutti) e lo conferma la Gelmini. Il ministro ricorda i risparrni per lo Stato, dovuti ai diversi costi per alunno (584 le paritarie, contro 6.116) e promette impegno. Però, conclude, “sappiamo bene che in questa fase di crisi economica è complesso attivare gli strumenti in grado di garantire effettivamente il diritto di scelta, ma iniziamo a far valere principi base fondamentali”.
La crisi economica "non può servire sempre comc alibi", sottolinea la Colombo. Occorre una piena riforma del sistema educativo» che renda centralità alle famiglie. E servono "risposte concrete". Quella delle non statali (“non siamo una lobby”, ha ribadito) è una battaglia soprattutto culturale: ma che chiede anche la certezza dei diritti e di non essere sottoposti ogni anno al «ricatto del bisogno fmaziario». Non solo. Mettendoci oltre sei miliardi di tasca propria (sono circa un milione gli studenti delle paritarie) le famiglie compiono una «sussidiarietà al contrario e a loro danno».
Fini aveva ricordato i modelli tedesco (basato sul sostegno dei landcr), francese (con contratti, e spagnolo (che si avvale di convenzioni). Dalla Turre sottolinea come “siamo l'ultimo Paese in Europa” e persino la laicissima Francia dal 1959 paga gli stipendi ai professori di tali istituti. Mentre da noi la dizione "private" di fatto «declassa» realtà appartenti all’ unico sistema. Così come è erronea l'interpetazionc del dettato costituzionale «senza oneri per lo Stato», che riguarda - parola di studioso - non le paritarie, ma scuole costituite per meri fini privati. Infine - contestando l'opinione di Mazzarella che aveva declinato la difficoltà di applicare al settore il principio di sussidiarietà - il giurista ricorda come esso non significa che dove lo Stato non ce la. fa interviene la società, bensì che «la società si organizza e lo Stato interviene dove ciò non è possibile, o per garantire un quadro di certezze". Come «efficaci sistemi di valutazione» sul territorio ha ricordato Laterza, per evitare i diplomifici.