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Giovedì, 30 Dicembre 2004 19:47

Educare alla Politica - Giuseppe Goisis -

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 Educare alla politica

· Per educare alla politica occorre educare a gestire il potere, e dunque a conseguire la dote della maturità · La "com-passione", radice prima nel cammino verso l’impegno politico · Conoscenza e padronanza di sé · Il giudizio politico: "pensare globalmente, operare localmente" · Raccogliere la sfida, nonostante le difficoltà, ma se vogliamo la città pulita dobbiamo imparare a pulire sotto casa nostra…

Prima parte

1. Per capire i termini

Si può definire politica quell'azione - personale e collettiva - protesa ad orientare una società verso finalità già potenzialmente condivise dai suoi membri, alla ricerca di realizzare, almeno parzialmente, tali finalità; quest'azione si manifesta, simultaneamente, a livello di valori ideali ed anche a livello di amministrazione, governo, (ri)-distribuzione dei poteri, di alcune risorse e di certi beni.

Nella definizione che ho proposto, il richiamo alle "finalità condivise" suggerisce un nesso con la tradizione classica, con Aristotele in particolare; mentre il riferimento ai poteri può richiamare una definizione del filosofo-sociologo Max Weber: "Per politica s'intende ogni sorta di attività direttiva autonoma che influisce sulla direzione di un'associazione politica, cioè, oggi, di uno Stato".

Collegarsi a Weber, significa considerare la politica come vocazione/professione, come dimensione "per" la quale si vive piuttosto che come dimensione "di" cui si vive; ma significa altresì comprendere la centralità del potere, la sua ambigua inesorabilità: il tema del potere, nella considerazione politica, non può essere aggirato, nè tantomeno ignorato.

Dunque, a me pare che nell'educazione alla politica non si possa prescindere dall'educare a gestire il potere, abituandosi a considerarlo con occhio disincantato, a comprenderlo nelle sue odierne principali articolazioni: l'informazione, il controllo su certe risorse economiche, infine il monopolio della forza legittima e della coercizione.

Il potere non è un feticcio pauroso, da fuggire a causa del suo volto demoniaco; e non è neppure un idolo da adorare. Il perfettismo politico, che aspira alla realizzazione di meccanismi politici stabilmente compiuti, è un atteggiamento sterile e rischioso: e tuttavia altrettanto infecondo si rivela quell'angelismo della purezza disincarnata che disprezza la realtà vivente, ed aspra, della politica, cercando di sfuggire alla sua stretta implacabile.

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

 

Parte seconda

 2. Che cosa significa maturità in politica

 2. Che cosa significa maturità in politica

Parte seconda

 2. Che cosa significa maturità in politica

 2. Che cosa significa maturità in politica

Parte seconda

 2. Che cosa significa maturità in politica

 2. Che cosa significa maturità in politica

 2. Che cosa significa maturità in politica

Stare in faccia ai poteri senza adulazione nè viltà, senza la trepidazione dei sudditi o la frenesia dei ribelli: bel segno di quella maturità che l’educazione politica dovrebbe mirare a farci conseguire. Maturazione come acquisto di una consistenza interiore, di una sostanza spirituale che si forma al calore di convinzioni ben radicate; non trovano più spazio i dilettantismi avventurosi, le "sensazioni" romantiche; il politico maturo è quello che, superato il narcisismo, avverte con tutta l'anima la sua responsabilità, e dunque agisce seguendo l'etica che incarna quotidianamente. Nonostante il valore di una certa flessibilità, che può spingere il politico intuitivo ad adattarsi al profilo mutevole degli avvenimenti, la maturità fa comprendere l'importanza della fermezza, del non mollare di fronte alle avversità, con la capacità di tirar diritto: crollino tante cose intorno, la voce che risuona nel profondo suggerisce: "non importa, continuiamo!".

Quanto ho ricordato, rivela l'importanza della formazione del carattere: senso della realtà, sicurezza basilare da acquisire, io confidente e disponibile alla compassione, alla giustizia. Ciascuno, questa parte essenziale del cammino la deve percorrere in solitudine, in virtù della propria energia interiore, ma contano gli stimoli, i confronti, la suggestione di qualche esempio che incarni ideali e valori. Un carattere ben saldo non un è un dono grazioso, è una quotidiana conquista personale, che conduce a superare il narcisistico rifiuto degli altri ed anche la tentazione della loro strumentalizzazione. In un'educazione politica che si eleva ad autoeducazione - cioè a formazione di sé presa nella, cura di se stessi -, si passa gradualmente dalla semplice accettazione degli altri ad una dialettica che ci fa interagire, in maniera sempre più piena, con le altre persone, imparando a cooperare, ma anche a competere senza violenza e distruttività.

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

 

Parte terza

 3. La compassione come prima radice del cammino verso l'impegno politico

Parte terza

 3. La compassione come prima radice del cammino verso l'impegno politico

Parte terza

 3. La compassione come prima radice del cammino verso l'impegno politico

Si può ben dire, io penso, che la compassione è all'origine di molte scelte per la politica; è proprio lo spettacolo dell'intollerabile che ci toglie il respiro e ci spinge, per così dire, con le spalle al muro: si crea così quel clima iniziale che avvia, sempre più risolutamente, verso l'azione politica. Ricordo quel "tripode delle virtù" che alcuni pensatori politici delineano, con riferimento ai valori della fortezza, della prudenza ed intravedendo, come stella polare dei valori medesimi, la solidarietà; intendendo, in ultima analisi, per fondamento della solidarietà: "l'umanesimo dell'altro uomo", una concezione fondata sulla reciproca simpatia, capace di porre al centro i bisogni e le aspettative delle altre persone, nell'assidua ricerca di una simmetria diritti/doveri.

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

 

Parte quarta

4. La conoscenza di sé come primo livello dell'educazione alla politica

Parte quarta

4. La conoscenza di sé come primo livello dell'educazione alla politica

Parte quarta

4. La conoscenza di sé come primo livello dell'educazione alla politica

Il cammino della formazione politica prende le mosse da un primo livello, che si presenta come condizionante: la conoscenza di sé, che conduce, progressivamente, alla padronanza di sé.

Con Platone, alle scaturigini del pensiero occidentale, si manifesta l'importanza del primo livello ricordato sopra; Platone è il primo grande educatore politico, scegliendo un terzo cammino tra l’adulazione delle folle, praticata dai demagoghi, e la coercizione violenta, operata dai tiranni. Il buon politico dovrebbe saper discernere entro le domande che presenta il popolo, cercando d'essere l'educatore del popolo stesso. Nel Gorgia, nel Protagora ed in altri dialoghi cruciali, Platone evidenzia la premessa che soggiace ad ogni arte del governare; la padronanza di sé, che postula, a sua volta, la conoscenza di sé.

Occorre considerare l’azione politica come una forma di comunicazione: comunicazione spontanea di emozioni, ma anche empatia esercitata consapevolmente, che rinvia all’integrazione necessaria con la razionalità.

La comunicazione e l'empatia si aprono ad una ricerca di mediazione (nel senso più alto del termine!), attorno a degli obiettivi consensualmente precisati e razionalmente convalidati. Solo una tale mediazione consente l'impostazione realistica dei grandi dilemmi della politica, senza sottrarle, tuttavia, una certa sua aura di tragicità. Solo una tale mediazione può evitare l'intolleranza che può generarsi da un riferimento tirannico a dei valori, non convenientemente applicabili in realtà aspre e, a volte drammaticamente refrattarie.

La premessa della necessaria conoscenza di sé consiste nel rifiuto di trasmettere (ed accogliere) conoscenze preconfezionate, e alla ricerca di un vero sapere, che miri a raggiungere una ricomposizione unitaria dell’uomo. Colui che vuole prepararsi rigorosamente alla politica, dovrebbe riesaminare i modelli ereditati, dei quali non sa dar ragione. S'intraprende un cammino al termine del quale la conquistata capacità di autogoverno abilita al governo della città.

La politica non dovrebbe recuperare solo l'ispirazione etica, ma arricchirsi di tutti quei supporti che vengono dall’ampio ventaglio delle tradizioni meditative e religiose; naturalmente, non confondendo una tale ricerca di profondità con un assemblaggio di segmenti, di esperienze religiose a buon mercato, ridotte a tecniche salutiste.

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

 

Parte quinta

5. Una parola sul giudizio politico

Parte quinta

5. Una parola sul giudizio politico

Parte quinta

5. Una parola sul giudizio politico

La filosofa tedesca H. Arendt ha riflettuto sulla natura del giudizio politico accostato da lei al giudizio estetico. Solo una riarticolazione dell'intelligenza che procede lontano sia dalle forze dell’irrazionalità sia dagli abusi del razionalismo può condurre la persona alla pienezza articolata del giudizio politico, sintesi di colpo d'occhio intuitivo e di ponderazione, capace di misurare in anticipo le conseguenze di certe azioni; Si può, infine; sottolineare la connessione tra il giudizio politico e la responsabilità: al giudizio politico ci si prepara affrancandosi, in una certa misura, dal condizionamento delle situazioni, riuscendo ad intravedere, oltre la stretta tormentosa del presente, la catena delle conseguenze possibili. Alla radicale presa di coscienza che sostiene l'assunzione di responsabilità, reca un contributo decisivo la memoria del passato, che può salvaguardare gli uomini da tanti errori ed anche dalle brusche cadute nella barbarie.

In una parola colui che si prepara alla politica sembra doversi dotare di un bagaglio tale da aiutarlo nell'intelligenza degli avvenimenti, in modo da poter congiungere la pronta freschezza delle risposte con procedimenti cognitivi ed argomentativi rigorosi; tra i progetti politici generali e l’operatività politica si collocano degli schemi intermedi, tali da saldare l'astrazione obbligata dei processi politici con la concretezza dell’esperienza quotidiana.

La formazione del cittadino alla politica potrebbe dunque configurarsi come sintesi dinamica tra l'universale e il particolare; è fin troppo nota la formula - che rinvia a "New Age" - suggerente: "pensare globalmente, operare localmente". E tuttavia, in tale formula si nasconde una certa positività; nella concretezza del momento amministrativo si può risanare davvero il costume politico operando una rivoluzione della sincerità e della trasparenza; ma senza un raggio globale di considerazione, anche le maggiori questioni che travagliano la dimensione locale non possono venire neppure impostate. Di fronte alla diade: locale/globale, lo Stato tradizionale ¡ ultraburocratizzato - è troppo dilatato e, in pari tempo, troppo ristretto. Di fronte ad una tale situazione, si enuclea una formazione basata sui diritti/doveri di cittadinanza, che non vogliono né sudditi né ribelli, ma persone partecipi perché responsabili, educate alla complessità e ad un senso vivente della legalità.

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

 

Parte sesta

 6. Qualche difficoltà conclusiva

Parte sesta

 6. Qualche difficoltà conclusiva

Parte sesta

 6. Qualche difficoltà conclusiva

Di fronte alle difficoltà crescenti, inerenti alle prospettive politiche che finora si sono disputate il mondo, si chiarisce un compito: riorientare e rifondare una cultura politica che unisca il respiro dell'ideale con la concretezza dell'esperienza amministrativa, supportando tale cultura politica col contributo di una riflessione dinamica, aperta e capace di comprendere l'attualità.

La formazione sociopolitica è richiesta da quella necessaria selezione, da quel ricambio la cui crisi comporta la sclerosi, coi rischi del notabilato e delle troppo facili cooptazioni all’interno del ceto politico. Gli intrecci affaristici, i gruppi di pressione soprattutto occulti e l'opportunismo trasformistico sembrano i tre rischi mortali di un sistema politico col fiato corto che potrebbe ridurci, inavvertitamente a "cittadini ombra". Deve, forse mutare il nostro atteggiamento; in Italia in particolare, tendiamo con leggerezza a gettar discredito sulla politica, per poi servircene, spesso in una logica clientelare. La nostra società appare stanca, non più pensosa del suo futuro europeo e planetario; e delle istituzioni, tendiamo a servirci con egoismo distratto: le usiamo senza complessi, per poi lamentarcene senza pudore. Non basta mostrate la necessità della politica, anche ad un mondo giovanile in ricerca; bisogna aiutare a passare dalla politica come destino alla politica come opzione etica, incoraggiando la fedeltà come la virtù cardine dell'impegno, nella dimensione della continuità e della coerenza.

Concludo affermando che quella della formazione sociopolitica è un'opportunità grande, anche se ci si deve interrogare - realisticamente - su quanti cittadini possono essere davvero raggiunti dalle varie proposte formative. Penso, comunque, che si debba raccogliere la sfida di un'autentica vocazione per la politica tale da delinearsi e resistere al di là del diffuso cinismo ("così fan tutti") o, a volte, di abbandoni e crolli personali. Individuo due livelli per la formazione: formazione di base e permanente per ogni cittadino che sì prepari all'esercizio di una democrazia compiuta, e formazione più specialistica ed approfondita, allo scopo di procurare un livello di maturazione e coinvolgimento più intenso e duraturo. Si manifesta a tale proposito la necessità di una sinergia tra le diverse agenzie formative (partiti, sindacati, scuola, movimenti religiosi, associazioni...), pur in una corretta distinzione che eviti confusioni e pasticciate sovrapposizioni.

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

 

Parte settima

7. Caratteristiche dell'educazione politica

Parte settima

7. Caratteristiche dell'educazione politica

Parte settima

7. Caratteristiche dell'educazione politica

Si tratta di non improntare l'educazione politica soltanto alla denuncia, ma di incoraggiare una sensibilità propositiva ed affermativa, capace di progettualità pronta a secondare il mutamento, lungo il filo degli avvenimenti. Non basta dunque il nozionismo dell'istruzione, occorrono momenti di vera e propria educazione, tali da incoraggiare il giudizio politico, nel quadro di un sano realismo. I quattro valori orientativi di tale itinerario educativo: mentalità legata al bene comune, fedeltà alle persone e alla realtà concrete, lealtà verso la dimensione etica ed infine - ma decisiva - la lealtà verso la politica stessa, con le sue regole. Né astrattismo (la formazione senza impegno è vuota), né attivismo (l'impegno senza formazione è cieco).

Si dovrebbe, a mio giudizio, operare una sintesi tra i due modelli di educazione politica che hanno, finora, prevalso: modello accademico, col suo spiegare e discutere in astratto una gran mole di nozioni, e quello del laboratorio, che inclina e si sporge, anche con momenti di simulazione, verso i mondi vitali della politica operativa.

Comunque, mi sembra si manifesti una diffusa domandi sociale circa la necessità di dare a tutti ma soprattutto all’ambito giovanile un’informazione sociopolitica di base, un'attrezzatura di carattere storico e valoriale, fornendo elementi comparativi sulle diverse matrici e tradizioni sociopolitiche, facendo nel contempo avvertire lo stimolo ad un impegno rinnovato, e sempre più doverosamente consapevole.

Il filosofo della scienza K. Popper ha sostenuto che è sufficiente, in una democrazia liberale, "esser tutti giudici", ed un tale minimalismo sembrava, nella sua società aperta, plausibile ed agevole; oggi si tratta di riattivare, vivificare nuovamente un tale atteggiamento, che necessita di una maturazione, di uno stile vibrante di coinvolgimento personale. Invece che deprecare la notte che si addensa, cercare di rischiarla passo dopo passo; con analogo ma ancor più realistico minimalismo alcuni odierni autori anglosassoni ammoniscono: "Se vuoi la città pulita, incomincia a spazzare la strada davanti a casa tua".

GIUSEPPE GOISIS

Docente di filosofia della politica all’Università di Venezia

Da "famiglia domani" 3/99

Letto 2316 volte Ultima modifica il Domenica, 20 Febbraio 2005 18:03

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