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Sabato, 19 Settembre 2015 17:11

Anno B: Mc 11,22-12, 17

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"La Messa, occasione di ...

catechesi della Parola"

Pietro osserva che l'albero di fico era seccato (Mc 11, 21).

Gesù risponde a Pietro, ma parla a tutti i discepoli che condividono la stessa mentalità: "Abbiate fede in Dio!"

Gesù sta per annunziare qualcosa di incredibile, difficile, e prima di annunziarlo chiede di avere la fede, cioè aprirsi alla potenza e alla forza di Dio, non solamente "credere", ma "mettersi in sintonia, aprirsi alla potenza di Dio comunicata all'uomo".

Ed ecco, preceduta dal termine aramaico "Amen", che significa "è vero, ti assicuro", la cosa impossibile che Gesù annuncia: "... chiunque dica a questo monte" non uno qualunque "levati e gettati nel mare! E non dubita nel suo cuore ... lo otterrà"

Muovere le montagne, espressione che usiamo anche noi, indica che quello che sem­brava impossibile si è reso possibile. Anche quello che sembra perenne, inamovibile o eterno, scomparirà. La potenza di ogni sistema oppressore dipende dall'adesione che gli uomini gli danno: se gli uomini tolgono questa adesione il sistema scompare.

Il monte indicato da Gesù è quello che loro hanno di fronte, il monte Sion su cui c'era il tempio di Gerusalemme: la sede dell'istituzione religiosa giudaica, è questo che deve scomparire, come abbiamo visto nella scheda 17.

Gesù dice che Dio e il tempio sono incompatibili. Nel libro dell'Apocalisse quando c'è la visione della Gerusalemme celeste, con stupore l'autore dice "non c'era nessun tempio ... perché il Signore Dio, l'Onnipotente e l'Agnello, sono il suo tempio".

E Gesù chiede al monte di gettarsi nel mare, azione già vista parlando degli scandali verso i piccoli. Gesù dice che questo tempio è occasione di scandalo.

Naturalmente non è un fatto fisico quello che Gesù raffigura, ma un fatto interiore. Gesù si rivolge ai discepoli chiedendo loro una rottura radicale con quella istituzione religiosa che è nemica dell'uomo, concludendo (e questo vale anche per noi): "perciò vi dico: quello che chiederete pregando, credete che l'avete ricevuto e lo otterrete".

Gesù assicura che nella preghiera la forza di Dio è a disposizione dei credenti per superare ogni difficoltà; non dice "credete che lo otterrete", ma "l'avete già ricevuto". Il Signore ci ha già donato quello di cui abbiamo bisogno; la vittoria del Signore sul sistema ingiusto è già avvenuta, sta a noi manifestarla rendendola visibile.

E conclude: "E quando in piedi pregate..." Gesù nella condivisione dei pani dice: "Sdraiati!" perché era l'atteggiamento dei signori, nella libertà. Qui dice "quando in piedi pregate". La preghiera in ginocchio, che era espressa nell'AT come espressione di sottomissione a Dio, non vale più per i seguaci di Gesù, Figlio di Dio: c'è una relazione tra i figli e il loro Padre, in piedi è la posizione dell'uomo libero.

E la condizione per la preghiera è "cancellate se avete qualcosa contro qualcuno".

Non ci può essere preghiera se non è stato cancellato il rancore, il risentimento che abbiamo contro qualcuno. Gesù sta parlando del crollo delle istituzioni, ma questo non deve comportare un atteggiamento di ostilità o di vendetta verso le persone: alle persone va dato tutto il rispetto, esse vanno perdonate e non aggredite. "Perché anche il Padre vostro" (quello nei cieli) "cancelli e perdoni le vostre colpe". Con Gesù scompare il termine 'peccato', che nel Vangelo di Marco appare prima dell'incontro con Gesù. 'Peccato' significa 'direzione sbagliata di vita'. L'evangelista adopera quindi qui il termine 'colpa', 'mancanza': cambiando orientamento alla propria vita non c'è più il peccato, ma ci sono delle colpe che vengono cancellate cancellando da parte nostra le colpe degli altri.

Gesù e i discepoli vanno nel tempio, e ci sono tutti, anziani scribi e farisei, pronti ad interrogarlo sulla sua autorità per trovare capi di accusa che potessero giustificare la sua condanna, già sentenziata. La contro-domanda di Gesù è una esplicita accusa: "Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?". Non ci può essere risposta per chi non ha ascoltato l'invito di Giovanni alla conversione, è inutile che Gesù presenti la sua condizione divina a coloro che non hanno accolto il precursore.

E Gesù parla loro con una parabola, che nel contesto del canto della vigna di Isaia (5,1-7) esprime i ripetuti interventi dell'amore di Dio verso il suo popolo, ed il rifiuto di accoglierlo. I servi fino allora inviati ( i profeti) sono stati malmenati ed uccisi.

Dio invia allora il suo figlio prediletto, ma i contadini "«Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero»": sono le modalità contenute nel libro del Levitico, (cap 24) riservate ai bestemmiatori: Gesù sarà condannato come un bestemmiatore.

Gesù è abbandonato dal suo popolo, ed è per questo che la vigna sarà affidata "ad altri": la condanna del giudaismo non poteva essere più esplicita.

E la successiva citazione dal salmo 118 è un chiaro riferimento alla morte e resurre­zione: il velo sulla identità di Gesù si solleva sempre più, la domanda vista in Mc 11,28 ("con quale autorità ...") trova la sua risposta, Gesù agisce con l'autorità del Servo e del Figlio, cioè con la stessa autorità di Dio.

Capi, scribi ed anziani cercano di trovare una contraddizione in Gesù, nel suo mes­saggio, in modo da fargli perdere il grande fascino che ha sulla folla.

"Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani". I farisei erano il partito delle persone religiose, e detestavano i romani; gli erodiani erano il partito dei collaborazionisti dei romani: ma sull'eliminazione di Gesù si trovano d'accordo.

«Maestro»", è il solito linguaggio falso. Sono nel tempio e chiedono a Gesù se è lecito, cioè secondo la legge, pagare il tributo a Cesare, all'imperatore romano. Se Gesù risponde che è favorevole va contro la legge, che riconosceva Dio unico signo­re, se è contrario può essere accusato dagli erodiani di essere un sovversivo.

Perché mi tentate?»" I farisei continuano a tentare Gesù, come il diavolo.

Mostratemi la moneta del tributo»". Siamo nell'area del tempio, dove secondo la legge ebraica non può entrare nessuna moneta con l'effige umana, tanto meno la moneta raffigurante l'imperatore Tiberio. Ma essi ce l'hanno, e la porgono: quindi essi stessi trasgrediscono la legge, proprio nel tempio!

Loro hanno chiesto se devono pagare, ma Gesù non dice di pagare, dice di rendere, di restituire a Cesare quello che è di Cesare, cioè disconoscere la signoria di Cesare. Tenere la moneta significa che in qualche modo si è complici di questa oppressione.

E a Dio quello che è di Dio»". I farisei hanno deturpato il volto e l'immagine di Dio con le loro tradizioni, hanno annullato il comandamento di Dio per far posto alle loro invenzioni, alle loro tradizioni. Quindi Gesù dice: "Disconoscete la signoria di Cesare, però restituitegli il denaro. E restituite a Dio quello che è di Dio, il suo popolo, di cui voi vi siete impadroniti, vi siete impossessati.

Parrocchia di San Giacomo – Sala
Filippo Giovanelli

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