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Domenica, 04 Agosto 2024 10:16

Quattordicesima domenica del tempo ordinario. Anno B

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Quattordicesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Ez 2,2-5

Dal libro del profeta Ezechiele

In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 122 (123)

I nostri occhi sono rivolti al Signore.

A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi 
alla mano dei loro padroni.

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio, 
finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti, 
del disprezzo dei superbi.

Seconda Lettura 2Cor 12,7-10

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.
A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.
 
Canto al Vangelo (Cf. Lc 4,18)


Alleluia, alleluia.

Lo Spirito del Signore è sopra di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.

Alleluia.

Vangelo Mc 6,1-6

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.

OMELIA

Gesù fa ritorno tra ‘i suoi’ a Nazareth, tra quelli che presumono di saper tutto su di lui, di conoscerlo molto bene. Di possederlo. Ma proprio qui, ‘egli non poté operare alcun prodigio’ (v. 5).
Interessante. La conoscenza del Mistero impedisce di fatto al Mistero di manifestarsi.
Com’è vero che solo quando questo ‘io’ morirà saprò chi sono, allo stesso modo quando morirà la mia conoscenza di Dio, egli si farà conoscere, operando prodigi.
In fondo la grande Tradizione mistica questo l’ha sempre saputo: «L’uomo non deve accontentarsi di un Dio pensato. Perché non appena svanisce il pensiero, svanisce anche quel Dio» (Meister Eckhart).
«Si conosce meglio Dio non conoscendolo» (Agostino).
«La suprema conoscenza di Dio è conoscere Dio come sconosciuto» (Tommaso d’Aquino).
Ma noi esseri umani, artefici indomiti di religioni, abbiamo inventato ‘verità eterne’ rivelate da dio e garantite dalla Chiesa, catechismi, definizioni, dottrine… Abbiamo intentato la grande scalata al cielo, per poi scoprirlo drammaticamente vuoto.
Credo sia questo il tempo di tornare alla fede autentica, lasciando cadere tutte le credenze.
Se ‘credenza’ è convinzione solida senza fondamento verificabile, la fede è libertà da tutte le credenze. “Dio è libero da ogni dio” (Arregi). Da tutte le verità che professiamo come rivelate, da tutte le immagini che ci fabbrichiamo, da culti e riti con cui lo onoriamo.
Le credenze in un dio sono e saranno sempre passibili della cultura in cui si sono affermate, da una costruzione umana collettiva. La fede di contro è fiducia profonda in Ciò che non muta: in Sé, nel prossimo, nel Tutto o nella Fonte autentica della realtà. E questa fiducia fa sì che emerga e fiorisca ciò che vi è di più profondo e autentico, il meglio di sé, la possibilità che ci abita: gratuità, tenerezza, spirito vitale. Fiducia che ci rende liberi, audaci, buoni.
Ed è proprio laddove si coltiva questa fiducia che ci sostiene e ci anima, che Dio si darà, si manifesterà. E opererà prodigi. Perché Dio altro non è che questo. Con questo nome, con un altro nome o senza alcun nome.
 
Paolo Scquizzato
 
Letto 117 volte Ultima modifica il Domenica, 04 Agosto 2024 10:23
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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