Tredicesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Sap 1,13-15; 2,23-24
Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c'è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 29 (30)
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera è ospite il pianto
e al mattino la gioia.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera generosa.Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».
Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
Alleluia.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
OMELIA
Nella vita non ci è chiesto di diventare migliori ma solo noi stessi.
Migliorarsi per compiacere il mondo, farsi trovare sempre adeguati, corrispondere alle altrui aspettative, alla lunga si rivela un bagno di sangue (l’emorroissa in questo brano), tanto da vivere da morti (la figlia di Giàiro).
Le due figure femminili di questo brano sono due facce dell’unica realtà umana: la mia.
È fin troppo facile ritrovarsi a vivere una vita svuotata. Svuotata di senso e di tutto: amori esauriti; lavori alienanti mai scelti; recita di ruoli da commedianti sul palco dell’esistenza, e via dicendo.
Vite addormentate insomma, sempre in fieri, mai vissute. Sognate.
L’unico sogno di Dio, stando alla Scrittura, è che ciascuna creatura ‘abbia la vita e l’abbia in abbondanza’ (cfr. Gv 10, 10). Per questo ciascuno è chiamato a venire alla luce di sé, risvegliandosi alla propria pienezza, la propria verità.
Gesù entra nella stanza della ‘morta-vivente’ e prendendole la mano è come le dicesse: ‘Alzati, ora prendi in mano la tua vita, fanne un capolavoro di fecondità. Vivi in pienezza, non pagare più il prezzo ad altri per la tua felicità. Sii finalmente te stessa. Su, svegliati, intraprendi la strada che sei in grado di percorrere da te, decidi da te la direzione da imprimere alla tua vita’.
«E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì suo corpo che era guarita dal male» (v. 29).
Comincia a vivere da vivo chi intraprende con decisione il viaggio verso sé stesso, risalendo alla propria sorgente interiore. Prendendone contatto, ringraziando per avviarsi sulla propria personalissima strada, portando a compimento questa ‘mia’ vita, per quanto ferita e derelitta possa essere, ma sempre vincente perché la mia.
La domanda alla fine non sarà perciò ‘cosa ho fatto nella mia vita’, ma piuttosto ‘cosa ho fatto della mia vita’.
«Il processo di ricerca è sempre una discesa graduale alla scoperta di sentimenti sepolti, alla scoperta del proprio mondo interiore, dove è possibile riprendere in mano il filo della propria storia. L’uomo scopre così che chiunque abbia sepolto o espulso dalla sua coscienza e lasciato dietro sé nel passato (il bambino che era, i genitori come figure di dimensioni sovraumane, persone che un tempo amava o temeva) è ancora vivo dentro di lui; qualunque cosa sia stata sepolta, esiste ancora nel mondo interiore. Qualsiasi cosa sia stata smembrata, è stata come “sepolta viva” e quando la si scopre, è lì, intatta come allora» (J.S. Bolen)