Con la domanda grottesca i sadducei, che non credevano nella resurrezione, vogliono mettere in difficoltà Gesù e coprire di ridicolo i farisei che invece ci credevano, seppur in modo molto materiale.
Gesù riafferma la certezza della resurrezione, dando torto ai sadducei: Dio "non è Dio dei morti, ma dei viventi" e chiarisce la modalità della vita dopo la morte: "quando resusciteranno ... saranno come angeli nei cieli": sarà una vita nuova, non il prolungamento di quella terrena, sarà una realtà trasformata.
La morte nulla può contro l'amore e l'alleanza eterna di Dio; la resurrezione non è dare vita ad un cadavere, ma è una vita con modalità nuove non paragonabili a quelle terrene. La resurrezione di Gesù sarà la conferma di ciò.
La legge giudaica prevedeva 613 tra comandamenti e divieti, e uno scriba vuole capire quali sono i comandamenti più importanti della legge. Gesù cita i due comandamenti più importanti: l'amore totale a Dio (dal libro del Deuteronomio): è l'inizio della preghiera che ogni ebreo deve recitare tutti i giorni, lo "shemà Israel". Subito dopo viene l'amore per il prossimo (citazione dal Levitico).
Questi due comandamenti valgono più di tutti i sacrifici fatti al tempio: non è più la forma della preghiera che conta, ma la sostanza dell'amore concreto.
Si può poi vedere in Gv 13, 34 (e ancora in Gv 15,12) che Gesù supera i comandamenti della legge, e ci lascia il comandamento "nuovo": amare il prossimo come lui ha amato i suoi discepoli. L'aggettivo usato non sta ad indicare un altro comandamento, uno nuovo che si aggiunge, ma uno di una novità tale da soppiantare tutti gli altri. Per di più l'amore non si può "comandare", deve sgorgare dal cuore, quindi il fatto che Gesù dica "comandamento" vuole significare che questo amore sostituisce tutti gli altri comandamenti.
Gesù, visto che nessuno osava più porre domande, essendo tutti colpiti dalla profondità ed autorevolezza delle sue risposte, pone lui una domanda: con essa vuole fare capire che il suo Regno non si pone sullo stesso piano di Davide come continuazione della sua dinastia, ma è l'inizio del Regno di Dio.
I brani che vanno da Mc 12,38 a Mc 13,2 compongono un unico insieme composto di tre "scene", schema che abbiamo già visto per il fico disseccato.
Nella prima scena, Gesù condanna gli scribi ed il loro insegnamento. Essi cercano i primi posti, mentre Gesù insegna che chi vuole essere primo si deve fare schiavo di tutti (Mc 10,44). In più, con la scusa di pregare, in nome di Dio "divorano le case delle vedove". E sotto l'immagine di vedove e orfano, nella Bibbia, si indicavano non sono le vedove nel senso di persone che hanno perso il marito, ma tutte le persone emarginate ed indifese. Ma Gesù non tollera questo: non tollera che, in nome di Dio, si inganni la gente e si chiedano loro delle sostanze. Gli scribi erano il magistero infallibile dell'epoca, la loro parola aveva lo stesso valore della parola di Dio. E Gesù dice: attenti che vi ingannano, perché vi succhiano il sangue in nome di Dio. Il luogo di questo loro insegnamento era il tempio di Gerusalemme.
La terza parte del trittico, Mc 13, 1-2; "Mentre usciva dal tempio un discepolo gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni»". Nel testo greco c'è una espressione che fa capire meglio la meraviglia del discepolo. "Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta»". Gesù nel primo riquadro inveisce contro gli scribi che insegnano qualcosa che è contrario alla volontà di Dio, e qui, nel terzo riquadro, dice che il luogo di questo insegnamento, di questa volontà, sarà distrutto.
Vediamo ora la seconda parte, l'episodio centrale "E sedutosi di fronte al tesoro" - il tesoro era il tesoro del tempio, che era la più grande banca del Medio Oriente - "osservava come la folla vi gettava monete". Tanti ricchi gettavano molte monete, mentre una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un soldo.
Questo episodio molte volte è spiegato in modo diverso, se non addirittura contrario, rispetto a quello che voleva dire Marco. Rileggiamo i versetti 43 e 44, e notiamo che Gesù sottolinea che "essa invece, nella sua povertà, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri ...vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto per vivere»". Non è un elogio della vedova, ma è un pianto che Gesù fa.
Comprendiamo meglio questo episodio, leggendo nel libro del Deuteronomio che Dio stabilisce che con i proventi del tempio bisogna aiutare le vedove. Quindi, bisogna prendere una parte del denaro versato dai ricchi ed aiutare le vedove, ma qui è successo il contrario: è la vedova che si svena per alimentare il tesoro del tempio. Gesù condanna gli scribi, che le avevano fatto credere che essa doveva mantenere il tempio. Gesù non tollera questa oppressione dei poveri ed indifesi, e dice: questo tempio deve essere distrutto. Non è quindi un elogio di Gesù verso la povera vedova, ma un lamento sulla perversione di una certa religione che perfino agli oppressi fa credere che per loro è bene essere oppressi.
Il brano che segue (Mc 13, 3-37) è talmente difficile e complesso che lo stesso evangelista avverte il lettore (v. 14) di stare attento, di capire bene.
Il lettore all'epoca non era il cristiano comune che leggeva il Vangelo come lo può leggere ognuno di noi: in quei tempi coloro che sapevano leggere erano pochi, ed il Vangelo nelle assemblee era letto da un "lettore", una persona incaricata di leggere e poi soprattutto di interpretare il brano.
Quindi Marco, che sa che il brano è difficile, raccomanda al lettore di stare attento, di capire bene per poter spiegare il brano nella comunità cristiana.
Il brano è difficile anche per noi oggi, sarà oggetto della prossima scheda.
Parrocchia di San Giacomo – Sala
Filippo Giovanelli
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