Esperienze Formative

Domenica, 04 Agosto 2024 10:23

Quindicesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Vota questo articolo
(0 Voti)
Quindicesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Am 7,12-15

Dal libro del profeta Amos

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno».
Amos rispose ad Amasìa e disse:
«Non ero profeta né figlio di profeta;
ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.
Il Signore mi prese,
mi chiamò mentre seguivo il gregge.
Il Signore mi disse:
Va’, profetizza al mio popolo Israele».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 84 (85)

Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: 
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, 
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno, 
giustizia e pace si baceranno. 
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene 
e la nostra terra darà il suo frutto; 
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Seconda Lettura Ef 1,3-14

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d'amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
Egli l'ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati - secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà -
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
In lui anche voi,
dopo avere ascoltato la parola della verità,
il Vangelo della vostra salvezza,
e avere in esso creduto,
avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso,
il quale è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione
di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.
 
Canto al Vangelo (Cf. Ef 1,17-18)


Alleluia, alleluia.

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.

Alleluia.

Vangelo Mc 6,7-13

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

OMELIA

«Li chiamò a sé… e prese a mandarli» (v. 7). Essere dei suoi significa essere per gli altri.
‘E dava loro potere…’. Uno solo è il ‘potere’ di cui i suoi – e quindi noi – sono investiti: quello di vincere il male col bene, ovvero mettendo in circolo l’amore. Per questo li manda ‘a due a due’ (v. 7). Il due è principio di comunione. Occorre essere almeno in due per poter incarnare l’amore.
Per amare occorre ‘non possedere nulla’, perché finché si posseggono cose si daranno queste ma non sé stessi. Il rischio sotteso al fare il bene è donare tutto tranne che l’essere. Gesù ha dato la sua vita, non le sue cose.
Al discepolo non è lecito portare-possedere neanche il pane nella sua avventura di bene (v. 8b). Il pane nel vangelo è simbolo della vita, e questa non dipende da quanto pane posseggo o mangio, ma da quello che riesco a condividere con chi ne è privo, ossia da quanta vita riesco ad elargire. Solo quando lascerò mangiare la mia vita come un pane, avrò con me il pane necessario che mi assicura la vita.
Noi viviamo di ciò che doniamo.
In egual modo, questo vangelo ci ricorda che la vita vera non dipende dal possedere una sacca e tanto meno dal denaro da riporci dentro: «Anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12, 15).
Solo in questa povertà, in questo ‘vuoto’ interiore, in questo nulla esistenziale i discepoli potranno scacciare demoni e guarire gli ammalati (cfr. v 13). Perché finalmente da quella ‘insufficienza’ emergerà la Presenza, l’unico Bene in grado di guarire e dare la vita.
In At 3, 1-10 Pietro e Giovanni operano ‘miracoli’ proprio perché non possiedono nulla: «Pietro disse al paralitico: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”» (At 3, 6).
Due oggetti però sono ammessi nell’avventura del bene: il bastone e i sandali. Il bastone richiama il legno che aprì il Mar Rosso (cfr. Es 14, 16) e che fece scaturire dalla roccia l’acqua di vita indispensabile durante il cammino nel deserto (Cfr. Es 17, 5s.). È simbolo della croce, massima debolezza umana, vuoto assoluto, ma proprio per questo fonte di energia in grado di vincere la morte.
Infine è lecito avere con sé dei sandali. Nell’antichità il sandalo è la calzatura degli uomini liberi, mentre gli schiavi andavano a piedi scalzi. Se si vive la logica del bene, se ci si fa dispensatori dell’essere e non dei beni, se cominciamo a guarire le ferite degli uomini risollevandoli dalla loro indegnità, allora sapremo veramente cosa significa essere liberi, altrimenti resteremo schiavi del nostro egoismo, anche possedessimo calzature splendide, borse zeppe di denaro e dispense traboccanti di pane.
 
Paolo Scquizzato
 
Letto 64 volte Ultima modifica il Domenica, 04 Agosto 2024 10:28
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search