(parte 1/4)
Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all’aurora,
perché essa afferri i lembi della Terra
e ne scuota i malvagi?
(Gb 38,12-13)
Quanti sono i messaggi che mandano inviti tanto pressanti da convincere al consumismo più smodato?! L'insieme delle variabili di cui si compone la nostra esperienza è intriso di promesse illusorie, adescanti e lusinghiere come le tentazioni, capaci di far apparire l'evento più banale come un’occasione irripetibile. È così che dagli slogan con cui ci esprimiamo ai prodotti che servono per la normale sopravvivenza le nostre condotte sono sempre più piatte e programmate. E l'alternativa, per chi cerca di resistere, è quasi drammatica: o il disagio di sentirsi nudi, senza i prodotti e le griffes dell'ultimo grido, o la rinuncia a una parte di sé, quando la sola risposta che appare possibile sta nel lasciarsi trascinare dalla corrente. Leggi antitrust, protezione del consumatore, consumismo…la serie di neologismi dal sapore garantista si arricchisce di giorno in giorno, ma le regole che ci diamo sono sempre più "volatili"; da qui molte persone, rimaste "orfane" dopo aver consumato di tutto, dalle proprie radici ai principi che le avevano informate e in cui ritenevano di poter credere, sentono l'esigenza di attaccarsi a nuove paternità, cercando ideali e traguardi fittizi: il campanile, il territorio, la squadra sportiva o quant'altro sappia ridare l'illusione che si può salvare quello che resta della propria identità.
La voglia di cambiare
La passione per le inversioni di rotta c'è sempre stata. Le nostre cronache parlano di cambiamenti frequenti operati dall'uomo nel corso dei secoli, quasi sempre in maniera radicale. Si potrebbe addirittura affermare che senza le rivoluzioni (il cui carattere più evidente, oltre alla partecipazione di massa, è di essere inarrestabili e incontrollabili a differenza delle evoluzioni che possono essere preparate, progettate e modificate) i nostri libri di storia sarebbero sguarniti o, comunque, molto più poveri di argomenti.
I bisogni che stanno alla base dei grandi cambiamenti sono tanti: affermazione di idee nuove, desiderio di rompere con la monotonia, paura di aver toccato il fondo, tentazione di primeggiare, manie di protagonismo... Di tutti i fatti che hanno segnato il ritmo dei secoli, molti, per la verità, hanno avuto la portata di un sommovimento apparente; alcuni hanno alzato un gran polverone per lasciare, dopo la decantazione, che le cose tornassero esattamente al loro posto; pochi, infine, hanno dato una tale impronta agli eventi da cambiare il corso della storia.
Oggi, nell'uso corrente del nostro linguaggio e nell’immaginario collettivo, la parola rivoluzione è evocatrice di episodi di rottura accompagnati da ingredienti e conseguenze imprevedibili, come effetti collaterali indesiderati. Le vittime - sempre innocenti quando la loro fine è decretata dai canoni della giustizia umana - hanno rappresentato il prezzo più esoso che le rivoluzioni hanno di volta in volta preteso. E forse, proprio per questo, le varie ribellioni contro la schiavitù, per un giusto salario, per la parità dei diritti civili, per una equa distribuzione delle ricchezze, hanno sempre avuto una caratteristica che le ha segnate con il sangue e ne ha limitato la durata.
Una sola fra tutte, ha avuto la capacità di sfidare i secoli e la pretesa di sanare le ferite: quella che ha dato origine a tempi nuovi, chiamando a raccolta tutti gli uomini di buona volontà.
Vuoi dire forse che la vita di ognuno è segnata da una rivoluzione?
Ho pensato più di una volta alla storia, rinviata di giorno in giorno, della mia conversione; pensato al richiamo morboso delle trasgressioni e dei loro messaggi suadenti e irresistibili come il canto delle sirene; ho pensato al numero indefinito di propositi che hanno lastricato la mia vita spirituale, dalla prima confessione ad oggi, per riscontrare che i peccati di cui mi sono accusato... sono stati sempre gli stessi. Ho parabolato tutti i meandri della mia memoria, fino ai recessi più nascosti, per cercare di scoprire la fine che hanno fatto i semi di saggezza di cui sono stato dotato. Accanto alle mie miserie ho scoperto quanta pazienza c'è in chi sta lì ad attendere la mia rivoluzione della buona volontà e che ogni volta non si stanca di rimandarmi nel mondo con lo sguardo rinnovato e quel sorriso liberatorio che si può provare solo dopo aver sperimentato il miracolo del perdono!
Ho pensato, infine, alla gogna e alla mancanza di generosità con cui si è soliti - io per primo - stigmatizzare, in modo sbrigativo, la condotta di chi non ha avuto il tempo, il modo o la volontà di fare la sua rivoluzione, convinto che si potrebbero mitigare i giudizi se solo si potessero conservare vivi i ricordi di un passato segnato dalla sofferenza di ristrettezze, tuguri e privazioni.
Ho immaginato, infine, quasi un dejà-vu, il piccolo corteo dei tre crocifissi con il Salvatore in testa, ormai liberati dalla tortura dei giudizi umani, alle porte del Paradiso. Altro che rivoluzione! Sono i conti con la nostra mediocrità che non quadrano ancora...
Per uscirne manca un gesto risolutorio, un atto di accusa con il quale si possa chiudere le porte al passato. Forse, ancor più manca un atto di amore, ma l’amore - parola che ricorre fin troppo e a sproposito nel nostro lessico comune - è una conquista pericolosa perché lo stupore che ne accompagna la scoperta ha la capacità di sfiorare lo scandalo.
Giovanni Scalera, psicologo - Siena
Da "famiglia domani" 1/99